Lo Juventino del decennio

juventusE' vero: tecnicamente non è stata affatto la fine della decade dei "noughties", degli anni zero, c'è almeno un altro anno da aspettare, nonostante tutti i grandi quotidiani abbiano compilato classifiche cercando lo spirito di un decennio, tra i più difficili da catturare. Non faremo eccezione, per una volta. Perché, se non altro, come juventini, speriamo sia la fine di qualcosa, ossia dell'interregno della Newventus.
Il minimo storico raggiunto dalla Juve con la sconfitta casalinga con il Catania, in singolare concomitanza con la fine dell'anno solare, rende il periodo particolarmente adatto a guardarsi indietro con orgoglio anziché avanti con timore. E allora, in redazione ci siamo cimentati con un giochino. Lo juventino più juventino nel decennio più difficile di sempre per uno juventino. Il decennio di Calciopoli. Di seguito le risposte dei redattori.

DEL PIERO (Huskylover) - 27 gennaio 2003: è Juventus-Piacenza, ma non conta, è la prima partita della Juve senza l’Avvocato, spentosi due giorni prima. Ed era stato proprio lui a soprannominare Pinturicchio quell’artista del pallone che con le sue veroniche, i suoi assist, i suoi dribbling, le sue punizioni e i suoi goal impossibili ha regalato schegge di felicità a lui e a tutti noi che amiamo la Juve. E anche quel giorno Alex Del Piero, il Pinturicchio in bianconero, regala la sua magìa: spiove il pallone, potrebbe stopparlo, ma non lo fa, allunga la gamba destra e colpisce al volo con l’esterno della scarpa, la palla dentro la porta è l'ennesima perla in cui risplende l'istinto del campione. Un campione anche nel temperamento: serio e laborioso, com’è tradizione di quel Veneto da cui proviene, determinato nel riprendersi dopo un grave infortunio, disciplinato quando gli tocca sperimentare la panchina, fedele quando la Juve assaggia la B, anche se lui, in quei due campionati, sul campo, aveva segnato 26 reti, tutte buone e tutte sue.

TU (Drago di Cheb) - L'evento del millennio per gli antijuventini? Semplice, la retrocessione della Juve per un molto supposto illecito sportivo. Bene, allora consentitemi di dire che il titolo di "juventino della decade" lo merita il tifoso bianconero. Mi riferisco a quel tifoso con i pugni in tasca, e con tanta rabbia, che sa bene di essere stato defraudato, derubato, vilipeso e umiliato ingiustamente. Tutto a causa di una lotta intestina alla fu famiglia Agnelli e ad una "macchina spropositata" messa in moto dai soliti ignoti. Nonostante per Churchill: «Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio.», gli juventini hanno deciso di non combattere. Hanno accettato con rispetto ed educazione l'ingiustizia, anche quando furono chiari i mezzi utilizzati per ottenere l'obbiettivo. Non è roba da italiani, è roba da juventini.

TREZEGUET (Pucciogoal87) -
“Trezeguet, Trezeguet, quando gioca segna sempre Trezeguet”. Amo David Trezeguet. Mi assomiglia, David. Gioca come giocavo io, David. Tocca pochi palloni, David. Gioca benissimo senza palla, David. Si trova quasi sempre nel punto giusto al momento giusto, David. Segna tanto, David. Segna di destro, di sinistro e di testa, David. Ha bisogno della squadra, David. Non è bravo a dribblare, David. Non e’ un rigorista, ma non si tira indietro, David. E’ altruista, David. Segna goal di rara bellezza, David. Segna goal decisivi, David. Gioca nella Juventus dal 2000, David. Ha giocato 309 partite con la maglia bianconera, David. Ha segnato 169 goal per la Juve, David. E’ il centravanti straniero più prolifico della storia della Juventus, David. Sopporta critiche ingenerose, David. E’ un pezzo della vera Juventus, David. Sarà Juventino a vita, David. Lo chiamano Re, David. E’ il mio Juventino del decennio, David Trezeguet.

BUFFON (TheBest) -
"Gigi Buffon, salta con noi!". A me piaceva Zoff! Asciutto, serio, poche parole. Essenziale nello stile e nei movimenti: se necessario, respingeva di piede, di gomito. Tuffi spettacolari? Pochi, pochissimi: se sei già nel posto giusto, non ti servono. Niente fronzoli, nessuna concessione allo spettacolo. La vita privata? Privata, appunto. Gigi è l'opposto: teatrale, sempre pronto ad interviste, risate ed esternazioni. Sempre disposto ad interagire col pubblico: un ultrà in porta. Tuffi, voli spettacolari? Tutto il repertorio. Ma anche l'unico di quasi due metri in grado di muoversi tra i pali con la stessa esplosività di un Peruzzi (1,80 x 90 kg, circa). L'unico tra i numeri uno attuali a dare alla difesa una sensazione di sicurezza assoluta. Nell'ordinaria amministrazione, come nelle parate impossibili per gli umani. Che ci sia da giocare in Champions League contro il Real Madrid, o contro il Crotone in un insensato e immotivato campionato di serie B. Già, perché lui, a differenza di altri, è rimasto e s'è fatto pure quella, e per di più da fresco campione del mondo e da Numero Uno dei numeri uno. E gli è probabilmente costato un Pallone d'Oro, finito poi a Cannavaro, giusto perché a Parigi ritennero che non fosse carino darlo ad uno che giocava in serie B. Parla troppo? Ride troppo? Può darsi, ma... quanti punti vale ogni anno?

LIPPI (Furino1945) -
Marcello Lippi. Non per i due scudetti dopo il suo ritorno alla Juve, ma per i Mondiali del 2006: perché non li ha vinti l'Italia, un paese che non c'è, ma li ha vinti la Juventus, la voglia di battersi contro tutto e contro tutti, la capacità di fare gruppo, il sogno di una vittoria che coinvolge tanti e diventa realtà. Quella, per noi juventini, fu un'estate maledetta, da far attorcigliare le budella, un'estate che non dimenticheremo mai. Non dimenticheremo mai cosa hanno fatto a Torino, a Milano e Roma per sfregiare a morte la società più amata in Italia, ma io ricorderò per sempre anche come si sono comportati in quei Mondiali i nostri calciatori, quanta Juventus c'era in quella finale. Sarà forse che continuo a sperare in un giudice a Berlino, ma ho negli occhi quella notte di Berlino: con tanta Juventus e Marcello Lippi.

NEDVED (Clau71) - Pavel Nedved, il trascinatore. Perché quando giocava nella Lazio ci faceva sempre gol e chi lo comprò disse: "Lo abbiamo preso così almeno non ci farà più del male". Perché di lui ti potevi fidare sempre, la sua maglia non finiva mai la partita asciutta. Perché, nonostante il rammarico per quella maledetta finale sfumata, l'ultima memorabile Juve europea a quella partita la trascinò lui. Perché quando sprintava su quella fascia gli avversari arrancavano, e quando si accentrava e preparava il tiro, non importa con quale piede, il pubblico tratteneva il fiato per poi, molto spesso, liberare gioia (i suoi tifosi) o frustrazione (gli avversari). Perché fu l'unico a non dubitare di rimanere nel momento più brutto. Perché nonostante qualcuno lo abbia offeso trattandolo come un ferro vecchio, non ha ceduto alla voglia di rivalsa e ai soldi che il nemico di sempre gli avrebbe garantito. Perché sempre questo qualcuno ne voleva opportunisticamente sfruttare l'icona ma lui ha saputo rispondere "No, grazie". Perché parlava poco e lavorava tanto. Ed è la cosa che mi manca di più.

CAMORANESI (Rinasco Bianconero) - Camoranesi, perché mi piace da matti vederlo giocare. Forse sprecato sulla fascia per la sua visione di gioco, ma nella Juventus della Triade rimaneva libero solo quel posto e lui lo ha ricoperto egregiamente e, nonostante la competenza di mercato, a nessuno è mai venuto in mente di sostituirlo, o per lo meno nessuno lo ha mai fatto. L'imprevedibilità di Camoranesi corrisponde alla garanzia di veder giocare un calcio di qualità: il controllo di palla, sullo stretto e in velocità, lo ha aiutato a diventare l'esterno destro titolare anche in Nazionale, alla faccia degli italiani purosangue. Camoranesi mi ha fatto divertire, non come Platini, non come Zidane, ma sicuramente molto di più di tanti altri. Giocatore tosto, a volte duro ma mai scorretto, competitivo fino alla fine, peccato che tra poco dovrà smettere di divertirsi e di divertirci. Grazie di tutto Mauro.

DAVIDS (Thexfactor) - Edgar Davids, perché quando militava nella squadra di Milano che vinceva gli scudetti sul campo era considerato una mela marcia e quando ci ha raggiunto ha fatto rosicare Galliani per sette anni; perché quando è arrivato da noi ho pensato che gli olandesi andassero bene solo al Milan, cazzo quanto mi sono sbagliato; perché l'ormai ex ragazzo di Paramaribo incarna quello spirito juventino che l'attuale squadra non è capace di esprimere; perché - perché no? - contro di noi nella finale di Roma del 1996 è riuscito a sbagliare un calcio di rigore; perché quando è passato alla seconda squadra di Milano che vince gli scudetti in segreteria non ha mai detto di esserne tifoso fin da bambino; perché Preziosi era convinto di averlo acquistato nel 2008 e lo sta aspettando ancora adesso.
Lo adoro perché è la dimostrazione più evidente che quando hai un DS che capisce di calcio acquista lui per sette miliardi, mentre quando hai un DS come Secco acquista Melo, Poulsen, Tiago pagandoli uno sproposito...

ZIDANE (Agedsigh) -
Zinedine Zidane, campionissimo ex post. Perché ex post? Perché quando arrivò alla Juve, non mi piaceva. Alto, goffo, con quei capelli (pochi) un po' così...Nulla a che vedere con le Roi Michel, elegante, persin bello... E, soprattutto, in arrivo da una squadretta (il Bordeaux) che arrancava nelle parti basse del campionato francese, seppur consigliato dallo stesso Michel Platini. Epperò in pochi mesi il francese d'adozione ci mostrò subito di che pasta era fatto: assist deliziosi, veroniche, gol da antologia, una festa per gli occhi degli appassionati di calcio. Ma ancora non sembrava un "crack". L'Avvocato, fine intenditore, lo giudicava "più bello che utile". Anche se Berlusconi, altro intenditore (seppur molto meno fine) ce lo invidiava. Un altro che stravedeva per Zizou era Giampiero Mughini, lo ricordo in un esilarante duetto televisivo con Carletto Ancelotti, fresco allenatore della Juve, preoccuparsi che Zinedine non venisse ceduto. E invece, complice una valigia piena di dollari, Zidane, desideroso lui e la moglie di trasferirsi al mare, prese la strada dorata di Madrid, sponda Real.E fu alla corte delle merengues che Zizou mantenne tutte le promesse di campione assoluto, con le vittorie, le giocate e i gol "pesanti". Ecco perché, ex post, per me Zinedine Zidane è il giocatore e lo juventino del decennio. Qualche autorevole commentatore sportivo sostiene che gli dei del Calcio, all'addio di Zizou, abbiano aggrottato le sopracciglia, e disposto, quale nemesi sportiva, l'annullamento degli ultimi due campionati vinti dalla Juve.

BIRINDELLI (Trillo) - Alessandro Birindelli, il Biro. Dare il massimo, pensare solo al gruppo, dannarsi per il gruppo. Serietà e totale abnegazione prima di tutto e tutti; poi, solo poi, al limite, anche se mai una volta in undici stagioni, se stesso. Incarnare l'essenza della Juve è tutto questo, prima ancora del saper parlare alla palla e incantarla come Gesù con gli apostoli. Zidane, Nedved, Buffon, Del Piero, Trezeguet: bella forza. Ma mica basta, il talento fuori norma, sennò di juventini veri sarebbero piene le fosse. Il più forte, se vi va, sceglietelo pure tra questi. Ma se devo scegliere lo juventino - non il più forte: lo juventino - del decennio, in un momento come questo poi, del talento me ne frego. Da "inferiore", se permettete, il Biro ci portò a Manchester nel momento più delicato di quella Coppa edizione 2002/2003; fregava 'n cazzo, al Biro, se la fascia che stava azzannando per tracciare la rotta a Zalayeta - un altro "inferiore" come lui - era quella del Camp Nou, davanti a centomila catalani con la puzzetta sotto il naso; sempre il Biro, da "inferiore", a Manchester il rigore andò a calciarlo. E lo segnò. Il Biro, dopo undici anni di una storia così, non ebbe neppure la soddisfazione di entrare in campo l'ultima volta per salutare i suoi tifosi, i tifosi di una società che adorava e alla quale aveva dato tutto ciò che era stato in grado di dare, sempre e comunque. L'allenatore gli preferì Castiglia, un primavera, e lui non fiatò. Perché essere juventini dentro non è roba riservata solo a chi sa crossare, anzi. E, comunque, quella notte lui al Camp Nou crossò. Eccome se crossò.

FERRARA (Paul McCartney) -
E non è uno scherzo. Negli ultimi sei mesi gli è stato detto di tutto, ma basta andare un po' indietro con la memoria per rendersi subito conto dell'eccezionalità del personaggio. Una data su tutte, il 15 maggio 2005, quando in occasione di Juventus - Parma fabio Capello gli fa toccare quota 500 presenze in serie A, divise piuttosto equamente tra Juventus e Napoli, in quella che sarà l'ultima partita della sua carriera. Conclusa con la bellezza di 8 scudetti vinti, 6 dei quali con la maglia a strisce bianconere e ben 3 in questa decade. Perché nonostante Calciopoli per lui "So' 8". Peccato, avrebbe potuto fare 9 con un anno di pazienza in più, ma tanto gli è servito per per togliersi un'altra soddisfazione, far parte della Nazio-Juve che ha vinto il Mondiale del 2006, seppur da collaboratore. E anche da allenatore, prima che la squadra gli sfuggisse di mano, un paio di buone partite ce le ha regalate, come il 2 a 1 all'Inter, il 2 a 2 col Genoa e, soprattutto, il 5 a 1 con la Sampdoria. Certo un po' poco per un allenatore della Juventus, ma stiamo parlando degli ultimi sei mesi. E non lasciamo che questi ultimi rovinino il ricordo di 10 anni di vittorie. In fin dei conti il buon Ciro forse ha fatto solo due grossi errori: il primo è stato quello di accettare un incarico più grosso di lui, e per il quale non era adeguatamente preparato, sedendosi sulla panchina della sua Juventus, il secondo fare quella maledetta pubblicità della Danette.

BETTEGA (Inunmondoche) - Che decade. Il dominio bianconero della prima metà: scudetti, cinquemaggi, galactici affondati, campioni su campioni a vestire la nostra maglia. Arrivano Pavel, Thuram, Buffon, Ibra, Cannavaro, Emerson. Il declino bianconero della seconda metà: Calciopoli, serie b, sconfitte con le provinciali, mediocri su mediocri a vestire la nostra maglia. Arrivano Boumsong, Tiago, Almiron, Andrade, Poulsen, Grygera. Eppure lo juventino della decade deve essere passato in mezzo anche a questo, con dignità e amore per la Juventus. Roberto Beccantini scriveva dopo Calciopoli: "Juve ti amo lo stesso". Ti amo lo stesso, nonostante Calciopoli, nonostante le presunte malefatte della Triade. Ecco io cerco invece uno che, come noi, pur professando la piena legittimità delle nostre vittorie, sia riuscito "lo stesso" ad amare la Juve, a sostenere anche questa qui, misera-misera, frutto di un'occupazione.
E non può che venirmi alla mente Roberto Bettega, tornato ieri, che compie il gesto d'amore folle, e per certi versi imperdonabile, di aiutare la Juve, questa Juve qui, che ha addirittura denunciato la gestione precedente, di cui lui ha fatto orgogliosamente parte. Perché? Perché - io penso lui pensi - la Juve non può più essere questa Juve qua, senza che lui muova un dito. Non ce la fa. Non è uno di quelli che, se il mister lo lascia in panchina, nasconde il volto nella giacca a vento e, furioso, gufa. Non ce la fa, Roberto, a compiacersi del fatto che ai "suoi" tempi si vincesse, e con questi fenomeni si fanno solo figuracce. E c'è una ragione, certo, ma a lui non interessa avere ragione. Sono sicuro che sia così: glielo si legge negli occhi che lui ama la Juve, e solo la Juve, davvero.