Il tempo del miracolo bianconero è finito

conte“Mi sono dato come termine la fine del girone d'andata perché abbiamo affrontato tutte le squadre e alla fine del girone d'andata vedremo e tireremo le somme su come ci siamo comportati, i nostri margini di crescita, quanto siamo cresciuti. Lì potremo tirare un po' le somme. Per adesso stiamo facendo delle cose importanti e straordinarie, che vanno al di là delle aspettative di tutti”. (25 novembre 2011, conferenza pre-Lazio)

"So quanto è stata dura e quanto sarà dura. Ma grazie alla disponibilità e allo spirito di sacrificio dei miei giocatori stiamo mettendo insieme un autentico miracolo… (31 dicembre 2011, intervista a Tuttosport)

"C’è sempre tanto da lavorare, ma finora siamo stati davvero bravi: è inevitabile che siano state fatte cose straordinarie, perché non dimentichiamoci che cinque mesi fa siam partiti praticamente da zero, dopo due settimi posti; quindi trovarci lassù in cima alla classifica, imbattuti, sicuramente fa capire che si son fatte cose straordinarie". (3 gennaio 2012, da Dubai)

Sono solo tre esempi di quello che con leggere varianti è ormai, da novembre, il senso delle dichiarazioni di Antonio Conte: un senso che contiene certo una parte di verità, se si pensa che il mister bianconero è partito dalle macerie lasciate dal post-Calciopoli e ha dovuto lavorare sodo non solo sui muscoli, ma anche sulla testa dei suoi ragazzi, per rimuoverne le scorie lasciate dalla disabitudine al successo (e viceversa all’abitudine a trovare giustificazione e fare promesse di riscatto per il futuro); è partito da zero anche sul morale dei tifosi, in buona parte delusi e sfiduciati, ormai consapevoli che distruggere, come sempre accade, è stato facile, ma che ricostruire sarebbe stata operazione davvero ardua (anche perché gli esiti della prima stagione di mercato di Marotta non si erano rivelati dei più incoraggianti).
Ma questo, del ‘miracolo’ bianconero, è diventato un mantra che continuare a ripetere, ancora adesso, potrebbe diventare pericoloso e ritorcersi contro il suo creatore.
Prima di tutto, perché non è stato un miracolo, perché nessuno fa miracoli, nemmeno il bravo Conte: che semmai è stato un perfetto discepolo di Socrate, applicando alla perfezione l’arte della maieutica, grazie a cui sta tirando fuori dai suoi calciatori tutto quello che hanno da dare; infatti quello che stanno dando è dentro di loro, nelle loro potenzialità, che in alcuni (Marchisio e Pepe, ad esempio) andavano addirittura atrofizzandosi, causa l’imperizia dei passati conducadores.
Poi perché potrebbe iniziare a sedimentarsi nei suoi la convinzione di essere già arrivati al massimo e, addirittura, di essere immuni da critiche e ulteriori ‘pretese’ (una piccola spia le parole di Bonucci, sul suo sito, dopo il pareggio interno con il Cagliari, e dopo una sua prestazione non certo da incorniciare: “Siamo primi e siamo soli. Desidero iniziare con questa frase perché ho sentito critiche a noi perché non abbiamo vinto. Però voglio ricordare che siamo primi e siamo imbattuti. Ovvio che vincere sarebbe stato il top ma prendiamoci questo pareggio e guardiamo avanti con fiducia e ottimismo”): invece, e Conte sarà il primo a saperlo, margini di miglioramento ce ne sono ancora, in abbondanza, bisognerà esplorarli. Serve quel ‘lavoro’ che Conte menziona sempre, perché è l’ingrediente indispensabile di qualsiasi ‘vittoria’ (lavoro e vittoria sono un po’ le sue parole d’ordine), non servono impossibili miracoli: solo lavorando sulla psicologia di Vucinic Conte è riuscito a convincerlo a sacrificarsi in dispendiosi rientri, che ora ha iniziato ad effettuare, anche se un po’ nascosti da quell’indolenza che sta diventando ormai, soprattutto, un atteggiamento di facciata non infrequente nei calciatori slavi; e Mirko è uno che di margini ne ha ancora tanti: ma servirà la sua volontà, non una forza soprannaturale. Lo stesso dicasi per Marchisio e Vidal, per Chiellini e Matri, e tanti altri.
E’ servito tanto incoraggiare e lodare i suoi per instillarvi e rafforzarne l’autostima, ma ora bisogna evitare che questa si trasformi in appagamento e, non sia mai, in immodestia: perché il passo è piuttosto breve.
E il discorso vale anche per Marotta: non deve illudersi di aver trovato in Conte il taumaturgo, il mister dei miracoli impossibili; l’allenatore con l’imprinting bianconero ha fatto il massimo, o quasi, col materiale a disposizione, dimostrandosi duttile e motivante; ma dove, nonostante i suoi sforzi, si sono evidenziate le lacune, bisogna intervenire.
Bando ai miracoli, dunque: con le partite di gennaio ha fatto irruzione la realtà, della quale bisogna imparare la lezione, perché la strada intrapresa, con destinazione sperata il successo, possa confermarsi quella giusta.