Una squillo, per favore

marottaBoniperti, che secondo alcuni è il simbolo più alto della Juventus tra quelli viventi, quando assisteva alle partite dei bianconeri era solito lasciare lo stadio al termine del primo tempo.
Io con il Boniperti juventino non ho più nulla da spartire - eccezion fatta per l'Albo d'Oro, notevolissimo, per il quale gli sarò grato in eterno - dal giorno in cui scelse di consumare la sua personalissima vendetta contro chi lo aveva maldestramente riposto in soffitta senza riservargli neppure quel minimo sindacale di onori che avrebbe indubbiamente meritato, visto che scelse di consumarla, quella vendetta, con un bell'applauso pubblico alla non difesa operata dalla Juventus tramite l'avvocato Zaccone durante Calciopoli.
Avevo deciso di non fare come lui, nell'anno zero della Juve di Andrea Agnelli, di aspettare cioè il novantesimo minuto più recupero del prossimo 31 agosto, giorno di chiusura del calciomercato, prima di giudicare. Ma quattro anni di camera ardente a fissare una salma sono francamente troppi per non perdere quasi tutta la pazienza. Quindi, quarantacinquesimo o novantesimo non importa.
Il ritorno di un Agnelli autentico alla guida della Juve è stato accolto da tutti noi con grandissima soddisfazione, e fin qui nulla da dire, anzi. Così come il riassetto societario iniziato subito e in maniera decisa, anche se condito da scelte piuttosto indecifrabili come quella dell'allontanamento di Roberto Bettega, erano e rimangono, verso alcuni rimasugli del vecchio organico, priorità assolute. Benissimo.
Però, c'è un però. Nessun dubbio che, curricula alla mano, nel confronto Marotta-Secco stravinca il primo, laddove Marotta è, diciamo, Jugovic, mentre Secco è Paro. Solo che noi avevamo Zidane.
Dice il saggio: Zidane mica nasce ogni tre anni. Chiaro che no, ma senza entrare nel merito dei trenta milioni di euro finora spesi sostanzialmente per dei rincalzi, ciò che stride con il mio status di juventino in attesa di rientrare in sintonia con la storia sono le paternali di coloro che giustificano le difficoltà di Marotta nel rifondare tecnicamente la Juve con il poco tempo e i pochi soldi a disposizione.
D'accordo, "i sampdoriani" sono stati investiti dell'incarico di guidare la Juventus solo qualche mese fa, ma quando Moggi arrivò alla Juve, tanto per dirne una, prima ancora di sapere cosa c'era in cassa assestò un colpo mortale alla Roma, con la quale collaborava, portandosi a Torino Ciro Ferrara già promesso ai giallorossi. Bastardata? Certo, e di livello assoluto, sennò mica saremmo qui a discutere.
Leggere da settimane del ping pong tra forse Krasic o forse Dzeko, oltre a riportare le nostre menti ai tempi recentissimi della Triade alla carbonara Seccobolliblanc, così come leggere delle difficoltà nel piazzare sia gli avanzi di magazzino che i pezzi teoricamente più pregiati (un Diego di 24 anni, seppure dopo una stagione non memorabile, è così invendibile rispetto a un Cavani?), qualche domanda me la fa sorgere. Anzi, una su tutte: Oltre ad essere bruttino, il che non guasta, fino a che punto Beppe Marotta è in grado di essere figlio di mignotta?

Cioè, ditemi che non è una persona "perbene". Dopo quattro anni così, mi stuferei definitivamente.