Del Neri e Marotta: la pagliuzza e la trave

marottaL’autostrada percorsa è stata la stessa. Insieme sono sbucati a Vinovo, come fossero gemellini usciti dallo stesso ventre doriano. Anche la conferenza stampa della loro presentazione a Vinovo è stata unica, quasi a sottintendere il legame esistente fra l’allora nuovo direttore generale Marotta e l'altrettanto nuovo allenatore Del Neri. Entrambi reduci dalla conquista, con la Sampdoria, di un quarto posto valevole per l’accesso ai preliminari di Champions, che a qualcuno sembrava un buon viatico per aprire un nuovo ciclo a Torino sponda Juventus, in un club reduce da una stagione fallimentare. A distanza di quasi un anno molto è cambiato in casa Juve, ma i risultati sono rimasti gli stessi, nella migliore tradizione di certe mosse gattopardesche, visto l'epilogo. Nuovi dirigenti e tanti nuovi giocatori come fossero fustini comprati nei discount. Che la squadra fosse votata a un nuovo fallimento lo abbiamo scritto in tutte le salse su questo sito già alla chiusura del calciomercato estivo. Qualcuno di noi ha parlato di "discarica", io personalmente ho "acceso un cero", ma la consapevolezza comune era quella comunque di trovarci di fronte a un’incompiuta. Una squadra costruita più cercando la quantità che la qualità, con le conseguenze che poi abbiamo visto sul campo.

La pagliuzza. La mancanza di personalità della squadra è emersa specie contro “le piccole”, mentre contro “le grandi” è risultato spesso vincente il gioco di rimessa, un classico per chi affronta un avversario più forte. Del Neri non è insomma riuscito a plasmare la squadra che è stata ricostruita partendo dalle fasce, perché lì avrebbe dovuto stare la forza del 4-4-2 delneriano. Senza infierire con nomi e cognomi, sappiamo bene che chi è stato schierato in quei ruoli è risultato troppo spesso inadeguato alla bisogna, risultato di una campagna acquisti che è sembrata procedere secondo la logica di un tanto al chilo. Ma il discorso si allarga a una rosa apparsa qualitativamente inadeguata sia dal punto di vista tecnico che caratteriale. Poi ci stanno gli errori dell’allenatore, su questo o quel cambio, sulle scelte comunque opinabili prerogativa del tecnico, ma il vero problema è sempre stato quello di una rosa oggettivamente fra il mediocre e il discreto. Ecco perché prendersela oggi con Del Neri, farne il capro espiatorio, definirlo “indifendibile”, è comodo, ma corre il rischio di essere anche parecchio ipocrita.

La trave. Le responsabilità vanno cercate altrove, in chi la squadra l’ha costruita mettendo fra l’altro la mano sul fuoco riguardo alla scelta dell’allenatore. Ci si domanda come possano dei semplici tifosi analizzare adeguatamente una campagna acquisti, cogliendone i rischi se rapportati al raggiungimento di un obiettivo quale il più volte sbandierato piazzamento utile a partecipare alla prossima Champions League, e come mai questa analisi non sia stata compiuta invece da chi questo lavoro lo fa di mestiere per prevenire quelli che sul campo si sono poi dimostrati errori letali. Incompetenza? Superficialità? Non ho la risposta, ma ci sarebbero tante domande da rivolgere a Marotta. Se mai veramente riteneva la rosa bianconera adeguata i risultati del campo gli darebbero dell’incompetente, ma se così non stavano le cose avrebbe avuto il dovere di far presente al presidente il fondato rischio di ripetere, a livello di risultati sportivi, la stagione appena conclusa. E non vale nemmeno la scusa delle poche risorse economiche disponibili, perché quel poco che aveva a disposizione l'ha sprecato.

La prossima mossa di Andrea. Siamo stati costretti ad assistere a un teatrino tenuto in piedi da attori che si sono rivelati mediocri sia in campo che fuori. Il tutto avvolto, in quest'ultimo periodo, nel silenzio assordante del presidente Andrea Agnelli, stretto nella morsa di una forzata condivisione fra i tempi e le promesse del cugino, in nome dell’azionista Exor, e le improbabili mosse del suo direttore generale. Andrea Agnelli sa che la Juventus è un’altra cosa rispetto a quella data in pasto ai tifosi anche quest’anno e che per rilanciare questa Juventus serve la fiducia di tutti, azionisti compresi. Chi affiderebbe oggi carta bianca a un Blanc o un Marotta? Ci si domanda semmai come mai non siano prima di tutto loro a pagare dopo i propri fallimenti sportivi e perché invece non si trovi di meglio da fare che non cambiare allenatori in serie. Come se sperperare centinaia di milioni fosse meno grave di scegliere chi mandare in campo fra Motta e Grygera. Umberto Agnelli, nel 1994, all'alba di una grande Juventus, ebbe la forza di dimissionare Boniperti e Trapattoni chiamando Bettega, Giraudo e Moggi, alla guida della società che di lì a due anni avrebbe vinto Champions League e Coppa Intercontinentale. E se serve ogni tanto voltarsi indietro a rileggere le lezioni della storia, allora Andrea abbia il coraggio, la forza e la consapevolezza di azzerare i ruoli dirigenziali occupati dai maggiori responsabili dei campionati disastrosi di questi ultimi anni. Poi deve venire tutto il resto. Serve poter contare su grandi dirigenti, innanzitutto di sua fiducia, prima di un grande allenatore per rilanciare la società. La credibilità della Juventus che verrà, rispetto al calcio giocato, passa prima di tutto dalla possibilità di fare queste scelte o motivando il perché non si fanno. Questo è il momento per le decisioni forti, questo è il momento di un presidente vero!