La giustizia sportiva e il paradosso di Zenone

giustizia sportivaNel 2006 abbiamo avuto una prova tangibile della rapidità (qualcuno, chissà chi, ha osato malignare che fosse eccessiva) della giustizia sportiva, ogni giorno invece leggiamo sui giornali, sentiamo in tv, discutiamo per strada, della lentezza esasperata della giustizia ordinaria. E sempre nella maledetta estate 2006 c’era chi non perdeva occasione per tessere le lodi di quei tribunali sportivi in grado di liquidare la pratica Calciopoli in tempo per l’inizio del campionato successivo. Il piede veloce dei tribunali e dei “processi” (le virgolette sono d’obbligo) sportivi contro il passo da tartaruga delle vecchie aule ordinarie. Tutto bene, tutto bello, tutto a posto, fino alla primavera del 2010. Il processo penale è partito ormai da più di un anno quando vengono allo scoperto le nuove intercettazioni, prima ritenute non rilevanti, che coinvolgono persone e società fino ad allora al di sopra di ogni sospetto.

Eppure ora la giustizia sportiva preferisce attendere. Attende. E ancora attende. In Procura Federale si aspetta un bel po’ per aprire un fascicolo d’indagine. E poi bisogna andare con calma, servono le trascrizioni, che non arrivano, che slittano. E così quella stessa giustizia dal “piè veloce”, che prima non poteva aspettare perché incombeva il campionato, ora si ritrova ad arrancare dietro al processo penale, nell’attesa di poter indagare sulla cosiddetta Calciopoli 2.

Ed è qui che per capire ci viene in soccorso Zenone. No, non è uno dei Zenoni, i gemelli che hanno giocato nella Juve di Moggi. Ma quello dei vecchi libri di filosofia, discepolo di Parmenide, celebre per i suoi paradossi, uno dei quali, quello noto ai più, è il paradosso di Achille e della tartaruga che si adatta particolarmente bene alla situazione attuale del calcio italiano. In questo paradosso, Zenone suppone che, in un’ipotetica gara di corsa tra il Pelide e una tartaruga, quest’ultima goda del privilegio di partire con un piede di vantaggio: ebbene, Achille non riuscirebbe mai a raggiungerla. Questo perché nel momento in cui Achille avesse percorso quel piede di vantaggio la tartaruga si sarebbe spostata un po’ più avanti. E nel tempo in cui Achille avesse coperto il nuovo gap con la tartaruga, quest’ultima si sarebbe nuovamente spostata in avanti. E quando ancora Achille avesse fatto quel pezzetto di strada raggiungendo il punto in cui era precedentemente la tartaruga, questa sarebbe avanzata ancora di un pochino, e così via. Il risultato è che, pur riducendosi all’infinito, la distanza tra la tartaruga e Achille non sarebbe mai nulla e quindi il Pelide non sarebbe mai riuscito a raggiungere la tartaruga.

Ora, tutto questo lungo preambolo è solo per mettere in evidenza l’analogia con quanto succede alla giustizia sportiva e a quella ordinaria. La prima, pur essendo famosa per essere “piè veloce”, per affrontare i processi subito (talvolta saltando pure gradi di giudizio e dando tempi ristrettissimi alle difese per leggere gli atti!), stavolta non riesce a superare la tartaruga del processo di Napoli. E la segue, udienza dopo udienza, ma chissà perché non la raggiunge mai.

Certo, mi piacerebbe molto sapere perché il nostro eroe ellenico oggi rincorra le tartarughe mentre nel 2006 preferiva scatenare una guerra di Troia…