Revoca della patacca: faster, please

scudetto cartoneIn questi giorni si sta assistendo ad una vivace discussione attorno all’argomento sollevato dalla Juventus col suo esposto, ossia la revoca di quella che noi chiamiamo “patacca”, il titolo di Campione d’Italia della stagione 2005/06 vinto con assoluto merito sul campo dalla Juventus ma sottrattole dalle sentenze di quell’estate tragicomica, per poi essere riassegnato a chi in quel campionato era arrivato 15 punti dietro, ma sventolando una taroccata patente di onestà.
Come ben ricordiamo, a quell'assegnazione si giunse in seguito ad una decisione eminentemente politica della Figc, che allora era praticamente un soggetto monocratico impersonato dal Commissario Straordinario Guido Rossi. Dalle sentenze di Ruperto e Sandulli era scaturita una classifica che vedeva l’Inter al primo posto in seguito alle penalizzazioni di Juventus e Milan, tuttavia questa era condizione necessaria ma non sufficiente affinché le venisse ufficialmente attribuito il titolo di Campione d’Italia. Era sufficiente solo all'UEFA per stilare la lista delle squadre partecipanti alle competizioni europee.
Affinché quello scudetto andasse a finire sulle maglie sbagliate, quindi, servì la decisione politica di Guido Rossi. Il parere dei tre saggi interpellati gli dava il via libera formale (ma non gli imponeva nulla), lui si prese la responsabilità di garantire che la sua squadra del cuore aveva tutti i requisiti etici per ottenere l’assegnazione di quello scudetto, in quanto totalmente estranea ai fatti finiti sotto indagine. Anzi, si disse, ne era stata vittima.

Ora, quattro anni e mezzo dopo, Guido Rossi è solo un lontano ricordo, la Figc ha un Presidente eletto secondo i regolamenti vigenti e quella decisione viene rimessa in discussione.
Ciò che non convince è la procedura che sembra sia stata individuata per giungere ad una decisione, alla luce delle dichiarazioni di Abete di qualche mese fa e di ciò che si legge sui giornali in questi giorni.
A maggio, quindi ad esposto appena consegnato, il Presidente Federale si espresse in questi termini: “Al momento non c'è nessun organo della giustizia sportiva al lavoro per l'esposto della Juventus sulla revoca dello scudetto del 2006 finito dopo Calciopoli nella bacheca dell'Inter. Come le decisioni prese dal commissario Guido Rossi si basavano su indagini di organi di giustizia sportiva deliberanti così, in questo caso, l'iter della Procura deve essere ancora effettuato. È inutile lavorare sui brogliacci o porsi problemi esistenziali sulle voci delle singole intercettazioni. Bisogna aspettare i risultati conclusivi della perizia del tribunale di Napoli, che ha dato tempo 60 giorni, e lasciare che si completi l'iter della giustizia ordinaria”.
Si indicava quindi una strada alquanto confusa, che prevede prima il pronunciamento della giustizia sportiva o, peggio ancora, il rispetto dell’iter di quella ordinaria. Insomma, tempi biblici. Anche perché, se ci sono voluti cinque mesi per giungere al deferimento di Chivu per i fatti della finale di Coppa Italia, figuriamoci quanti lustri serviranno a Palazzi per giungere ad una decisione sulla revoca dello scudetto di cartone.

Negli ultimi giorni, si diceva, la discussione ha ripreso quota e si sono lette interpretazioni diverse su quale debba essere questo “iter della giustizia sportiva” necessario ad Abete per giungere ad una decisione.
Secondo quanto scrive Fulvio Bianchi nella sua rubrica Spy Calcio “non è una decisione facile quella che dovrà prendere la procura federale: stabilire cioè se il comportamento dell'Inter, dal punto di vista 'etico', debba portare o meno alla revoca dello scudetto. La decisione finale, dopo la chiusa inchiesta di Palazzi, spetterà al consiglio federale Figc“. Si tratterebbe, quindi, di una vera e propria inchiesta.
Il duo della Gazzetta dello Sport Galdi-Piccioni, invece, così si esprime: “Il procuratore della Federcalcio Stefano Palazzi ha in mano 187 intercettazioni-bis. Tante ne ha trascritte il perito Roberto Porto, su indicazione del Tribunale di Napoli e della presidente del collegio giudicante del processo penale di Calciopoli, Teresa Casoria. Tante costituiscono la prima, decisiva istruttoria per rispondere alla domanda: l’Inter meritava lo scudetto 2006 revocato alla Juve? Quesito che, in mezzo allo slalom fra le prescrizioni, costituisce il cuore dell’inchiesta sportiva, quello davanti al quale Andrea Agnelli ha chiesto anche in Federcalcio la parità di trattamento". Qui la situazione appare ancora più confusa. Quella di Palazzi sarà solo un’istruttoria o si dovranno attendere gli esiti di una vera e propria inchiesta sportiva?

Mi piacerebbe, insomma, capire quanto tempo dovremo ancora aspettare. E poi, non sarebbe male capirne anche il perché. A me, infatti, riesce ancora difficile comprendere perché una decisione che dovrà essere esclusivamente politica (in quanto dovrà andare a incidere su un’altra decisione politica presa dalla stessa Federazione quattro anni fa) debba rimanere appesa alle decisioni e alle tempistiche della giustizia sportiva. Cosa dovrebbe fare Palazzi? Accertare che anche l’Inter telefonava? Quello è diventato ufficiale nel momento stesso in cui le nuove telefonate sono state acquisite dalla Procura Federale. Deve produrre un parere, una sorta di relazione ermeneutica sulle telefonate dell'Inter? Dovrebbe quindi diventare una sorta di "quarto saggio", dopo i tre di guidorossiana memoria? Altro discorso sarebbe se la Figc volesse usare le strutture della giustizia sportiva solo per “istruire” la pratica: non un'attività di giustizia sportiva vera e propria, quindi, ma una procedura interna al Consiglio Federale, un'attività di acquisizione di notizie utili per la decisione dell'organo preposto. Ma dalle notizie che si hanno, non sembra che si tratti di questo. Se così fosse, infatti, saremmo già a buon punto. Le intercettazioni sono già state acquisite, basterebbe il tempo di preparare una relazione e recapitarla in Via Allegri, pronta per essere sottoposta al prossimo Consiglio Federale insieme all’esposto della Juventus.
Per revocare quel titolo, è sufficiente ritornare al parere “illuminato” di Aigner, Pardolesi e Coccia e constatare che i requisiti da loro richiesti non sussistono più in capo alla fu società più onesta del mondo. I tempi sono maturi, il materiale è già a disposizione, l’organo preposto alla decisione finale c’è ed ha pieni poteri. Ogni tentativo di allungare artificiosamente i tempi, individuando percorsi decisionali tortuosi, appare del tutto ingiustificato e figlio della paura di rompere equilibri precostituiti.
Quella che serve, oggi, è solo la volontà. Volontà politica, perché la portata della decisione da prendere non è di poco conto, e non di poco conto sarebbero le conseguenze. Sarebbe la prima attestazione ufficiale che quanto deciso nel 2006 non fu tutto perfetto. La prima bandierina piantata in territorio nemico e al tempo stesso una bella mano di vernice che andrebbe a coprire quattro anni di propaganda interista basata su una falsa verità.