Agnelli e Conte, ovvero la credibilità riconquistata

andrea“Io devo ringraziare i media perché vedo che iniziano a titolare, a farci dei titoli a favore, nel senso che...'Juventus favorita', che ha qualcosa in più rispetto alle altre. E di questo io vi ringrazio perchè comunque significa che è tornata la considerazione nei confronti della Juventus. Detto questo, anche la mia metodologia di lavoro, prevede che io abbia un archivio tecnico, tattico, fisico, di comunicazione, quindi articoli, interviste, da parte di tutti quanti gli addetti ai lavori…... Lo conservo gelosamente perché mi piace vedere come le cose poi si evolvono; e vedere che si stanno evolvendo in maniera così straordinaria, super straordinaria, veramente mi lascia contento, dobbiamo essere veramente soddisfatti, io vi ringrazio tanto veramente che siano cambiate queste gerarchie così velocemente nel giro di 5-6 mesi”.

Sono parole della conferenza stampa pre-Siena di Antonio Conte, parole che sono un termometro attendibile di come sia cambiata la temperatura dell’attenzione intorno alla Juve dall’estate ad oggi. La Juve veniva da anni bui, in cui la ripartenza dal 2006 era più volte miseramente naufragata, infrangendosi infine sugli scogli dell’ultimo settimo posto, che l’aveva esclusa dalla ribalta europea. Sulla squadra della stagione a venire aleggiava, da parte degli addetti ai lavori, non poco scetticismo; la campagna di mercato estiva si era chiusa senza l’arrivo del reclamizzato top-player perché, ad esempio, Sergio Agüero, come già era accaduto a gennaio per Dzeko, era finito preda dello sceicco di Manchester: sul piano economico impossibile competere con i forzieri di Abu Dhabi; e l’appetibilità della Juve sul piano del ranking internazionale era davvero bassa.

Ma la Juventus, se non aveva uno sceicco, aveva alla sua guida un presidente, giovane ma con le stimmate del capo, che assoldò un capitano di lungo corso, che conosceva da vent’anni, e gli affidò il compito di aiutarlo a risalire la china.
Anch’egli all’inizio era stato accolto nell’ambiente del calcio di casa nostra, ancora popolato da tanti tromboni, con sufficienza: era stato apostrofato ‘giovin signore’, ma, con lo stile che lo contraddistingue, ha tirato dritto, prefiggendosi di dimostrare sul campo (che non è solo il prato verde) le sue capacità. E il suo orgoglio: ben visibile alla cerimonia di inaugurazione del nuovo stadio nel corso della quale, davanti a tutte le autorità presenti, aveva esibito i 29 scudetti reali della Juventus. Chiede rispetto e ne dà.
Di fronte all’accusa di doping legale da parte di Petrucci aveva risposto senza arroganza, ma con decisione e un gesto propositivo, quello di un tavolo politico che poi il presidente del Coni aveva annacquato in un risibile tavolo della pace, destinato da subito al fallimento quando uno degli interlocutori privilegiati aveva favoleggiato di coltelli sotto il tavolo. Anche qui Andrea aveva glissato: la classe non è acqua.


Se il presidente tirava dritto sul campo delle azioni legali (e lo ribadisce ad ogni intervista), Antonio Conte tirava altrettanto dritto sul campo: con tanto lavoro, tanta attenzione e tanta capacità di tenere il gruppo sempre unito e concentrato, con il coraggio di scelte anche impopolari (utilizzo col contagocce della ‘bandiera’ Del Piero, acquisti recenti (Krasic) e recentissimi (Elia) in tribuna, con un discorso chiaro a chi non vedeva parte del suo progetto tattico,con la distruzione sistematica del pregiudizio che lo vedeva incatenato ad un solo modulo. Iniziava così la cavalcata che avrebbe portato la Juve ad essere la regina d’inverno, davanti a quel Milan che Conte continua a definire ‘superfavorito’; perché Conte si rende ben conto che la risalita è stata veloce, ma acquisirà lo splendore dell’oro solo se sarà duratura.
E allora ne gioisce certo: è bello confrontare le prime pagine del suo archivio, o addirittura gli articoli degli archivi storici dei quotidiani degli anni passati e fare il confronto: da toni quasi irridenti si è passati al riconoscimento di quanto di buono la squadra fa sul campo. Poi, si sa, un certo livore antibianconero spunta sempre, da qualche parte ma, si sa, siamo la Juve.
Conte frena sui facili entusiasmi, perché al suo archivio vuol aggiungere ben altre pagine, pagine che dovranno profumare di vittoria, che per la Juve è l’unica cosa che conta, tornano a ripetere tutti (e sta scritto anche sull’interno del colletto delle maglie dei giocatori, nel caso qualcuno avesse a dimenticarsene).

Grazie Andrea, grazie Antonio, per aver tolto la Juve da quel limbo dell’anonimato in cui era stata precipitata.
Non mollate: in questa battaglia ci avrete sempre al vostro fianco.