BATTIBECK! La fede è sempre buona

battibeckTORNI LA JUVE.
Caro Battitore,
credo sia doveroso spendere queste poche righe per parlare finalmente dei nostri veri eroi, troppo ingiustamente trascurati a scopo Calciopoli: i mutandati protagonisti di questa stupenda annata da serie B. Due anni scarsi con il mite Ranieri come parafulmine di tutti i loro errori avrebbero infiacchito anche Montero, Davids e Ravanelli. Pure Ferrara, ti ho detto tutto. Certo, i nostri mutandati si sono dati da fare per andare ben oltre.
Hai voglia a riparare a questo scempio: mi chiedo già quanto potrà durare un nuovo Progetto. Vincere il prossimo anno con un tale fardello di minusvalenze è impresa titanica, da 200 milioni: bisognerebbe metterne dentro almeno sei. E a rifare mezza squadra, non ci becchi mai.
Tre quest'anno magari, e tre l'anno prossimo, mi sembra una prospettiva realista. Ai tempi di Andrade-Almiron-Tiago, chiamavo Lucio-Mascherano-Iaquinta. Oggi stiamo messi forse peggio. Marotta, nella sua carriera, ha fatto miracoli in uscita: ha venduto a suon di miliardi Pelizzoli alla Roma e Taibi addirittura al Man U, due che in uscita - alta e bassa - non erano proprio dei fenomeni. Non ne farei perciò l'advisor per vendere Buffon - con una difesa da rifondare, preziosissimo - ma per scaricare il grosso (minuscolo e maiuscolo) degli acquisti blanconeri. Punti fermi? Buffon, Chiellini, Marchisio, Iaquinta. Sul resto si lavori: è più facile vendere Sissoko che Melo, ma ci aspettiamo che la Juve di Andrea faccia anche le cose difficili. Sfidiamo la crisi: voglio vederne a pacchi di brasiliani a svernare in Grecia e Turchia, pagati milioni di milioni. La prima cosa che voglio vedere? Il presidente del Fenerbahce a Torino, che torna nel Bosforo contento senza contanti. Fosforo, ecco quello che voglio.
Non si prescinde dai tre campioni, e campioni veri. Non si prescinde da una guida forte in panchina, e forte davvero.
Il pregio di Benitez è che è nelle condizioni migliori per portarsi appresso un paio dei suddetti campioni. C'è chi esprime dubbi su un allenatore straniero: non mi sento di condividerli. Torni la Juve: basta sentire argomenti di tale provinciale pochezza. Lascia stare l'Inter, e guarda il Bayern, ad esempio: senza Champions, portò a casa Ribéry. Tra lo scetticismo di tutti, ha dato le chiavi dell'Audi a Van Gaal. E se tutto va male, Robben me lo compro, anche se è quasi già settembre. E neanche si infortuna. Bada bene, anche Mourinho ha avuto tanta fortuna con gli infortuni. Non si prescinde neanche da questo.
A italiani stiamo già messi bene, non a caso comandiamo la delegazione sudafricana. Scegliamo bene le truppe mercenarie ora. Hai detto Ibra? Hai detto bene.


AVANTI TUTTA (MA NON TUTTI)
Carissimo,
sarà che siamo agli sgoccioli, sarà che una stagione così non poteva non fiaccarci, ma questa volta mi hai emozionato. Lo dico sul serio. Dalle righe non sgorga rancore: affiora amore, finalmente. Amore per la società, che rimane, comunque, la bilancia di tutti, e di tutto. Juventus Football Club. Non c’è Calciopoli che possa rigarne il fascino (al massimo, la classifica). L’hai capito, e ne sono felice. Tutti noi non vediamo l’ora di tornare «contanti»: che contano. In assenza dei participi futuri, evviva i participi presenti. Neppure io ho riserve verso un allenatore straniero. Sai come la penso: non importa il colore del gatto, purché acchiappi i topi. Benitez o chi per lui. A patto che ci sia un disegno. Non oso chiamarlo «progetto»: porta iella, come Grande Slam (l’ho scritto apposta...).
Mi piace Giuseppe Marotta, mi dispiace per Roberto Bettega. Era il terzo della Triade, credo che smaniasse dalla voglia di mettersi in proprio e di essere pesato al netto di Antonio e Luciano. Il momento, magari, non era il più propizio. Ci ha provato, per amore, gli è andata male. Succede. Lo stesso dicasi per Alessio Secco: immagino che qualcuno gli abbia suggerito che nessuno nasce imparato. Mi auguro che Andrea Agnelli sia un presidente «effettivo» e non, esclusivamente, «affettivo». Abbiamo bisogno di scelte chiare, ancorché dolorose. Serve il bisturi, non un temperino. Urgono idee. A essere sinceri, noto troppa polvere attorno al nuovo allenatore: spero che non sia polvere da sparo.
Terzi, secondi, settimi. Un anno buttato, inutile fingere che così non sia. Fai bene a porre l’accento sugli infortunati. Credo nel destino, ma non al punto che la sua curiosità si spinga fino a occuparsi dei muscoli di un Camoranesi o di un Sissoko. La fortuna dei nuovi è che, peggio di così, non potranno fare. «Torni la Juve», scrivi. Avanti tutta, allora: ma non tutti, per l’amor di Dio. Forza Andrea. Uno dei problemi cruciali riguarda il racconto e la diffusione della nostra storia, non tanto all’esterno, quanto all’interno: dai dirigenti ai giocatori. Non si indossa «quella» maglia come se fosse una maglia: la si indossa perché è «la» maglia. La pietra di paragone, l’estasi di mezza Italia e il tormento per l’altra mezza. Se penso all’incazzatura di Mourinho quando in estate Lippi pronosticò «Juventus», il cuore mi si gonfia di passione. Ma ci pensi: una pirlata qualsiasi, e uno dei migliori tecnici del mondo perde la testa. Perché la Juventus è la Juventus: se la fuggi, ti insegue; se la insegui, ti fugge (un po’ troppo, a volte).
Faremo l’Europa League, noi che siamo l’unica società ad aver conquistato un trofeo europeo (la Coppa Uefa) con una squadra tutta italiana. Non mi vergogno. Ogni cinquant’anni ci capita di perdere dalle 14 alle 15 partite a campionato. E poi i Mondiali, certo: Dunga ha scelto Felipe Melo e bocciato Ronaldinho & Pato. Lippi ne ha pre-allertati otto, di juventini. Come direbbe Mughini, il sogno continua. E con il sogno, l’utopia e l’eresìa. Siamo nati per dividere, per essere sempre, comunque, il filo che lega i sentimenti alle ambizioni: di tutti.
Almeno in questi casi, la fede è sempre «buona». Carissimo, il tempo stringe. Mi associo al tuo invito, alla tua preghiera, alla tua supplica: «torni la Juve». Contante, anche se i contanti non guastano.
Il Battitore Libero

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