Il più grande spettacolo dopo Zidane siamo noi /19

tifosiIl romanzo amico delle nostre vite

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.

Aggrega per epifania. A un incrocio regolato da vigile urbano, il Rozzangelo apprende da un DJ che si consente l'impudicizia di chiamarlo fratello che la canzone preferita di Javier Zanetti è "Two Princes", vale a dire la sua canzone preferita, quella con cui tanto tempo fa sognava di scappare lontano lontano. Lontano dai vigili. Yeeeaaaeeah, dibidibidip dibidibidip badadabadada. Nick Kamen lo guarda fisso, come se gli stesse per offrire una sigaretta, mentre la lama del Gugliotta si appoggia fredda sopra l'orecchio, dove la paura si mescola con il piacere. E' dal barbiere. Prima con l'orecchio destro, poi con il sinistro, l'Angelo accoglie la voce ciottesca del Gugliotta che gli spiega, con parole se non proprio evocative almeno delicate, come sia conquistato dalla bellezza limpida di Paola Cortellesi, e di come il suo essere perbene, simpatica e intelligente la renda, nella sua opinione, ancora più sexy. Paola Cortellesi. La "sua" Paola Cortellesi. E Gugliotta. Quell'animale di Gugliotta. Noto guardone e frequentatore di transessuali, nonché sposato con un cesso.
L'Angelo ha il suo metodo per cestinare: converte il file nel formato di cui sono fatti i sogni. I sognacci. Estensione .boh, chissà se è successo davvero, forse era un sogno. Un sognaccio. E' quell'anestesia spinale che mi ha rovinato. Oggi porta i capelli a mezzo collo, e la patente gliel'hanno ritirata quel giorno lì.

Il Goffredo, però, esiste. E oggi, dovevi saperlo, oggi c'è. Oggi siamo sulla RAI. Il Goffredo ha portato il caffé, e "coglie l'occasione per fermarsi". Ha portato il caffé ai suoi amici gobbi, anzi ha regalato il caffé ai suoi amici gobbi. Perché lui il caffé ai suoi fratelli non lo fa mica pagare. Omaggia. Benefattore e torrefattore. Da generazioni. Sei-mesi-qui-e-sei-in-Brasile, dove senza scrupolo e responsabilità amministra le sue americane piantagioni, ama farsi vanto del suo status ottocentesco di spietato latifondista, apologeta della schiavitù e munifico protettore della milizia privata. Il tutto in eredità dal papà, compreso il cognome che finisce in is. Belloccissimo, veste con stile ma senza cravatta, guida macchine inglesi e si fidanza spesso. Odia Monti, Lula e tutte le persone brutte di aspetto. Conosce il valore dei soldi. In quel senso lì, già. Ama i luoghi comuni su quelli come lui, perché a differenza degli altri, che poi vai a vedere magari neanche evadono le tasse, lui è davvero così. Cattivista. Cinico, non per posa, ma per ideologia. Odia gli americani più dei comunisti e i neri più degli arabi. Non è una caricatura di veterocolonialista, prova a dirglielo e s'incazza. Lui è così. Però ai suoi fratelli juventini vuole tanto bene, e regala il caffè. La Juventus è la sua più grande passione. E dove l'hai mai visto, in tutto il mondo, un bar come il bar poi non così distante da Torino? Un tempio. Peccato che le donne non ci entrino mai, peccato per gli interni da bettola balcanica, peccato per la cagosissima lista dei vini. E peccato che uno come lui non si può mica far vedere al bar durante le partite, che poi la gente pensa che non ha Sky. Il Goffredo c'è solo se la partita è in chiaro. Novanta minuti in compagnia di un popolo di cui un po' si sente parte, nonostante la pervasività di punti neri, peli sul collo, maglioni orrendi e nasi perennemente impegnati col catarro. Ogni tanto, si può. E poi questi sono una miniera di battute da rivendersi.

Il Rozzangelo lo odia. Non sono il latifondo, gli schiavi, il razzismo, e neanche le macchine, le fighe e le giacche della madonna. Tutte cose che l'Angelo avrebbe concesso con magnanimità e simpatia a un qualsiasi cristiano nato povero, affermatosi nella vita attraverso le rapine piuttosto che la ricerca scientifica. E' che il Goffredo ricco ci è nato. E questo per lui è un peccato originale che non si può estinguere. Non è invidia sociale, ma invidia genetica. Eppure, anche lui è juventino, e juventino vero. La pensa come lui su Moggi, su Moratti e sui "politici che dobbiamo mandare a casa". Dice più o meno le stesse cose.
Anche il Bòrciok lo disprezza. In primis (che poi sarebbe il suo cognome, ve lo dico và) perché lo ritiene incapace di fissare il vuoto, condizione minima secondo lui per dimostrare una certa attitudine all'introspezione, senza la quale un uomo non è un uomo. E poi beve pochissimo e ha il naso sempre libero, sintomi di un eccessivo controllo sul proprio corpo, che, sempre secondo lui, ha dell'inumano.
Quanto al Goffredo, lui l'Angelo e il Bòrciok li riconosce solo come indossatori di improbabili giacche a vento.

Idee tattiche. Il Rozzangelo prepara un "Ciao, come stai?" che, grazie a intonazione e prossemica, dovrebbe risultare come un "Non mi ricordo di te e, davvero, ti prego di non ricordarmelo tanto é chiaro che non mi interessa, perché da quel poco che forse, scavando a fondo, mi potrei ricordare, mi stai sul cazzo. Comunque oggi mi sento generoso e ti faccio la grazia di certificare che esisti." Gli viene piuttosto bene, a dire il vero.
C'è che, proprio in quel momento, proprio mentre il Goffredo sta alzando gli occhi dalla sua giacca a vento per puntarli sul suo faccione puntato, varcano la soglia in coppia lo Schizzato e il Dottore, i preferiti del Primis. Che quindi non degna di risposta né di sguardo l'Anghel e si proietta in avanti per abbracci, sorrisi e bons mots, per altro caldamente ricambiati dai due. Il Goffredo aspettava proprio loro, i suoi autori. Lo Schizzato, quello delle battute esilaranti, il Dottore, quello delle arguzie illuminanti. Quanto gli vuole bene a questi due selvaggi, e senza dover patire alcun complesso di inferiorità per giunta, che, forti son forti i selvaggi, ma lui sa essere simpatico in maniera più diretta dello Schizzato e intelligente in maniera più utile del Dottore. Lui è simpatico e intelligente, laddove conta.
Questi due bastardi, comunque, se lo lustrano per bene. "Ti offro un caffè!" gli fa lo Schizzo, e tutti giù a ridere. Il Rozzangelo si sente periferico in quella maniera totalizzante che ti capita solo quando, alla festa-più-bella-del-mondo, tu sei piegato in due al cesso consumato dalla diarrea, mentre fuori rimbombano bassi e risate femminili. E nessuno poi ti chiede dove ti eri cacciato. La periferia, però, è la sua identità e il suo orgoglio. Lotta di classe sarà.

Il Bòrciok ha trovato il modo per non patirlo. Non lo saluta, non lo saluterà. Alla prima che spara, lui risponderà: "Ma non diciamo cazzate!". Dev'essere imponente, definitivo, che non ammetta risposte né spiegazioni. "Ma non diciamo cazzate!" e tutti che annuiscono gravi. La prova e la riprova, perché tra il dire e il dire c'è di mezzo il dire. Non sbagliare gli accenti. Manondiciamo tutto di un fiato, poi vai forte sulla ka. Braccio sì, o braccio no. Braccio no, vai con la testa. Aspetta, aspetta, tende l'orecchio ma ancora niente. Il Goffredo confabula coi suoi due tutto fitto, poi esplodono a ripetizione in risate, pugnetti e sciampate.
Il Bòrciok comincia a schiacciarsi la palpebra per il gusto introspettivo di vedere doppio e prova e riprova un 360 del secondo televisore attorno al primo. Poi chiede: "Ma voi ci credete nel butterfly effect applicato al calcio? Tipo che se io non vedo la partita, allora la partita avrà un esito differente da quello che avrebbe se la vedessi?"
"Ma non diciamo cazzate!"
Era il Rozzangelo.

Entrambi sono comunque risoluti a dargli contro qualsiasi cosa dica. Si parte con gli insulti a quel "frocetto" di Mexès. L'Angelo la pensa uguale, cazzo. Il Borciòk invece, trova "affascinante la frattura tra forma e sostanza, una fichetta con il carattere da duro. Mi piace."
"Ma non diciamo cazzate!"
Poi il Goffredo si butta su Ibra, cui dà dello zingaro, ebreo e mercenario. Ibra, nato povero. Qui l'Angelo non ci sta. Sperano entrambi che Ibra segni. Poi vinciamo due a uno, per carità, ma speriamo che segni. "Ma come cazzo si fa a tifare Juve con uno così vicino?"
Qui le teorie sono quattro, tutte rigorosamente genetiche, che se dovessimo ammettere il fattore ambientale, allora tutta la storia del DNA bianconero sarebbe una storiella per fanatici. No all'evoluzionismo. Qui non dici "pensa se fossi diventato interista", qui dici "pensa se fossi nato interista". La prima è del Rozzangelo. Per lui semplicemente il Goffredo non è juventino. Deve aver capito male. Un po' tipo Ceausescu che non è comunista, e i preti pedofili che non sono preti. Questo genere di teoria. Gli juventini sono buoni. La seconda è del Bòrciok, e come tale, è autolesionista e pervasa dai sensi di colpa. Se il Goffredo è juventino, e lo ammette, allora ci deve essere un male radicale nell'essere juventini. La terza è dei più, e dice che in fondo il Goffredo è meglio di tanti altri, intendendosi con tanti altri tutti quelli che non tifano Juve. La quarta è del Direttore, ma deve essere desunta da questo laconico interrogativo: "Se domani la Juve non esistesse più, voi cosa fareste la domenica?"

Come finisce? Due a uno per noi, con doppietta di Caceres, non segna Ibra. I casi del destino, tutto gira nel verso giusto, quando è l'anno buono è l'anno buono, è la forza del gruppo. E che nessuno salga sul carro, adesso. Tutte goffreddure, a cui però tocca assentire, che vuoi dire di no? Siamo un popolo in cammino. Caceres ha la voce da castrato. Pure questo è vero. Il lavoro di bordocampista è umiliante. Cazzo se è vero. E' come servire un Big Mac a un tuo ex compagno dell'università. Peggio, è come fare il cameriere a una festa Fidelio in cui ci sono tutti i tuoi ex compagni di università. Fammele scrivere. Schizzo, Fidelio o Fidenio? Buono, dai, per oggi basta. Ci vediamo al ritorno. Ciao a tutti. E fattelo un cappottino, roccia, che non ti si può vedere. Cià, cià, cià, cià.

"Dante, però, come cazzo è che non offri mai un caffè?"
"E la macchinetta chi la paga? La lavastoviglie?"
"E lo stronzo chi lo sopporta?"
"Dai, finché si vince..."