La corazzata Mancini è una ...

«Sabato 22 marzo 2008, alle ore 20 e 30, in telecronaca diretta da Milano, Inter-Juventus, valevole per l'undicesima giornata di ritorno del campionato italiano di Serie A, Fabio aveva un programma formidabile: Calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto davanti al televisore, frittatona di cipolle per la quale andava pazzo, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato e rutto libero! »

Ma non è andata proprio così!

Come il ragionier Fantozzi Ugo, un impegno improrogabile, non ha consentito a Fabio di vivere, in pieno tifo da stadio, quel formidabile programma. E allora via agli espedienti. In tempi moderni e con le nuove tecnologie un cellulare con la sola vibrazione in linea diretta con amici e tifosi e un auricolare collegato ad una micro radiolina super professionale, sono diventati gli amici, parenti, compagni di una notte che difficilmente si potrà dimenticare. Tutto studiato, tutto programmato per non poter perdere nella maniera più assoluta una partita che comunque sia non si può considerare come le altre.

Il luogo "sacro" e silenzioso nel quale è stato trascinato Fabio, non poteva consentirgli di vivere quell'evento con la tranquillità dovuta (se mai eventi del genere possono essere vissuti in tranquillità). Il primo tempo scivolava via, con poche emozioni, almeno questo era il racconto che veniva vissuto attraverso la "mitica" radiolina (ad un certo punto a Fabio, sembrava di essere tornato bambino, quando la domenica pomeriggio, "tutto il calcio minuto per minuto" era un compagnio imprescindibile) se non una conclusione del capitano Alex Del Piero, che nella serata pre-pasquale festeggiava il record di presenze (in concomitanza con il compianto Gaetano Scirea) toccando quota 552 gare, che lo faceva sospirare nell'indifferenza generale dei presenti.

Una breve pausa, qualche minuto per ritornare con la testa nel luogo dove era presente, e poi giù, di nuovo nella scala del calcio, immaginando colori, ascoltando cori, vivendo con passione la trasferta "possibile" di quelle maglie. Pochi secondi e un primo brivido, con l'immaginazione quel tiro del "biondo" (così lo chiamava il padre di Fabio) era ancora più bello di quello che le immagini mostravano, parato! Si va avanti.

Ancora qualche minuto e ... Mauro German Camoranesi, colui che aveva ristabilito il risultato all'andata, porta in vantaggio la Juventus sulla verticalizzazione di Molinaro. Una statua, una pietra, Fabio rimaneva immobile, goduto ma immobile. Lo stile Juventus gli aveva insegnato questo (gli aveva, perchè la Juventus di Gianni e Umberto era uno stile), sapeva che mancava ancora molto, che il calcio è strano, e che prima di saper vincere bisogna saper perdere, ingoiare cocenti delusioni, avere rispetto e stima degli avversari, pur sempre consapevoli della propria forza. Il commento radiofonico raccontava di un fuorigioco sul passaggio in verticale, ma questa è un'altra storia.

L'Inter provava una reazione, ma con poca convinzione, e nella mente di Fabio i minuti passavano con moderata sofferenza. Ventesimo minuto del secondo tempo, le parole del radiocronista citavano una verticalizzazione di Camoranesi nel cuore dell'area di rigore, Del Piero di prima faceva giungere un assist a David Trezeguet, che di sinistro, al volo, gonfiava ancora una volta la rete. 0-2! A quel punto Fabio avrebbe voluto far esplodere tutta la sua gioia (e in un certo senso lo ha fatto), gridando al mondo intero che i campioni dell'Italia erano loro.

Un brivido silenzioso è corso lungo tutto il suo corpo, ha pensato a suo padre, che con lui aveva vissuto trent'anni di bianconero, ha pensato agli abbracci, alle lacrime, agli urli di gioia che per decenni quelle maglie gli avevano fatto vivere. E poi ancora compostezza, le partite finiscono sempre quando arbitro fischia, citava un tecnico che ai tempi allenava in terra di Liguria. Le possibilità di dilagare continuavano ad essere molteplici, le parate del portiere della squadra di Onestopoli continuavano a tenere a galla un risultato che poteva assumere dimensioni ciclopiche. Ed infatti, a pochi minuti dal termine la partita veniva riaperta, ma nella mente di Fabio tutto rimaneva sotto controllo: conosceva quegli uomini, conosceva il loro carattere, sapeva benissimo che erano abituati a sopportare le pressioni, sapeva benissimo, che chi aveva vinto giocando sul campo e non in una stanza federale, sapeva come arrivare in fondo portando a casa il risultato.

Triplice fischio finale, 1-2, vittoria alla scala del calcio, vittoria contro l'Inter, quella squadra e quella società che aveva indossato lo scudetto della Juventus di Fabio.

Il ragionier Fantozzi Ugo, quella notte del 14 novembre 1973, aveva dovuto rinunciare alla gara che per la prima volta aveva visto vincere la Nazionale italiana di calcio nel tempio del calcio, Wembley, gara giocata in memoria del trentanovesimo anniversario della battaglia di Highbury, contro i rivali eterni dell'Inghilterra, e a segnare, a pochi minuti dal termine fu proprio un Fabio, Fabio Capello, colui che il 12 febbraio del 2006 aveva espugnato, con la Juventus, per l'ultima volta il campo di San Siro, risultato? 1-2! Coincidenze?

Questo Fabio non lo sa, ma mentre si accingeva alla sua auto, finita la partita e la serata a cui non avrebbe potuto non essere presente, ha rivisto il ragionier Fantozzi, in quella sala di proiezione in cui aveva dovuto assistere alla "Corazzata Potemkin", e con un urlo liberatorio ha esclamato: LA CORAZZATA MANCINI E' UNA ...

dal mio blog: vIA LiBera