Le “verità” di Travaglio sulla Juventus

travaglio

A volte non hai nemmeno la forza di indignarti. Succede quando dall’accozzaglia di inesattezze del pezzo che stai leggendo traspare un livore che va al di là dell'auspicabile verità e dell’interpretazione dei fatti. E’ il caso in particolare di Mistero Buffon, l’ultimo pezzo, in ordine cronologico, in cui Marco Travaglio si è occupato della Juventus. Si tratta di un articolo che dà in pasto ai lettori molte mezze verità, spregiudicate rivisitazioni dei fatti, nonché ipotesi vendute come certezze. Il tutto condito con l’arguta ironia che caratterizza il personaggio. Il risultato è il solito articolo che può solo essere osannato da quella mezza Italia che odia la Juventus, non solo disposta a bersi qualsiasi cosa purché lesiva del prestigio della Vecchia Signora del calcio italiano, ma subito pronta a utilizzare in rete e nei bar gli stessi articoli a mo' di Vangelo anti bianconero. Nel pezzo in questione, Travaglio usa il “caso Buffon” per l’ennesimo attacco alla società e ad Andrea Agnelli in particolare, usando Paolo Rossi, Antonio Conte, l’immancabile Luciano Moggi e lo stesso Gianluigi Buffon per amalgamare per bene il fango da gettare contro i suoi veri obiettivi da colpire.

Fango su Paolo Rossi. Per l’attacco dello scritto, gli schizzi di fango sono tutti per Paolo Rossi, il Pablito del Mundial '82 nonché ex bianconero. Al di là delle vicende che costarono al giocatore due anni di carriera per squalifica, Rossi, non disse “ho un figlio da mantenere”, come sostiene Travaglio, in risposta a un giornalista che gli chiedeva il perché del suo coinvolgimento nel calcioscommesse; anche perché Alessandro, il primo figlio di Paolo Rossi, sarebbe nato solo il 22 dicembre 1982. Si trattava invece di una battuta ("Sto per diventare padre e dovrei far vivere mio figlio di pura gloria?") che Paolo Rossi fece nell’occasione in cui andò a ridiscutere l’ingaggio con Giampiero Boniperti, presidente della Juventus, dopo la vittoria dei Mondiali di Spagna, poiché riteneva il proprio valore sottostimato. Rossi in quell’anno vinse la scarpa d’oro come miglior marcatore del Mondiale e poi si aggiudicò il Pallone d’oro come miglior giocatore europeo. Non è vero, come scrive l’autore del pezzo, che guadagnava 5 miliardi all’anno all’epoca del calcioscommesse degli anni Ottanta; quella era una valutazione data al giocatore (qualche anno prima) dall’allora presidente del Vicenza Giussy Farina, che se ne assicurò le prestazioni calcistiche alle buste (era in compartecipazione per la prima metà) acquistandone la seconda metà dalla Juventus. Due inesattezze su cinque righe dell’attacco non è male, ma tutto serve per condire al meglio un po’ di fango.

Fango sulla famiglia Agnelli. Nell’articolo in questione si trova il modo di utilizzare una vecchia battuta per insultare i presidenti delle squadre di calcio (i “ricchi scemi”), ma l’obiettivo vero è quello di insultarne uno solo, indovinate chi? Qualche idea ve la potete fare proseguendo nella lettura del pezzo perché, dopo l’attacco a Paolo Rossi, parte la stilettata alla famiglia Agnelli “nota per aver sempre professato il massimo rispetto nelle regole della giustizia, anche quando le violava”, giusto per introdurre Andrea Agnelli nel modo più confacente agli intenti travaglieschi. Il presidente della Juventus è colpevole di aver festeggiato l’ultimo scudetto conquistato, facendo riferimento al titolo numero 30, invece di gioire per uno scudetto conquistato “senza aiutini né moggismi” con l’immancabile riferimento ai campionati “truccati da Calciopoli”. Ebbene, qualcuno avverta Travaglio che in nessuna sentenza di tribunale si fa riferimento a campionati truccati, il campionato 2004/05 è stato regolare, come ribadito dalle motivazioni della sentenza del Processo ordinario su Calciopoli che non ha evidenziato nulla di contrario in proposito, mentre il campionato 2005/06 non è stato oggetto di indagine. Evidentemente Travaglio è rimasto fermo alle sentenze mediatiche dell’estate 2006, con tanto di arbitri rinchiusi negli stanzini, sorteggi e partite comprate e tutto l’armamentario di nefandezze mediatiche di quell’estate, oppure alle sentenze sportive di organi rivelatisi improvvisamente "incompetenti" dopo aver creato norme ad hoc, eliminato gradi processuali di giudizio, cambiato gli stessi giudici del tribunale, dando vita a degli aborti giuridici pur di condannare la Juventus a una pena smisurata.

Fango su Antonio Conte. Sempre seguendo il filo conduttore dell’attacco ad Andrea Agnelli, Travaglio si occupa della conferenza stampa in cui il presidente della Juventus ha preso le difese del proprio allenatore Antonio Conte. Una conferenza stampa che Travaglio non deve aver seguito con attenzione. Agnelli ha espresso fiducia e rispetto nel lavoro della magistratura, ma ha ritenuto doveroso esprimere la propria vicinanza personale e della società a Conte, in nome della stima e dell'amicizia ventennale che lo legano al tecnico bianconero. Il presidente bianconero ha ribadito l’estraneità della Juventus rispetto alla vicenda, confermando la fiducia all’allenatore e stoppando così la gogna mediatica che già condannava il tecnico facendolo apparire come un ex, con annesse tutte le conseguenti speculazioni del caso sul nome del suo eventuale successore. Ricordiamo a Travaglio che lo stesso gip, nell'ordinanza di perquisizione, scrive che la posizione di Conte è ancora tutta da verificare. Da qui a ipotizzare la radiazione, come scritto da Travaglio, ce ne corre parecchio. La ridicolizzazione della figura di Conte, colpevole di aver auspicato di poter essere chiamato prima della perquisizione, è solo l’ennesima cattiveria che l’autore del pezzo poteva risparmiarsi. Le accuse di Carobbio erano finite sui giornali da mesi. Il legittimo desiderio di un indagato, soprattutto se si ritiene innocente, è di poter fornire la propria versione dei fatti chiarendo la propria posizione, al fine di evitare, fra l'altro, il pubblico ludibrio che tocca a chi è molto esposto mediaticamente al di là della sua eventuale responsabilità su fatti da accertare. Conte non ha attaccato la Procura, ma ha sempre dimostrato la massima disponibilità, ribadendo la propria estraneità ai fatti contestatigli.

Fango su Gianluigi Buffon. Non poteva certo mancare un po’ di fango sul portierone della Nazionale. D’altronde Travaglio doveva pur scrivere qualcosa su Buffon, visto che lo ha inserito nel titolo come scusa per attaccare la Juventus e l’operato di Andrea Agnelli. L’ironia di cui tanto si compiace Travaglio è indirizzata alla conferenza stampa in cui Buffon ha avuto il coraggio di denunciare quel perverso legame fra media e certe Procure che, nel nome di una certa interpretazione del diritto di cronaca, rischia di mettere a repentaglio i diritti di quell'indagato che magari scopre di esserlo attraverso la lettura dei giornali e che ritrova a stretto giro sulla stampa le sue eventuali dichiarazioni rilasciate ai PM. Che la questione sollevata da Buffon non sia di poco conto lo evidenzia una firma vera del giornalismo italiano come Piero Ostellino sul Corriere della Sera, in un articolo poco elegantemente bollato come pieno di fregnacce da un quanto mai arrogante Travaglio. Il nocciolo del problema non c’entra nulla quindi con i “verbali depositati” di pubblico dominio ai quali furbescamente Travaglio fa riferimento per contribuire a sbeffeggiare l’uscita di Buffon. E’ falso poi scrivere che un rapporto della Finanza rivela che “Buffon ha scommesso”, vero invece che l’informativa ipotizza, sulla scorta delle informazioni provenienti dalla banca di Buffon, eventuali scommesse come destinazione di quel denaro. C’è una bella differenza (!) anche se, ricordiamolo, anche nel caso di scommesse, chiunque dovrebbe essere padrone di far ciò che vuole dei propri soldi. Semmai il particolare potrebbe interessare alla giustizia sportiva che proibisce, ai calciatori tesserati, di scommettere sugli eventi calcistici, ma non su casinò online, poker, motociclismo, automobilismo, cavalli, tennis, pallavolo, rugby e tutti gli altri eventi sportivi. E comunque non si “vaneggia di privacy", come scrive Travaglio, in un Paese in cui poter accampare ancora qualche elementare diritto.

Fango su Andrea Agnelli e la Juventus. Ma il vero obiettivo del pezzo è, come anticipato, attaccare il cuore della Juventus, il suo presidente, Andrea Agnelli. Quello che proviene da una famiglia che, per ripetere le parole di Travaglio, professava “rispetto nelle regole della giustizia, anche quando le violava”, che per la sua Juventus si macchia del delitto di parlare apertamente di 30 scudetti conquistati sul campo, quello che ingenuamente difende il proprio allenatore che "rischia la radiazione” e che ha infine la colpa di trovare singolare come l’informativa della Guardia di Finanza su Buffon sia uscita il giorno dopo la conferenza stampa dello stesso capitano della Nazionale (e non due giorni dopo come, per peccato veniale, il giornalista scrive erroneamente sul suo pezzo). Per Travaglio insomma, che pure ci tiene alla Juventus professandosene tifoso, ogni scusa è buona per attaccare la società scrivendo un tanto al chilo. Ma, trattandosi di un paladino del giustizialismo nostrano non sono certo imputabili a malafede i tanti scivoloni che ad ogni riga si susseguono. L'impressione però, leggendolo, è di qualcuno che sta portando avanti una sua crociata al di là della verità dei fatti. Tuttavia, fino a prova contraria, è meglio pensare che si tratti di una superficiale conoscenza dei fatti stessi per un giornalista impegnato da sempre in battaglie civili e politiche di una certa rilevanza. Una considerazione che porta con sé l'augurio che il Travaglio, quando tratterà in futuro di calcio, abbia a farlo con meno disinvoltura, facendo più attenzione quando punterà l’indice sul solito obiettivo bianconero. Certo sarebbe auspicabile che, di fronte alle continue diffamazioni subite, anche la stessa Juventus la smettesse di fare orecchie da mercante, iniziando a rispondere nelle sedi competenti a certi attacchi a mezzo stampa. L'essere apparentemente passivi sulla questione appare ai più come una ingiustificabile inerzia che legittima la diffamazione stessa. La misura è ormai colma da un bel pezzo, continuare a far finta di niente è autolesionismo spinto.


PS. Si dia pace poi Travaglio. Come ha ricordato Andrea Agnelli, Luciano Moggi è stato un “grande manager” del calcio italiano, cosa per altro riconosciuta nell’ambiente. Il tutto a dispetto dei processi che lo vedono incriminato e per i quali, fino a sentenza passata in giudicato, vale la presunzione di innocenza. Almeno formalmente, nonostante gli articoli di Travaglio, viviamo ancora in uno Stato di diritto.

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