Lazio-Juve '97: una doppietta di Padovano per espugnare l'Olimpico

padovanoFu Michele Padovano il grande mattatore della gara tra Lazio e Juventus valevole per la 17sima giornata di Serie A (ultima del girone d’andata), il 19 gennaio 1997, in virtù di una doppietta con cui la squadra di Lippi stese all’Olimpico i biancocelesti di Zeman. La ritrovata verve dell’allora numero undici fu fondamentale per la Juventus, in un periodo non particolarmente brillante: i bianconeri in campionato erano reduci da due pareggi nei tre precedenti match contro Piacenza, Parma e Atalanta (con un solo gol all’attivo), con l'ulteriore complicazione dell’infortunio di Boksic occorso nella sfida contro i bergamaschi. La Juve, che già col croato (che non era propriamente un goleador) spesso non riusciva a concretizzare la grande mole di gioco, guardava così al futuro con una certa preoccupazione, visto che le alternative, per il ruolo da punta accanto a Del Piero, non sembravano offrire le giuste garanzie. E fu proprio in quel momento di difficoltà che Lippi consegnò una maglia da titolare a Padovano, venendone ampiamente ripagato con la doppietta di Roma, ma anche con la doppietta siglata pochi giorni prima a Parigi nella finale d’andata della Supercoppa europea; d’altronde l’attaccante torinese era uno che in Europa sapeva farsi apprezzare: basti pensare che aveva realizzato il decisivo gol ai quarti di finale contro il Real Madrid nella Champions League dell’anno precedente e aveva trasformato uno dei quattro rigori con cui la Juve si era aggiudicata il massimo trofeo continentale.
Madama legittimò dunque sul campo il titolo di Campione d’Inverno, conquistato in quel pomeriggio grazie al pareggio della Samp a Firenze e alla sconfitta dell’Inter in casa col Bologna: e lo fece in un match che nei primi venti minuti l'aveva vista rannicchiata in difesa per la pericolosità del tridente Rambaudi-Casiraghi-Signori e l'efficacia degli spunti di Nedved e Fuser, sempre insidiosi al tiro: al 10’ l’ex granata costringeva Peruzzi ad una deviazione bassa, mentre al 17’ il ceko obbligava Montero ad un contrasto dei suoi. A quel punto la squadra di Zeman perdeva la sua onda d’urto, e la Juve, sulla falsariga dei sei gol segnati a Parigi, tornava scintillante soprattutto grazie all’apporto dei tre centrocampisti Jugovic, Tacchinardi e Deschamps. Fu proprio il francese al 29’ ad involarsi verso la porta laziale ma, a tu per tu con Orsi, decise di non rischiare appoggiando facilmente al centro per Del Piero, il cui tocco facile venne annullato per un fuorigioco abbastanza dubbio. Due minuti dopo fu invece Jugovic a rubar palla in mezzo e a servire Padovano, il quale schizzò al limite dell’area e, vanificando il maldestro tentativo di marcatura di Fish, fece esplodere un sinistro tagliente ed angolato per l’1-0 parziale. Il vantaggio bianconero venne messo in pericolo solo al 40’ da Signori, che impegnò severamente Peruzzi, costretto a distendersi sulla destra. Nel secondo tempo però i campioni del mondo ripartirono a testa bassa ancora con Padovano il cui tiro, stampatosi sul palo, venne ribadito in rete da Jugovic, segnalato però in posizione di fuorigioco. Al 18’ fu Del Piero ad involarsi sulla sinistra e a servire Lombardo, che con un tiro sbilenco mise in difficoltà Negro il quale, nel tentativo di spazzare l’area, servì involontariamente Padovano per il più facile dei gol. Sul 2-0 i bianconeri rimasero padroni assoluti del campo, gestendo fino al 90’ una vittoria che avrebbe potuto assumere proporzioni più vistose se la squadra di Lippi fosse stata meno “accademica”. Unanimi gli elogi verso una Juve capace di fornire una prestazione quasi straripante, come spesso accadde in quella stagione 1996-97: basti ricordare il 6-1 inflitto al Milan a San Siro e la doppia semifinale di Champions con l’Ajax. “Squadra concreta, umile, realista, senza svolazzi. Proprio come piace a me” dichiarò Lippi a fine gara. Da parte laziale il patron Cragnotti: “Risultato giusto. La Juve è una grande squadra. La Lazio no”. Anche Zeman avrebbe ammesso: “Quando affronti la Juve devi essere al massimo. E’ una squadra in salute, sa quello che vuole”. Padovano invece, oltre a porre l’attenzione sul match (“E’ stata la nostra migliore prestazione stagionale. Se giochiamo così non ce n’è per nessuno, ma guai a perdere l’umiltà”) sentiva, a quasi 31 anni, che quello poteva essere un momento cruciale per la sua carriera, momento che avrebbe potuto spalancargli le porte della Nazionale: “ Un messaggio a Maldini? (l’allora Ct dell’Italia) E perché? Né io né lui abbiamo bisogno di mandare messaggi”.

La chiamata in azzurro per Padovano sarebbe arrivata in occasione dei match di qualificazione a Francia ’98, contro Moldavia e Polonia, con l’esordio il 29 marzo a Trieste contro i moldavi. Quella convocazione però segnò molto probabilmente la fine della carriera di Padovano ad alti livelli: in un allenamento pre-partita in vista della sfida con i polacchi si procurò una lesione di secondo grado al retto femorale della coscia sinistra, infortunio che significò per l'attaccante la fine della stagione, al termine della quale sarebbe stato ceduto al Crystal Palace, con cui però giocò pochissimo. Avrebbe terminato la sua carriera nel 2001, dopo aver vestito anche le maglie di Metz e Como.