E' piccolo, pensi, guarirà

tifosiE poi arriva quel giorno. Un giorno come tanti, ma chissà perché il destino sceglie proprio quel giorno. A pensarci bene, forse, col senno di poi, qualche avvisaglia c’era… ti si è spezzata una stringa delle scarpe di mattina o hai perso l’autobus per il lavoro per un centesimo di secondo o, a mensa, avevano finito l’unica cosa mangiabile o, almeno, riconducibile con un po’ di fantasia al settore “commestibile”, insomma, un giorno un po’ così.
Eppure, è quello, il giorno.
Non puoi dire che ti colga di sorpresa, faresti torto a te stesso. Puoi dire, quello sì, che hai fatto finta di non capire. O, ancora meglio, hai finto di fingere di non capire. Ma gli indizi o, meglio, i presagi c’erano. Non puoi non aver visto come si soffermava su quelle figurine dell’album Panini. Non puoi negare di averlo sentito con le tue orecchie parlare con i compagni di classe di quel gol. Non puoi nemmeno fingere di averlo visto guardarsi allo specchio, compiaciuto, con quel cappellino con visiera che gli ha prestato il cugino. E l’altra sera, quando ha provato ad intavolare la discussione dopo quella partita, hai cambiato discorso temendo già di conoscere dove voleva arrivare.
Eppure, il destino prevede che ci sia un giorno, un’ora precisa.
Quella nella quale, senza alcun motivo valido, senza che ve ne fosse alcuna ragione, tuo figlio, di otto anni, ti dice che è interista.
Ed è in quel momento che maledici le tue idee sulla libertà di opinione, sulla libertà di scelta. Pensi a quando eri tu piccolo e tuo padre ti imponeva delle scelte, magari senza fartene accorgere, ma si faceva quello che voleva lui. Quelli erano tempi, quello era rispetto per i genitori! È in quel momento che provi a capire dove hai sbagliato, pensi a quando, ancora nella pancia della madre, gli cantavi “quando gioca segna sempre Trezeguet”; oddio, pensi anche alla madre che non ti ha aiutato nella tua opera e già ti viene in mente di chiamare l’amico avvocato per capire se è un motivo per chiedere gli alimenti; pensi a quando l’hai portato a Salerno a vedere l’amichevole estiva col Villarreal o a Bari al Trofeo Tim o in campionato a Napoli (e cazzo, l’hai portato a vedere solo sconfitte, sarà anche colpa tua, no?); pensi a quale ritorsione potrebbe servire, magari nascondergli il suo gioco preferito e dirgli che è passato Moratti a prenderselo; pensi ai tuoi amici del club che certamente ti cacceranno per indegnità quando lo sapranno, pensi a tutti i prossimi scontri diretti quando dovrai confrontarti con gli sfottò addirittura in casa e lì ti viene in mente la possibilità collegio (almeno come minaccia, lasciatemelo!).
Alla fine provi a rimanere calmo. È sera e decidi di parlargli, troverai le parole piano piano, provi a fargli passare le tue emozioni, gli parli della tua prima partita, vista in un televisore giallo, piccolo, in bianco e nero, in cucina, più o meno alla sua età, una semifinale di Coppa delle Coppe con eliminazione all’ultimo secondo ad opera di un’irlandese che poi avresti conosciuto meglio e amato; di una nazionale che fece innamorare il mondo, con otto bianconeri, e che avrebbe vinto il titolo quattro anni dopo; gli parli di un ariete, con i capelli brizzolati già da giovane, che cadde, vittima del destino, e si rialzò, due volte; gli parli di un capitano venuto dalla Sicilia e di un francese venuto a mostrare meraviglie; di una difesa che recitavi a memoria e di un giocatore che oggi è il nome di una curva ma che è soprattutto il nome della correttezza in campo; di 39 angeli volati dall’Italia in Belgio e poi ancora più su; di una notte romana e di una giapponese, che da noi era mezzogiorno; di un bambino con il numero 10 che sognava di diventare grande e che è diventato il più grande di sempre; di una terribile estate nella quale non riuscivi a prendere sonno e non erano le zanzare ma il senso di ingiustizia; perché no, gli parli di Crotone e Frosinone, di una maglia che è stata bianca, nera, gialla, rossa, rosa, argento, ma che ogni volta che la vedi non puoi trattenerti dall’amarla…
Lo guardi e, forse, ha capito.
Poi, ognuno fa le sue scelte.
Lo guardi mentre dorme. È piccolo, pensi, guarirà.