Da Umberto ad Andrea, una scelta rivoluzionaria

allegra umberto01Per chi è appassionato dei "riccioli della storia" (definizione non mia a commento del libro scritto da un amico) si è chiuso un cerchio lungo 54 anni, iniziato quando Umberto Agnelli, giovane Presidente di una Juventus laureatasi per la decima volta Campione d'Italia, decise di applicare sulle magliette da gioco l'onorificenza che il Coni attribuì alla società per il prestigioso traguardo raggiunto: una stella d'oro. Il figlio di Umberto, Presidente di una Juventus che ha chiuso il campionato senza sconfitte ottenendo il trentesimo titolo, ha spiazzato tutti mettendo a segno un punto importante nella lunga polemica che da due anni (dal giorno del suo insediamento in Corso Galileo Ferraris) contrappone lui e la sua società alla Federazione. Solo lui poteva farlo, delegittimare quel simbolo che la Federazione non ha voluto fosse applicato sulle magliette della stagione 2012/13 perché la contabilità di Via Allegri segue le logiche perverse dell'obbrobrio partorito nell'estate 2006. Dal momento che gli scudetti per qualsiasi juventino non "travagliato" (quindi la stragrande maggioranza) sono 30, continuare a mettere due sole stelle non poteva avere più alcun senso, quindi tanto vale rinunciare a quel simbolo per mantenere coerenza con se stessi e con la propria storia, calcistica e familiare.

Scelta rivoluzionaria, spiazzante, l'unica possibile per restare nel solco delle regole imposte da un sistema verso il quale si desidera allo stesso tempo rimarcare distanza e disapprovazione. Se la squadra che le stelle le ha "inventate" e che ne vanta più di ogni altra decide di toglierle, quanto valore possono avere quelle esposte dalle altre due società ad aver superato quota dieci? Meno di nulla. Un simbolo è solo grafica se viene svuotato del suo significato, e questo è il senso profondo della scelta della Juventus. Le TRE stelle continueranno a rimanere dovunque la Figc non può mettere bocca: nello stadio, sul balcone della sede, sul sito ufficiale, sulle magliette celebrative: non nel posto dove sono nate, perché qualcuno si è voluto arrogare il diritto di considerare illegittimi due scudetti vinti in maniera limpida, uno senza alcuna prova di partite alterate e l'altro nemmeno finito sotto inchiesta.
Sono state sottovalutate le parole del Direttore Commerciale Francesco Calvo, che ha spiegato nella maniera migliore i perché di una scelta storica: "Per noi la maglia deve rappresentare la Juventus e la sua gente, ed è per questo motivo che abbiamo deciso di non esporre alcuna stella". E cosa rappresenta meglio il sentire comune juventino di una forma civile ma ferma di protesta verso il niet della Federcalcio, abbinata alla rivendicazione di quel numero che, per tutti, è quello che simboleggia il titolo conquistato quest'anno?

E' per questa ragione che perdono di significato le proteste nei confronti di quella scritta, quel "30 sul campo" che secondo qualcuno sarebbe una scelta pacchiana di derivazione milanista (riferimento al gallianesco "La squadra più titolata al mondo"), secondo altri addirittura legittimerebbe le sentenze di Calciopoli per via della specificazione "sul campo". In realtà la nuova appendice del logo ufficiale significa esattamente ciò che c'è scritto: che gli scudetti vinti sono 30, che sono stati vinti sul campo (e con pieno merito, perché non avrebbe senso rivendicarli se si pensasse che, come dicono le sentenze sportive, sono stati vinti con la frode), nonostante per i documenti ufficiali siano due di meno perché per due anni l'albo d'oro è stato violentato e trasformato in albo di cartone. Perché, come ha ricordato il Presidente Agnelli la sera dell'inaugurazione dello Juventus Stadium, "il campo dice sempre la verità".
Non ha senso fare paragoni con la scritta sulle maglie del Milan, perché non è una scritta fine a se stessa, non è stata ideata per autoattribuirsi un appellativo dal dubbio significato, bensì per rivendicare un dissenso e un orgoglio per quello che è stato strappato arbitrariamente da una giustizia ingiusta. E' una scritta strettamente collegata all'assenza delle stelle ed è una scelta altamente autoreferenziale: significa che per lo Juventino, che vede nella Maglia il simbolo della sua appartenenza, conta quel numero lì e nient'altro. E' questa una strada che, una volta intrapresa, deve essere percorsa con orgoglio e coerenza fino alla fine: nessuna stella dovrà mai apparire sulla nostra maglia finché quei due scudetti non saranno stati restituiti al legittimo proprietario, nemmeno quando per noi saranno diventati 32 e per loro 30. Quella scritta deve diventare il simbolo di una appartenenza finché la cose non ritorneranno al loro posto e dovrà essere modificata ad ogni nuovo scudetto vinto. Deve diventare quello che per il Barcellona è "Mès que un club", ossia un concetto strettamente legato alla Storia della società e a quello che ogni tifoso sente dentro di sé. Sempre due in più di quanti non ne conti chi ci ha fatto male. Fino alla fine.

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