Saper cambiare

stadioDopo i botti, multa e diffida. Dai forum ai Palazzi Comunali sono iniziati i dibattiti e le dichiarazioni di sdegno, con talune personalità di spicco fiorentine - come sempre - in pole position.
La questione si può leggere da qualsiasi angolazione senza il minimo rischio di avere torto o ragione al 100%. Perché è evidente che le sanzioni su questi episodi non siano uniformate, così com'è altrettanto evidente che la Juve non sia vittima predestinata del Giudice Sportivo come lo è invece, da sempre, del sentimento popolare quando si tratta di rigori e fuorigioco dubbi. Un po' di equilibrio non guasterebbe, dunque, sia di qua che di là.

Io ribadisco il concetto secondo cui i petardi allo stadio non devono entrare punto e basta, per cui il dibattito su chi e quanti ne abbia lanciati verso chi, non mi appassiona nemmeno un po'. L'obiettivo della denuncia contro ignoti del presidente Agnelli non è stato primariamente quello di tutelare i tifosi della Juve dalle sanzioni punitive (qual è sempre, in effetti, per noi tifosi, una squalifica del campo), bensì quello di tutelare l'immagine della Juve, offrendo una sponda alle Autorità per giungere a estromettere una volta per tutte dallo stadio chi i petardi se li porta appresso. L'implicito vantaggio di consentire così a me (che allo stadio vorrei portarci mio figlio), e a quelli come me, di andare alla partita più serenamente, sarà ovviamente una conseguenza naturale. E sono fermamente convinto del fatto che la denuncia contro ignoti la Juve l'abbia fatta anche e soprattutto in vista del nuovo stadio, che sarà qualcosa di unico e straordinario, nell'Italia del 2011.

Non si tratta di essere più o meno amici degli ultras. Certo, quando leggo di 25.000 euro al Napoli per "un centinaio di petardi", o di 3.000 euro al Pescara per "due petardi", un po' mi scompiscio dalle risate per non scompisciarmi dal pianto, ma il problema, lo ribadisco, sta a monte. Lo scorso anno ho assistito insieme a mio figlio a Juve-Genoa, partita nella quale di petardi ne sono stati esplosi parecchi. Beh, non l'ha presa bene, e per mesi, al mio ritorno da Torino, mi ha chiesto se allo stadio avessero tirato i petardi come quella volta che c'era lui.

Se vogliamo ragionare sul modello "I bambini la domenica vadano a giocare nelle palle colorate dell'Ikea, che lo stadio è roba per grandi", è un conto. Per me non è così, dunque spero che alla fine l'abbia vinta Agnelli e non chi va allo stadio con le bombe carta.
Detto questo, resto convinto che lo stadio della Juve - e l'ho scritto - sia ad oggi, straordinariamente, il migliore, anzi l'unico, esempio di stadio senza barriere in Italia, senza che questo abbia mai causato intemperanze degne di nota, nonostante l'assenza di barriere sia un passo fino a poco tempo fa impensabile per l'Italia e una scelta ad altissimo rischio, se non accompagnata da una stragrande maggioranza di persone perbene tra i tifosi di una squadra. Ma noi l'abbiamo fatto, e ci siamo riusciti a dispetto dei santi. Di questo, con buona pace di tutti, c'è da essere orgogliosissimi.

Manca l'ultimo passo per essere, ancora una volta, su un altro pianeta rispetto agli altri. Si tratta di saper cambiare senza poi dover cambiare chissà cosa, se ci pensate. Dalle curve arriva il malcontento sotto forma di "allora lasciamo lo stadio ai vecchi e ai bambini della tribuna e poi vediamo chi fa il tifo". No, lasciamo pure che allo stadio vadano tutti i tifosi della curva, ci mancherebbe, nessuno escluso. Ma senza bombe carta e fumogeni. Sciarpa o bandiera, io una volta in Filadelfia ci andavo così e voi anche, no? E se si deve cantare forza Juve da seduti come a Old Trafford non penso sia una tragedia. Se ci sono riusciti gli inglesi, che ancora ci rompono i coglioni con le yarde, i pollici e i galloni, non possiamo farcela noi?

Per necessità ho visto donne pisciare stando in piedi, persone accoppiarsi in una Cinquecento, vecchie tardone snob con la pelliccia mangiare con le mani. Saper cambiare mica è la fine del mondo.