Lettera aperta alla Gazzetta dello sport

cessoCaro Direttore,
ho letto sull'edizione di lunedì scorso che il Milan sarebbe in testa al campionato di serie A in virtù dei suoi supposti 60 punti, a fronte dei presunti 56 collezionati dalla Juventus nello stesso periodo. Nulla di più corretto, sempre che si voglia considerare come metro di insindacabile giudizio al fine della compilazione della classifica quel modello matematico di base secondo il quale, in genere, ad un determinato risultato corrisponde un determinato punteggio e la somma dei punteggi forma la graduatoria finale nella quale, per convenzione, la posizione occupata in ordine di importanza è inversamente proporzionale al valore assoluto del punteggio. Mi spiego: chi ha il maggior numero di punti (esempio: 78) viene classificato con il numero intero superiore a zero più basso (esempio: primo, cioè numero 1); chi ha un numero di punti un po' più basso (esempio: 67) viene classificato con il numero intero immediatamente successivo (esempio: secondo, cioè numero 2); e così via.
Il punto però non è a mio parere questo, perché naturalmente non ho mai posto in dubbio che sia stato Jenson Button ad aggiudicarsi la prima prova della stagione di F1 in Australia. Il mio punto (di vista) attiene infatti - e invece - alla verginità di Jenna Jameson. Che, tenuto conto di certi vhs che vedevo a casa di mio cugino a partire dagli anni '90, l'ha perduta. Almeno credo.
Questa conclusione mi pare si possa ricavare dal secondo tempo di Deep inside Jenna e, soprattutto - ed ecco motivata la mia forma dubitativa espressa con quel "almeno credo" - dal godibilissimo Tons of Cum 18. Ma, nel caso di quest'ultimo, un po' da tutta la serie, devo dire.
Conclusione ne è che, esclusivamente ai fini della verginità, non può dirsi che la signora Jameson l'abbia mantenuta, mentre deve senz'altro affermarsi che essa mi abbia provocato in quegli anni infiammazioni anche gravi, oltre a una certa progressione della miopia.
E' lontanissima da me ogni volontà polemica: Le ho scritto solo perché non vorrei si pensasse che io mi sia fatto, o peggio mi faccia tuttora, un sacco di seghe mentali.