Se c'è la goccia, è TIM

spioneDopo la risicata vittoria sul battagliero Siena, l'Inter vince il suo sedicesimo scudetto e mezzo ed è gran festa per tutti gli interisti. I giocatori festeggiano indossando la prossima maglia dei campioni a metà sfoggiante il biscione che parte dalla spalla e, appoggiandosi al costato, con la coda arriva ad insinuarsi nei pantaloncini... brrrrrivido! Una sorta di tatuaggio prestampato che ricorda il corpo colorato dei seguaci della Yakuza. I tifosi tutti festeggiano sulle note di "Pazza Inter amala", e ci mancherebbe altro, canterei anch'io.
Piange solo l'allenatore.

Mourinho, emozionato, fa il giro del campo a raccogliere l'ovazione della gente di Milano in trasferta. L'allenatore del pallone non resiste alle moine dei tifosi e si lascia andare per la prima volta alla lacrima, e si sa, se c'è la goccia è TIM. La degna fine di un altro campionato dove l'Inter, e forse non solo lei, ha dovuto inventarsi un avversario di rango per poter certificare la bravura e la professionalità del baraccone. Il circo non si ferma dunque, si va avanti sommando un altro alloro, e sempre a loro, che vincono per inerzia sulla spinta del 2006, non dimentichiamocene mai. Son passati quattro anni eppure, sempre loro, e gli altri, quelli dietro ai microfoni, dicono di aver vinto cinque scudetti di seguito, di cui quattro sul campo. Ma perché, gli scudetti dove si dovrebbero vincere altrimenti?

La speranza, loro, e di quelli dietro ai microfoni, è che quel numero 18 campeggiante a bordo campo rimanga invariato anche prima o dopo il Mondiale, ma le voci di corridoio ed i timidi comportamenti federali sull'annunciata e mai avvenuta radiazione di Luciano Moggi lasciano pensare che quanto iniziato nel 2006 sia un cerchio con più di uno spigolo parecchio difficile da far quadrare.

Di sicuro rimane ben visibile il logo dell'ennesimo torneo aziendale, tuttora sponsorizzato dalla Tim che, piaccia o non piaccia, fosse solo per parentela, è vicina a quella grande e complicata rete di contatti che non solo diede una grande mano a mettere in moto una spropositata macchina investigativa parallela, ma diede anche una grossa spinta per far ingranare il quadriciclo dell'Internazionale. La metamorfosi di uno squadrone in una sorridente squadretta, e l'incanalamento del calciomercato in una corsia preferenziale direzione Milano. D'altra parte un grande fratello non può avere che grandi orecchie e i parenti tutti, quasi per mantenersi proporzionati, una bocca tanto grande per gridare ai quattro venti gli slogan sull'onestà. Mourinho spera invece, tra qualche giorno, di tirare le orecchie della coppa che i suonatori di clacson stanno aspettando da circa 40 anni e questa volta, Bayern permettendo, sembrerebbe essere la volta buona (tanti, ma tanti auguri n.d.r.)

Sono tempi di vacche magre per i tifosi della Vecchia Signora che riprenderanno a tifare i propri beniamini d'azzurro vestiti tra qualche settimana in terra Africana e subito dopo in qualche campetto degli ex possedimenti sovietici per cercare di accedere alla coppa dell'Europa di scorta, quella con le orecchie da criceto, piccole piccole.

Nel frattempo, gli Juventiniveri con la toga, quelli che scartabellano, lavorano in silenzio per riprendersi il possibile, ma dovranno passare dal numero 18 al numero 17 prima di poter levare l'asterisco da quel numero 27. Un augurio a chi, piano piano, sta sbobinando 190.000 intercettazioni e mannaggia al tempo che passa troppo velocemente perché, se fossimo riusciti ad ascoltare le voci di Facchetti e di tutti gli altri "riascoltati" un po' prima, magari gli highlanders di Milano continuerebbero sì a festeggiare e a suonare il clacson, ma con la consapevolezza che a quella lacrima di Mourinho possano seguirne delle altre in ossequio a tutte quelle già versate negli anni passati.

Eppure sugli spalti di San Siro, sabato scorso, c'era qualcuno con la "erre" moscia che continuava a sorridere, e a me viene spontanea una considerazione: ma che cazzo avrà mai da ridere!