Quale futuro per la Juve?

Blanc e Cobolli GigliNelle ultime settimane, e in particolare in questi ultimi giorni, abbiamo assistito a eventi di diversa natura che condizioneranno in qualche modo il futuro della Juventus: Dimissioni di Deschamps e Tardelli, conferma di Buffon, scelta di Ranieri, polemiche di Trezeguet e Camoranesi, dimissioni (o dismissione) di Bettega, annuncio dei primi acquisti sul mercato.
Il futuro della Juventus, tuttavia, dipenderà molto anche da altri eventi che apparentemente non hanno niente a che vedere con il calcio (e che mai dovrebbero), ma che al contrario condizioneranno notevolmente il futuro della nostra amata squadra e del pallone italiano: sviluppi della vicenda giudiziaria sulle intercettazioni abusive della banda Tavaroli, evoluzione del quadro politico italiano, mutamento degli equilibri di potere economico e mediatico.
I tifosi della Juventus, per il momento, sembrano entusiasti delle scelte operate dalla nuova società in relazione alla campagna acquisti appena iniziata, nonostante questa appaia all’insegna di un ridimensionamento degli ingaggi e della valorizzazione dei giovani del vivaio. Chi scrive è sostanzialmente d’accordo in linea di principio con tale filosofia - peraltro già intrapresa in Europa con fortune alterne da società gloriose come Ajax e Arsenal - ma la politica della rifondazione morale del calcio, che sia basata sui valori dello sport più che degli affari deve essere perseguita sino in fondo e in tutte le direzioni.
Quello che appare incomprensibile, infatti, è che la politica virtuosa del ringiovanimento della rosa e della riduzione degli ingaggi non sia stata seguita da comportamenti che andassero nella medesima direzione e che, attraverso una forte azione di comunicazione, facessero assumere alla Juventus il ruolo di apripista di un profondo processo di rinnovamento del calcio italiano. In sintesi, la politica del rinnovamento non è coerente con l’appoggio della Juventus alle elezioni dei Matarrese e degli Abete, né con la strategia comunicativa dei suoi dirigenti nei riguardi dei numerosi scandali che vedono protagoniste altre società.
A fronte della sciagurata presa di distanza dalla Triade attuata con sospetta tempestività da John Elkann nell’intervallo di Juventus-Palermo (ricordiamo le lacrime amare di Roberto Bettega), ci saremmo aspettati un’azione incalzante tesa a pretendere il rispetto delle regole da parte di tutti, seguita da un conseguente e consequenziale rinnovamento delle istituzioni. A distanza di un anno circa ci ritroviamo invece con un quadro pressoché immutato, con la presenza ai vertici federali dei medesimi personaggi (che, in più di un’occasione – vedi la morte di Raciti e l’assegnazione degli Europei – hanno rilasciato incaute dichiarazioni) e con il molto probabile insabbiamento di scandali che a una prima lettura appaiono ben più gravi di quelli che hanno riguardato Moggi e Giraudo.
In questa situazione di perenne stallo la vecchia dirigenza avrebbe offerto assolute garanzie per proteggere un patrimonio come la Juventus, ormai privata del supporto Fiat, dalle ingerenze di colossi come Mediaset, Telecom, Capitalia. Al contrario, il nuovo assetto societario difficilmente potrà continuare a ottenere risultati all’altezza della propria storia e le vicende di Ajax e Arsenal sono lì a dimostrarlo.
Chi scrive è convinto che la nuova proprietà della Juventus, sia stata sciagurata complice di chi ha ordito il complotto di Farsopoli, o quantomeno abbia avallato la distruzione della Juventus, sacrificandola sull’altare di interessi più grandi e liberandosi al contempo di dirigenti capaci, ma scomodi. L’atteggiamento tenuto durante Farsopoli lascia intuire che la nuova proprietà e i personaggi che ne condizionano l’operato, siano legati a doppio filo al management del gruppo Pirelli-Telecom-Inter. Le ragioni di tali legami devono essere ricercate al di fuori del mondo del calcio e potrebbero essere di natura politica, economica, ma anche essere correlati alla vicenda dei dossier illegali che coinvolge i vertici Telecom.
In questi anni sono emersi scandali che hanno coinvolto personaggi importanti della politica, della finanza e dello showbusiness. Molti di questi scandali sono emersi a seguito della pubblicazione da parte dei giornali del gruppo Rcs delle trascrizioni di intercettazioni telefoniche. Alcuni dipendenti Telecom sono stati arrestati perché sospettati di avere effettuato attività di spionaggio illegale. La cosa che preoccupa di più è che l’atteggiamento prudente tenuto dalla classe dirigente italiana nei riguardi dell’affaire intercettazioni, che sembra essere quello di chi è tenuto sotto scacco da chi dispone (o potrebbe disporre) di intercettazioni compromettenti.
La sensazione è che non si osi perseguire adeguatamente i responsabili (e i mandanti) di tali attività illegali per paura di essere puniti con la pubblicazione di nuovi scandali. Il quadro che ne emerge è devastante perché, tirate le somme, si è portati a pensare che l’intera classe dirigente italiana sappia di avere scheletri negli armadi.
Ci chiediamo se il comportamento della nuova proprietà Juventus nella vicenda Farsopoli sia potuto essere conseguenza di un timore per questo tipo di situazioni (pensiamo al caso dell’equity swap). Se la realtà fosse anche solo di poco vicina a questo ipotetico scenario, appare ovvio che i destini della Juventus non potranno essere rosei senza la rottura degli attuali fragili equilibri di potere.
L’attuale proprietà ha ormai definitivamente confermato con i propri comportamenti (ultimo in ordine di tempo il mancato rinnovo del rapporto di collaborazione con Roberto Bottega) di non voler intraprendere “la terza via”. Il tifoso juventino, scottato dal comportamento tenuto durante Farsopoli, non riuscirà mai a fidarsi dei nuovi dirigenti, perché ogni azione compiuta da chi ha accettato nel silenzio e nell’ambiguità lo scempio, sarà sempre sospettata di nascondere interessi paralleli.
Gli sviluppi della vicenda giudiziaria legata a Telecom potrebbero comportare conseguenze rilevanti in settori notevolmente più importanti del calcio, gli equilibri politici sono labili (ricordiamo che Calciopoli nasce poco dopo l’esito elettorale favorevole allo schieramento politico fortemente sponsorizzato dai vertici di Confindustria e dai giornali del gruppo Rcs, fondamentali nella preparazione mediatica dell’evento) e potrebbero mutare da un momento all’altro.
Dall’esito di queste vicende dipenderà il futuro della Juventus e, più in generale, dell’Italia. Solo eventi clamorosi e al momento difficili da prevedere potrebbero liberare la Juventus da una proprietà ormai sfiduciata. A meno che a Bruxelles, una corte di giustizia libera e indipendente non dia ragione a un manipolo di irriducibili tifosi e piccoli azionisti che, soli, hanno mantenuto la promessa di difendere la loro amata squadra sino in fondo…