La bussola d'oro, vol. 2

bussolaDopo la pubblicazione dell’articolo intitolato “La bussola d’oro” non sono mancate le riflessioni di alcuni lettori, i quali mi hanno mandato delle mail personali per mettermi al corrente del loro attuale stato d’animo. Con il permesso degli autori, abbiamo deciso di pubblicarne due in particolare, scelte tra le tante bellissime ricevute, perché all’interno di queste non ci sono molti riferimenti riguardanti la mia persona ed esprimono alla perfezione proprio le due tipologie di tifosi cui facevo riferimento nell’articolo. Colgo l’occasione per ringraziare anche tutti coloro che non vedranno pubblicata la propria mail, che tuttavia mi ha fatto immenso piacere ricevere perché, tanto per restare in tema, quel senso di solitudine si attenua proprio con la condivisione. Vero nuotatori?
Dopo le due lettere, potrete leggere anche una mia riflessione di chiusura, utile a specificare meglio alcuni punti su cui forse non sono stato troppo chiaro.

Ciao Crazeology
Ti ringrazio perché nell'articolo "LA BUSSOLA D'ORO" hai sintetizzato perfettamente quelle che sono state (e sono) anche le mie sensazioni. Da quando un amico mi ha segnalato Ju29ro ho passato mezz'ora ogni sera leggendovi e approfondendo su Internet i fatti e i personaggi che voi di volta in volta descrivevate. Tutto questo mi è servito per confermare quello che a livello epidermico avevo già intuito nel 2006: Calciopoli è stata una gran porcheria! Ma paradossalmente, tanto più cresceva la conoscenza dei fatti e la consapevolezza, tanto più mi sentivo isolato perché, parlando con amici bianconeri, vedevo la disinformazione e la sfiducia. Ricordo di aver più volte spiegato agli amici quello che grazie a voi sapevo, e di aver fatto il quadro di quello che sarebbe successo col processo di Napoli, ma percepivo incredulità e notavo sguardi perplessi come se volessero dirmi che ero un visionario. Quegli stessi amici ora mi dicono la fatidica frase "è proprio come dicevi tu", frase che a me dà molto fastidio; il punto è che non lo dicevo io, ma era davanti agli occhi di tutti: bastava cercare. Mio padre mi ripeteva spesso la frase "cerca da solo la verità " e mi ha insegnato a guardare i fatti senza ascoltare chi cerca di orientare i tuoi pensieri. Per questo capisco la tua "solitudine condivisa" e ti assicuro che io, anche se non ci conosciamo personalmente, sono uno di quelli che l'hanno condivisa con te. Uno di quelli che ancora nuotano; uno che, una volta raggiunta la spiaggia, resterà disteso a godersi il sole con un velo di nostalgia. Perché nulla sarà più come prima.
Ringrazio e saluto te e tutto il sito
Marco


Io dal 2006 ad oggi sono cambiato. Non so se in meglio o in peggio, ma sono cambiato. L'essere umano è fondamentalmente un pirla, su questo sono assolutamente d'accordo. I danni di Calciopoli equivalgono a un terremoto che spazza via quasi tutto quello che amavi e non amavi, ciò che conoscevi. Io sono aquilano, ma non ero all'Aquila la notte del 6 aprile 2009. Avevo deciso di lasciare l'Italia. Io, l'italiano pieno di difetti italiani, cialtrone e guascone da far spavento, ho salutato il mio Paese a ventotto anni. Per amore, ma anche per Calciopoli. Calciopoli, sì. Quel pastrocchio che ha finito per cristallizzare la demenza di molti e nobilitare lo spirito di pochi. Così va la vita, forse troppo spesso. Ora non ho più l'amore. Non ho più la mia città. A volte sono convinto di non essere più aquilano, perché non ero lì quando tutto tremava e non sono lì adesso che c'è da ricostruire, da rifare. Ho un vuoto dentro che non finisce mai. Se dovessi tornare un giorno all'Aquila sarò sicuramente uno straniero anche per le persone della mia vita, amici fraterni e conoscenti. Così me ne sto in solitudine a Londra. Essere soli a Londra, pure con qualche nuovo amico e con la famiglia che continuerà ad amarti da lontano, vuol dire crescere. E crescere a volte
vuol dire "perdersi" e "perdere". Perdere qualcuno e qualcosa lungo la strada. Dover rinunciare a tenere tutto, concentrarsi sull'essenziale. Però... Però, caro Signor Crazeology, io ho ancora i miei sacrosanti fuochi con me e le fiamme sono sempre altissime, glielo assicuro. Io sono e resterò aquilano. L'Aquila è e resterà la mia città. Non me ne frega niente di ciò che possono pensare gli altri. Io gli altri, gli aquilani che si sono ricordati dell'Aquila quando questa non c'era più, li prendo a calci nei coglioni. Mi creda, il discorso vale anche per Madama. Siamo al buio, nonostante qualche discreta apparizione e non sappiamo per quanto tempo ci toccherà digerire i pareggi in casa con le squadrette che si credono vincenti. Sappiamo però che l'Italia intera non smetterà mai di odiarci, che la B a loro, gli italiani stupidi e beoni, non bastava e non basterà mai. Siamo consapevoli del disastro e dell'oblìo che abbiamo rischiato nel 2006. Siamo bendati, fasciati, purtroppo non ancora dimessi dall'ospedale. Un amico fraterno definì tempo fa la Signora un "prurito lontano". Anch'io credevo di averla messa da parte. Invece no. Non posso mettere da parte l'anima. Il mio amico fraterno sa cosa succederà quando ritorneremo in alto. Me lo ha scritto e detto dopo il prurito. Avrebbero fatto meglio ad ammazzarci, amico mio. Grosso errore non averlo fatto. Non hanno idea di che cosa possiamo combinare noi con le nostre vere ali. La vita può combinarcene di cotte e di crude e di sicuro ci sono cose più importanti del pallone. Ma certi fuochi non si spegneranno mai. Questo la vita lo sa. Quei fuochi, Signor Crazeology, ci danno la forza per ribaltare la Storia quando questa sembra aver stravinto per sempre.
Strilleremo così forte da far scoppiare un'altra volta l'universo.
E ci renderemo conto che la Juventus non è mai cambiata
e che non abbiamo mai smesso di amarla.
La Juventus è quel fuoco che ci porteremo dentro
fino alla fine dei nostri giorni.
Stia tranquillo, Signor Crazeology.

Roberto l'aquilano (a Londra)



Ora vorrei porvi qualche piccola specificazione sul mio articolo di qualche giorno fa.
Io credo che molto di ciò che sarà il futuro per ognuno di noi dipende molto dalle caratteristiche personali, come è ovvio che sia, e da come si è vissuta la Juventus fino al 2006. Il modo in cui l’ho vissuta io, purtroppo, è molto simile a quello con cui gli occhi di Bernie Taupin vedevano Marilyn Monroe.
Per chi non lo sapesse, Bernie Taupin è un poeta, paroliere e musicista britannico noto soprattutto per la sua lunghissima collaborazione con Elton John. Nell’ottobre del 2009, quando la Juventus viveva un momento difficile, scrissi sul blog le mie emozioni, e forse una rilettura di quello sfogo potrebbe tornarvi utile per comprendere meglio il ragionamento che sto facendo (la versione originale di quella canzone è dedicata alla mitica bionda americana). In buona sostanza, apprezzerò moltissimo tutti coloro che, quando arriverà il momento, sapranno turarsi il naso e sapranno continuare a strillare “Juventus”, ma probabilmente io non ne sarò capace. E come me anche altri tifosi. Oppure, chissà, forse ho solo paura di non esserne capace. Sia perché il calcio non mi sembra che possa davvero migliorare a tal punto da essere qualcosa di serio, sia perché non credo più in nessuno dei celebratissimi monumenti bianconeri e, infine, perché fin da quando avevo cinque anni il mio approccio bianconero è stato simile a quello tenuto da Quasimodo con Esmeralda. Tra tutti coloro che potevano ambire al bacio della Dea, io, un po’ come, per l'appunto, il gobbo di Notre-Dame, di sicuro non c’ero.
Quel poco che ho visto di bianconero nella mia vita, l'ho visto sempre e solo dal buco della serratura. Mi è bastato vedere degli sprazzi, e poi sognare e immaginare, e non mi sono mai lamentato per questo.
Le uniche forti emozioni degli ultimi anni le ho provate nelle due date tra le tre più importanti della storia della Juventus, in cui ho fatto in modo di essere presente (non la nascita del club, in quella data non c'ero logicamente, perché nel 1897 ero ancora solo un'idea del Creatore): il giorno ufficiale della morte, 31-08-2006, e il giorno del funerale, ideato da me, 12-02-2010. Sono certo che quelle mie due presenze, in quelle due specifiche occasioni, sono tra le cose più importanti che ho fatto nella mia vita.
Il senso dell’articolo “La bussola d’oro” è tutto qui.
Un grazie ancora a tutti i nuotatori, vi voglio bene.

«Trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri, uno dei quali abbracciava singolarmente l'altro. Uno di quegli scheletri, che era quello di una donna, era ancora coperto di qualche lembo di una veste di una stoffa che era stata bianca, ed era visibile attorno al suo collo una collana di adrézarach con un sacchettino di seta, ornato da perline verdi, che era aperto e vuoto. Quegli oggetti erano di così poco valore che di certo il boia non li aveva voluti. L'altro, abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo. Notarono che aveva la colonna vertebrale deviata, la testa incassata tra le scapole e una gamba più corta dell'altra. D'altronde non aveva alcuna vertebra cervicale rotta ed era evidente che non fosse stato impiccato. L'uomo al quale era appartenuto era quindi giunto lì, e lì era morto. Quando fecero per staccarlo dallo scheletro che abbracciava, cadde in polvere».
(Brano tratto da "Notre-Dame de Paris" - Victor Hugo – 1831
)