Calcio italiano allo sfascio

vomitevoleSolo due settimane fa il calcio italiano si fermava per commemorare lo sfortunato Morosini.
Tante belle parole, tanti bei gesti e tante iniziative a sostegno della causa nobile dello sfortunato ragazzo e della sorella.
Cosa ha portato a tanta sensibilità?
L’auspicio che le cose potessero cambiare?
La speranza di lavarsi la coscienza o di distogliere l’attenzione dalle responsabilità di chi gestisce il circo?
E’ servito a qualcosa far sfoggio di ipocrisia e sospendere la giornata di campionato?
Povero calcio, ormai specchio di un paese (minuscolo doveroso) che fa pena a se stesso, ma non si vergogna più di niente.
Un calcio allo sfascio gestito da un presidente che parla troppo ma non dice nulla, un calcio dilaniato dalle polemiche di chi non accetta mai di perdere, e se perde è colpa dell’avversario ladro e farabutto.
Un calcio nel quale, ad appena una settimana dalla tragedia di Morosini, succede quello che è successo a Genova fra i rossoblù e i loro tifosi.
Un calcio che obbliga Totti ad ascoltare i suoi tifosi imbufaliti, tifosi che nel giro di tre giorni e 180 minuti di gioco sono passati dal supporto incondizionato verso l’uomo Luis Enrique alla contestazione plateale alla squadra, al tecnico e alla società.
Lo stesso calcio ieri sera ha mostrato un altro volto (il peggiore, forse) con le risse da Far West consumatesi a Udine soprattutto per colpa di dirigenti esagitati, con un presidente (sconfitto) che manda bellamente affanculo un bambino che lo stava sfottendo.
Questo calcio ha perso il senso della realtà, viviamo una dimensione fittizia e distorta in cui persino la società presieduta dall’ex presidente del Consiglio - nonché proprietario di tv e giornali - riesce a lamentarsi per la “strategia mediatica” attuata dalla rivale che la sta mazzolando di brutto sul campo.
Che coraggio, gente.
E mi vergogno e mi sorge un misto di ammirazione e invidia se penso a come sarebbe bello copiare anche in questo il Barcellona. Perché un club reduce dalla settimana sportivamente più brutta e triste del suo recente passato ha liquidato le recenti (e soprattutto cocenti) sconfitte e l’abbandono del suo condottiero con un ringraziamento (ricambiato) ai propri tifosi.
I catalani hanno accettato il risultato del campo senza aggrapparsi ad alibi che il rivale storico avrebbe certamente cavalcato, come puntualmente ha fatto in passato per giustificare le numerose (e fragorose) cadute.
Il problema è che questo qualcuno è passato da noi e, se quanto a mancanza di cultura sportiva ci ha messo del suo, non si può negare che costui abbia assimilato i peggiori vizi che il nostro sciagurato movimento poteva offrirgli.
Il nostro è un calcio di ruffiani, ipocriti e opportunisti; e poi ci lamentiamo perché i risultati non arrivano, il ranking UEFA è un pianto, gli investitori scappano o se la passano male (vero, Di Benedetto?) e i campioni non vedono più l’Italia come l’approdo più ambito.
E non è solo questione di ingaggi.
E’ questione di regole e di senso di responsabilità: invece siamo qui ad attendere l’ennesima infrazione alle regole e alla regolarità del torneo.
Che avverrà già mercoledì prossimo, quando lo scontro salvezza fra Genoa e Cagliari si giocherà a Marassi a porte chiuse (ma non sarebbe stato più saggio spostare il match altrove?) alle ore 15:00 (mentre il Lecce giocherà di sera conoscendo già il risultato delle rivali), proprio per motivi di ordine pubblico (leggasi: timore di rappresaglie da parte dei responsabili dei fatti di domenica scorsa).
E’ la vittoria del caos su istituzioni deboli e gestite da incapaci, ma nessuno di questi signori ha il coraggio di dimettersi.
Che schifo.

AGGIORNAMENTO (n.d.r.): Per fortuna poi, su iniziativa delle due società, Genoa - Cagliari è stata spostata a Brescia, la sera, in contemporanea con Juve - Lecce.