Vincere aiuta a vincere: la Juve sta tornando

Non è solo una frase fatta o un mantra per caricare psicologicamente i giocatori: anche se è vero che sul piano psicologico nulla fa bene al morale più di una vittoria, o di una serie di vittorie, che aumentano a dismisura la fiducia in se stessi, soprattutto nei casi in cui una squadra viene da una lunga serie negativa: come accaduto alla Juventus dal 2006 in poi, vittima com’è stata non solo di Calciopoli, ma anche del caos interno post-Calciopoli.
Vincere aiuta a vincere è anche, per una società, una ricetta quasi infallibile sul piano gestionale: perché vincere genera appeal; e sul piano strettamente economico innesca indubbiamente un circolo virtuoso.
Appeal, si diceva: una squadra vincente, costantemente protesa verso l’ottenimento del successo, richiama pubblico: e la Juventus di quest’anno ne è una dimostrazione; lo stadio nuovo è un autentico gioiello ma, se la squadra navigasse a metà classifica, con l’indolenza degli scorsi anni, difficilmente avrebbe sempre il tutto esaurito; e non solo, anche il record di incassi quando va in trasferta. Ma vince, gioca bene, con grinta e carattere, voglia di vincere insomma, e allora pubblico a gogò e dati di ascolto che schizzano alle stelle.
Ma c’è di più: l’appeal è molto importante in sede di mercato; è capitato più di una volta gli anni scorsi che giocatori importanti non gradissero la destinazione Juventus, o comunque la posponessero ad altre. Per acquistare un calciatore bisognava spesso vincere la resistenza del calciatore stesso prima che della società che ne deteneva il cartellino: in fondo è un po’ quello che, in parte, è accaduto con Borriello; è vero che il nodo era quello dell’acquisto a titolo definitivo che la Juve non poteva permettersi, ma sappiamo bene come prevalga tanto spesso la volontà del giocatore e Borriello, pur se non rifiutò mai la Juve, nulla fece nemmeno per insistere che si trovasse una soluzione pro-Juve, perché la Juve non è che promettesse granché di buono, e da anni ormai, mentre la Roma disputava la Champions. E i giocatori di primo livello, ma anche di secondo, spesso dicevano no alle proposte bianconere: cosa inaudita, per una società solita essere una delle massime aspirazioni di un calciatore. Alla Juventus arrivavano gli Amauri, i Diego, i Felipe Melo, cicale che avevano cantato una sola estate e che venivano altresì allettate con sontuosi ingaggi, che si sarebbero presto rivelati, oltre che esorbitanti rispetto al loro rendimento, anche terribili zavorre che ancora tengono ancorati a Torino personaggi che con questa Juve non avrebbero altrimenti più nulla a che vedere.
Ora la tendenza inizia ad invertirsi e i calciatori, quando avvertono un possibile interessamento della Juve, mandano in avanscoperta i loro procuratori, a sondare il terreno, a parlare coi loro presidenti; perché intravedono a portata di mano il sogno di giocare in una squadra che punta, e a ragion veduta, in alto. E quelli che ce la fanno, che arrivano a Vinovo, non vi arrivano con l’aria del salvatore della patria bianconera, perché non c’è niente da salvare: si mettono a disposizione.
Questa la piacevole conseguenza delle vittorie. E si innesca un circuito virtuoso, perché i nuovi acquisti accrescono il tasso di competitività della squadra, facendo acquistare appeal agli occhi di altri calciatori di livello.
Certo, per arrivare ai veri top players, quelli super-affermati come il Rooney recentemente ‘sognato’ da Moggi, ci vorrà ancora un po’ di tempo. Prima di tutto, per motivi economici: Calciopoli e la gestione improvvida del post-Calciopoli hanno ‘rovinato’ la Juventus, hanno inferto al club ferite profonde, ferite di 444 milioni di euro; e questa Juve dal bilancio incerottato fatica a competere con sceicchi et similia. Ma ci vorrà pure la conquista di qualche importante trofeo, anche in campo internazionale, per farla ritornare l’oggetto del desiderio dei ‘grandi’ della pedata. Che costano, e chiedono non solo soldi, ma anche grandi platee.
Le platee da Juventus, quelle che questa Juve vuole fortemente ritrovare: fate largo, perché la Juve sta tornando lassù.