Un sogno chiamato Juventus

avvocatoFonte: MAGAZINE BIANCONERO
di Renato La Monica

Peter s'affaccia alla finestra di una notte corrotta da troppi whiskies.
L'arroganza del vento solleva polvere e domande. Una pioggia sottile batte ritmicamente sui ricordi, agevolati dalla musica immortale di Neil Young. Aggrappato ad un bicchiere colmo di pensieri, Peter sta fissando il calendario. Il tempo sembra essersi fermato a quel fatidico 31 Agosto 2006. Una data che Peter non riuscirà mai a rimuovere dal suo cervello. Quel giorno qualcuno ha pugnalato alla schiena la "sua" Juventus. Quel giorno qualcuno ha mandato al macero la mitica panchina dei fratelli Canfari e degli altri giovani studenti del liceo classico Massimo D'Azeglio. Quel giorno qualcuno ha interrotto un lunghissimo sogno profumato di borotalco. Quel giorno qualcuno ha virtualmente pugnalato anche il mondo di Peter. Disorientato a tal punto da non riuscire più a suonare il pianoforte. Smarrito nei dedali di una vita sempre più scontrosa. Aggrovigliato ai rami del dubbio. Forse è arrivato il momento di aprire la sorgente della memoria. Per innamorarsi di quella maglia erano bastate un paio di partite. Forse perchè anche Peter, come la Juve, era nato sotto il segno dello scorpione. Quella squadra gli era entrata nel sangue.

Quando i suoi genitori gli chiesero di imparare uno strumento, Peter scelse il pianoforte e non la chitarra. I tasti bianchi e neri, avorio ed ebano, erano del tutto simili ai colori della sua Juve. Ogni volta che suonava, ogni volta che componeva, gli sembrava che al suo fianco ci fosse la Vecchia Signora. Lui la guardava negli occhi con la stessa dolcezza con cui si osserva una madre. Non c'era bisogno di aggiungere altro. In quella cameretta, che Peter aveva ribattezzato la stanza delle emozioni, il legame tra i due si rinsaldava ogni giorno di più. Nella buona e nella cattiva sorte. Fino a quel 31 Agosto 2006.

Peter aveva come vicino di casa uno scienziato piuttosto originale. Un tipo che si vantava di aver costruito una sorta di macchina del tempo. Che gli consentiva di viaggiare a ritroso nel passato. Naturalmente nessuno gli credeva. Anzi, molti lo consideravano un vecchio pazzo sconclusionato. Peter aveva parlato solo una volta con Ted. Lo scienziato. E si era intenerito ascoltando i racconti fantastici di quel tipo perennemente distratto. Ted narrava di cene a lume di candela con Marlene Dietrich e Marylin Monroe, di serate trascorse al casinò con Frank Sinatra ed Humphrey Bogart. "Viaggiare nel tempo è l'unico modo per sopravvivere allo schifo che ci circonda", amava ripetere Ted. Peter lo fissava incredulo, con lo scetticismo di chi crede solo a quello che vede.

La mattina del 1 Settembre, forse per sfuggire alla morsa dei propri pensieri, Peter decise di suonare il campanello della casa di Ted. Lo scienziato sembrava più stralunato del solito e quasi quasi Peter stava per andarsene. Poi, vedendo al centro del salone una strana automobile, senza gomme e senza volante, chiese: "E' quella cos'è?". Ted rispose con studiata lentezza: "E' la macchina del tempo. Serve per incontrare le persone scomparse: nei periodi più svariati della loro vita". Peter era sempre più incuriosito: "E se io volessi rivedere Scirea?". Ted sembrava sorpreso dall'interesse del suo interlocutore. "Certo. Puoi scegliere di vedere chiunque". Peter prese il coraggio a due mani e decise di entrare in quella macchina infernale. "Ted, portami da tutti quelli che non ci sono più". Mentre Ted schiacciava una serie di bottoni da una raffazzonata consolle, Peter sentiva che qualcosa di magico stava realmente accadendo. Come se il suo corpo stesse fluttuando fra le nuvole.

Ecco una videata: anno 1959. "Ma quello è Sivori che palleggia! Guarda che tunnel, che classe. Adesso voglio parlare con lui. Ciao Omar". Sivori smise di trastullarsi col pallone, gli strinse la mano, poi, senza tanti preamboli: "Quello che hanno fatto alla Juve è stata una porcata. Con l'Avvocato non sarebbe mai successo". Peter non fece nemmeno in tempo a replicare: ecco apparire sul campo la sagoma di Gianni Agnelli. "Caro Peter, che piacere vederla. Lei in questo momento rappresenta i tifosi della Juve. Lo so, è accaduta una cosa terribile. Forse è stata anche colpa mia: mi sono fidato troppo di certe persone. Toccare la Juve era l'ultima cosa che dovevano farmi". E mentre diceva quelle parole, dal viso dell'Avvocato, solitamente imperturbabile, Peter vide scorrere una lacrima. Peter decise quindi di proseguire il suo viaggio.

Altra videata: 1993. Il tempo di scambiare due chiacchiere con Andrea Fortunato. "Ciao Peter. Non preoccupatevi per me: in fondo sono sfuggito ad un calcio finto e siliconato. Io sono una persona pura e romantica: già allora mi sentivo a disagio". Salutato con un groppo in gola, il suo amico Fortunato, Peter era ormai arrivato all'ultima tappa del suo meraviglioso percorso.

Ultima videata: siamo nel 1975. Ecco Gaetano Scirea. Il più grande difensore del calcio italiano cammina lentamente, portandosi dietro la sua innata timidezza. "Ciao, Peter. Sai che sono di poche parole. Volevo solo dirti che la Juve mi manca tantissimo. Sai, quel giorno, in Polonia, non ho avuto nemmeno il tempo di avere paura. Oggi osservo tutto da lontano. Questo calcio senza valori non mi piace. Porta un saluto ad Alex Del Piero: digli che sarei orgoglioso se fosse proprio lui a battere il mio record di presenze". Peter abbraccia Gaetano e poi scoppia a piangere come un bambino. "Non voglio tornare indietro. Voglio rimanere qui. I tempi che sto vivendo non mi appartengono. Così come non mi appartiene questa Juve. Voglio indietro il mio sogno. Voglio indietro campioni ed uomini veri come te". In quel momento, come se avesse capito i desideri del suo vicino di casa, Ted distruggeva la consolle della macchina del tempo.

Peter sarebbe rimasto per sempre nello spazio infinito che separa la vita dalla morte. Un pianoforte sospeso tra le nuvole di un sogno chiamato Juventus.