Juve ritrovata, istituzioni cercansi

fiammiferoIl 10 agosto 2011 Andrea Agnelli ci ha riconsegnato la Juventus. La dichiarazione di guerra alla FIGC del giovane presidente e dei suoi legali, proclamata in diretta sulla web Tv del Corriere della Sera, ha segnato un punto di non ritorno nella contrapposizione tra la Juventus e l’istituzione che governa il calcio italiano, una marcia indietro simile a quella del 31 agosto 2006 appare oggi assai improbabile.
Al di là della strategia adottata dal team di avvocati e dei dettagli tecnico-legali che i nostri esperti hanno già analizzato a beneficio dei nostri lettori (leggi qui), Andrea Agnelli è stato chiarissimo nell’esprimere la sostanza della posizione della Juventus a riguardo degli scudetti indebitamente sottratti. Agnelli ha proferito le parole che attendevo di ascoltare dal momento del suo insediamento e in assenza delle quali avevo assunto una posizione personale assai critica (ancorché minoritaria) verso il presidente all’interno della nostra redazione.
“...Il giorno che io metterò fine è il giorno che noi quei due scudetti li portiamo di nuovo nella nostra bacheca...” (min. 5:15), queste parole mi hanno fatto dimenticare la nuova Juventus fondata da Cobolli Gigli nel 2006, cinque anni di amarezze, l’operazione simpatia, le troppe dichiarazioni politicamente corrette che facevano felici tutti coloro che odiavano la vera Juventus ed erano per noi pugnalate nel cuore.
La conferenza stampa del 10 agosto mi ha fatto ritrovare la Juventus ma, sebbene io viva ormai da qualche anno in Australia, sono ancora un cittadino italiano cui farebbe ancora più piacere ritrovare quelle istituzioni la cui credibilità è stata sacrificata sull’altare della farsa calciopolara.
Come più volte abbiamo scritto su questo sito, (qui, qui e qui), dei soggetti che hanno contribuito a creare e sostenere il castello di sabbia di Farsopoli dal 2006 fanno parte importanti esponenti delle massime istituzioni calcistiche italiane, della politica, alcuni inquirenti e, ovviamente, esponenti di tutto il mondo dell'informazione.
Il messaggio lanciato da Andrea Agnelli verso la fine della conferenza stampa “...per noi gli scudetti sono nostri, se tornassero sulla nostra bacheca stasera, io chiudo stasera con il 2006...” (min. 5:40), lancia un’ultima ciambella di salvataggio ai rappresentanti più alti delle istituzioni calcistiche che avrebbero a portata di mano la soluzione politica al contenzioso evitando la via giudiziaria che la Juventus intende percorrere sino alle estreme conseguenze. L’offerta di Agnelli potrebbe essere raccolta anche da giornalisti e politici, altre due categorie che hanno contribuito in maniera determinante allo sviluppo della farsa, i quali, con strumenti diversi, potrebbero esercitare pressione sulle istituzioni sportive per chiudere questa brutta vicenda. La restituzione degli scudetti alla Juventus, una rivisitazione storica degli eventi degli ultimi cinque anni e la condanna professionale dei personaggi che nei rispettivi ambiti hanno contribuito ad alimentare la farsa potrebbero forse restituire un minimo di credibilità a queste categorie che dovrebbero tornare a essere un punto di riferimento affidabile per gli sportivi, ma soprattutto per i cittadini.
Per quanto riguarda invece alcuni inquirenti, una volta accertate eventuali responsabilità personali nell’occultamento delle prove a discarico degli imputati di Napoli, credo che la condanna professionale non sia sufficiente, troppo gravi appaiono le responsabilità e troppo alti sono i valori sacrificati. Agnelli ha dichiarato che con la restituzione degli scudetti chiude con il 2006, e come juventino mi ha soddisfatto. Moggi e, forse, Della Valle sembrano avere intenzione di chiedere che vengano accertati eventuali reati commessi da chi ha gestito l'indagine, che appare essere stata condotta in modo parziale ed ha portato ad accuse per reati gravissimi. Da cittadino mi aspetto che su questa vicenda, la politica e le istituzioni preposte a controllare i controllori facciano assoluta chiarezza, nessun compromesso è accettabile. La posta in gioco è troppo alta, ne va della fiducia in certe istituzioni, valori che non sono sacrificabili in una democrazia. Ma non si tratta più di calcio e non è più compito di Andrea Agnelli.