Il libro del mese

Envy Redyellow, Mestiere ingrato il mio, Mazziato Editore, Roma, 2014, euro 15.


L'autore, un inglese trapiantato nella capitale da oltre venti anni, narra in forma di diario la fatidica giornata in cui, come inviato dalla redazione sportiva del suo giornale, seguì la squadra del cuore che, in trasferta in un'odiata città del nord, davanti ai suoi occhi perse la partita più sentita per tre a zero.

Strabiliante l'introspezione psicologica di se stesso, raccontato in terza persona, come traspare da innumerevoli passi dell'opera,  ad esempio questo: "... Per tutto il viaggio di ritorno guardò e riguardò al tablet gli highlights della funesta partita, passandoli al MoviolApp, il costosissimo software donatogli per Natale dal Caporedattore, a velocità normale e al ralenty ... Niente, tutto sembrava regolare e non trovava neppure situazioni ambigue su cui speculare o inerpicarsi. Di taroccamenti non ne voleva sentir parlare, essendo tra l'altro poco esperto di tecnologia informatica. Tutto ciò, per la passione che metteva nel suo lavoro, lo feriva più profondamente della stessa sonora sconfitta ... "

La progressione del narrato si sviluppa in frenetico sincrono con il film del mutante paesaggio e la velocità del treno che lo riporta a casa, agli affetti familiari, rifugio di ogni delusione: "Buttò giù in fretta la cronaca e il commento della partita; da quelle righe traspariva il desiderio di arrivare in fondo per non doverci pensare più. Era una giornata da cancellare al più presto e si sentì sollevato solo quando, fatte le ultime correzioni al pezzo, pigiò il tasto Invio che consegnava alla pagina del giornale tutto il suo turbamento. Il paesaggio fuori ed il treno che lo trasportava di colpo riprendevano la loro andatura reale ..."

Ciò che colpisce di più di questo autore è la scomparsa di ogni traccia delle sue origini anglosassoni, il libro sembra scritto da un nativo del luogo di residenza, che mai nella sua vita ebbe a spingersi fino a Calais, attraversare il canale della Manica ed attraccare tra le bianche scogliere di Dover.

L'unico spunto, tenue, di humour britannico può cogliersi da parte di un lettore attento solo nelle righe finali dell'opera: "L'ascensore che lo riportava al suo nido familiare saliva lentamente all'attico del decimo piano e, piano dopo piano, egli si ripeteva che la sofferenza di quella giornata mai avrebbe dovuto inquinare la serenità di quel posto sacro. Se lo ripetè un'ultima volta prima di aprire la porta d'ingresso e richiuderla dietro di sé. Quella sera si limitò a picchiare la moglie e i figli."