Il tris di Messi vale più di quelli del passato?

pallone d'oroLionel Messi ha dunque vinto, com’era facilmente prevedibile, il suo terzo Pallone d’Oro.
Ha così raggiunto – a soli 24 anni e mezzo d’età - Cruijff, Platini e Van Basten, i soli ad esserci riusciti prima di lui, eguagliando anche l’ulteriore primato del francese, l’unico di quei tre ad aggiudicarsi il prestigioso premio suddetto per tre volte consecutivamente, dal 1983 al 1985.
In casi come questi è scontato, ma giusto, fare paragoni. In generale, ci si chiede se l’argentino sia all’altezza, o addirittura più forte, dei migliori campioni del passato.
Non è superfluo ricordare che certi confronti, oltre ad essere molto difficili a causa dei numerosi mutamenti che sono avvenuti nel corso degli anni, è bene farli quando le rispettive carriere sono tutte concluse.
Mi sembra perciò più utile, ma soprattutto meno complicato, ragionare sul quanto valga il tris appena realizzato da Messi rispetto a quelli dei suoi ex colleghi di cui sopra.
A prima vista l’impresa della “pulce” dovrebbe stimarsi di più, perché realizzata avendo una concorrenza maggiormente ampia di quella che dovettero affrontare gli altri tre, dato che, quando costoro vinsero, il trofeo individuale di cui trattasi poteva essere assegnato esclusivamente a calciatori europei che giocavano in squadre del Vecchio Continente, essendo venuta meno tale limitazione solo a partire dal 1995.
Inoltre, dall’anno scorso il Pallone d’Oro ha assunto un’altra denominazione, essendo il frutto della riunione tra quello precedente, gestito dalla rivista “France Football”, ed il “FIFA World Player”. Pertanto, al pari di quest’ultimo, attualmente l’ambito riconoscimento spetta al miglior calciatore del mondo in assoluto, a prescindere cioè pure da dove abbia luogo la sua attività agonistica.
Occorre perciò chiedersi: se Cruijff, Platini e Van Basten avessero dovuto concorrere anche con giocatori extra-europei, avrebbero vinto lo stesso?
Si può rispondere: il primo forse, il transalpino sicuramente, il terzo molto probabilmente.
Per quanto riguarda Cruijff, qualche dubbio in effetti è lecito averlo riguardo alla sua prima vittoria, risalente al 1971, quando l’Ajax, di cui era la stella, conquistò la sua prima Coppa dei Campioni ed egli si affermò definitivamente sulla scena internazionale. Tuttavia nella “top ten” della classifica del Pallone d’Oro sudamericano, che proprio quell’anno vide la luce, trovarono posto i cinque straordinari calciatori che componevano il famoso attacco schierato dal Brasile nel corso del Mondiale dell’anno precedente e vinto alla grande, ciascuno dei quali recava il numero dieci sulla maglia nella propria squadra di club.
Ora, senza contare l’immenso Pelé, che arrivò sesto e che era peraltro lievemente in declino (d’altra parte gli fu preferito anche Gerson, quinto), il vincitore, Tostao, sarebbe stato certamente un rivale molto insidioso per il “papero d’oro”.
Nessun dubbio invece sulle altre due vittorie del 1973 e del 1974: in quegli anni il calcio migliore si giocava senz’altro in Europa e il livello degli avversari superati dal neerlandese (Beckenbauer, Gerd Muller, Deyna, Zoff, Breitner, ecc.) lo testimonia bene.
Passando a Platini, la sua superiorità in Europa, nel periodo in cui trionfò, fu indubbiamente nettissima (basti pensare che nel 1983 stabilì il primato, tuttora imbattuto, di maggior distacco sul secondo classificato, prendendo più del quadruplo dei voti di Dalglish).
Ma se andiamo a vedere chi si aggiudicò il corrispondente premio sudamericano possiamo affermare tranquillamente che nessuno avrebbe comunque potuto impensierire “Le Roi”: Socrates, Francescoli e Romero, vincitori in ordine cronologico, gli sono stati senza dubbio inferiori, sia in assoluto che con particolare riferimento a quelle singole annate.
D’altra parte, per i suoi rivali più celebri dell’epoca, Zico e Maradona, quelle furono stagioni poco gloriose, durante le quali essi patirono pure vari infortuni e malattie. Quanto a Falcão, il suo anno migliore fu il 1982, quando vinse il Pallone d’Argento continentale e quello del Mondiale, risultando peraltro assente dai primi dieci migliori latinoamericani del successivo triennio.
Circa Van Basten, infine, avrebbe forse rischiato qualcosa solo nel 1989, visto che quell’anno miglior calciatore dell’America del sud fu eletto Bebeto, protagonista e capocannoniere della Coppa America che il Brasile era tornato a vincere dopo ben 40 anni e in maniera netta. Occorre inoltre ricordare che in quella manifestazione si mise in luce anche Romario, autore dell’unica rete nella finale contro l’Uruguay e già esploso nella stagione che si era appena conclusa, al termine della quale peraltro anche Maradona vinse il suo unico trofeo internazionale per squadre di club (non il più prestigioso, peraltro).
Ritengo però che a Van Basten quel premio non sarebbe comunque sfuggito, tenuto conto della trionfale annata del Milan (che vinse la Coppa dei Campioni, quella Intercontinentale, la Supercoppa europea e quella italiana senza perdere una sola partita), di cui il “cigno di Utrecht” fu la stella più lucente, essendone stato il capocannoniere nel torneo europeo più importante nella cui finale aveva segnato una doppietta, in una gara in cui la squadra avversaria, la Steaua di Bucarest, fu letteralmente annientata, senza contare poi le straordinarie partite di semifinale contro il Real Madrid.
Considerato infine che probabilmente l’anno scorso il premio l’avrebbe meritato qualcun altro, visto soprattutto il rendimento mediocre di Messi nel Mondiale sudafricano, può concludersi nel senso che la terna di vittorie del giovane argentino vale anche meno di quelle precedenti, fermo restando che, lo ribadisco, qui non si è voluto discutere del valore assoluto dei vari e autentici campioni citati.
Tanto per fare un esempio in proposito, a mio parere Maradona, pur essendo stato superiore a Van Basten, non avrebbe verosimilmente vinto più di tre Palloni d’Oro.