Vogliono tutto, l'anima non basta...

moggiE dopo la RAI, con il rotocalco "Replay", dove abbiamo ascoltato fior di esperti come Turrini, Boniek e Galeazzi, ci tocca ascoltare a Controcampo l'ennesima ghigliottina mediatica senza contradditorio, o meglio, con un contradditorio troppo civile, a mostrare una superiorità silenziosa, nel circo delle parole al contrario. Al contrario, le batterie Anti-Moggi, tutte schierate e cariche, pronte a sparare dai bastioni di una trasmissione declassata dalla "quasi ammiraglia" Italia1 e rinchiusa nello sgabuzzino di Rete 4, proprio in quella rete, mai migrata sul satellite, dove è nato il tormentone di, o della, Fede: "Che figura di merda".
Si parte con una scheda di Paolo Ziliani, confezionata, incartata e piena di omissioni e dimenticanze. Ziliani, per chi ancora non lo conoscesse, è quel tifoso milanista che scrive e parla da una rete Mediaset, quella stessa Mediaset che Auricchio non riesce a far coincidere con il Milan; non è riuscito, l'investigatore, a trovare il minimo comun denominatore, in effetti è impresa ardua!! Ziliani, con il suo scrivere, rappresenta una sorta di Matrioska di sportività che sprizza dalla trasmissione, insomma quella bambolina russa che non finisce mai. Per fare un esempio: Apri Berlusconi e trovi Mediaset, poi apri Mediaset e trovi il Milan, poi apri il Milan e trovi Controcampo, poi apri Controcampo e trovi Ziliani, poi apri Ziliani e... Ma che ci volete trovare dentro Ziliani?

Comunque il giornalista/milanista, nel suo sforzo, parla di Giraudo condannato a tre anni in rito abbreviato, dimenticandosi di sottolineare che il procedimento, che non prevede il dibattimento, ha preso in esame le carte del processo sportivo, quel processo sportivo figlio di cinque minuti, monco di un grado di giudizio, quel "processo" dove gli imputati non hanno potuto produrre prove a discarico, quel processo figlio della fretta, prematuro, talmente prematuro che l'incubatrice di Napoli fatica a tenerlo in vita. Si dimentica, Ziliani, che la sentenza Giraudo non è definitiva; anche per il rito abbreviato i gradi di giudizio sono tre, ma mica si può ricordare tutto, no? Si dimentica Ziliani di ricordare che Moggi è stato scagionato a Lecce, così come è stato scagionato, nel procedimento dove la stessa Newventus lo ha denunciato per falso in bilancio, perché il "fatto non sussiste"; si ricorda invece di fare l'excursus storico della "gestione" processuale di Zaccone e del ritiro del ricorso al TAR sempre da parte della Newventus, tutto di fretta, tutto in cinque minuti perché ci si doveva spicciare a ripartire dai giovani Cannavaro e Grosso e di ripartire dal basso, oltre a rimanervici. Si dimentica altresì, ricordando la pena di un anno e 6 mesi inflitta a Moggi per "violenza privata" che, anche in questo caso, la condanna non è definitiva, perché esistono altri due gradi di giudizio, e che l'accusa di Palamara (quel Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati maltrattato in diretta televisiva da Cossiga) era di associazione per delinquere, ed è stata smontata durante il dibattimento. Si son dovuti accontentare di un buffetto artigianale, quel buffetto che molti altri, addirittura dei Presidenti, hanno sferrato ai propri giocatori. Chiedete a Lotito, a Ledesma o a Pandev... Toh, Pandev, quello dell'Inter.

Ziliani preferisce paragonare Moratti a Moggi (così come nelle intercettazioni fatte poi ascoltare), dimenticandosi di menzionare le parole di Facchetti con Mazzei (designatore degli assistenti), dove vi è un chiaro e maldestro tentativo del fu presidente nerazzurro di veicolare il sorteggio verso un arbitro gradito e dove gli vengono comunicati con un giorno d'anticipo i collaboratori di linea. Ziliani, nella sua artificiale ricostruzione, non si dimentica di dare dei "vergognosi" a Pairetto e Bergamo ma, probabilmente più volentieri, si dimentica di menzionare qualsiasi colloquio intercorso tra Meani e Galliani o tra Meani e Collina, colui che ancora oggi designa gli arbitri: questo non è VERGOGNOSO, caro Ziliani? Questo conflitto di interessi tra giornalista e milanista non riesco ad immaginarlo, o forse sì! Non si sforza nemmeno, il giornalista, di fare il proprio lavoro, e cioè di informarsi, o forse lo fa anche, ma poi il censore con la sciarpa rossonera che alberga in lui gli ricorda che per vincere bisogna anche giocare, con il pallone ma anche con le parole. Non sarà che si sente un po' estromesso dal gioco del pallone? Un po' come quando, da piccolino, in spiaggia, mentre tutti i suoi amichetti giocavano a pallone esultando, non essendo capace, si ritrovava a parlare da solo nel suo castello di sabbia con paletta e secchiello?

Ma di quale informazione stiamo parlando? Ma di quale televisione stiamo parlando? Di Mediaset o di Milan Channel? Ma non c'è già Milan Channel? A me non sembra informazione, piuttosto mi sembra un patchwork, questo è ricamo a uncinetto, questo è un giochino della settimana enigmistica: unire i puntini dall'1 al 29 e comunque verrebbe sempre fuori la faccia di Luciano Moggi, questo è un massaggio cardiaco al sentimento popolare che dopo quattro anni non sa ancora scrivere né leggere.

E che dire di Paolo Liguori che si sarà recato nello sgabuzzino di Controcampo con il fusibile bruciato a furia di suonare il clacson per il nuovo primato della Roma? Che dire delle certezze di Mr. Tgcom? Parla ancora di verità non smentibili citando le schede svizzere!! Mentre in aula a Napoli si sta verificando che la teoria delle schede svizzere distribuite agli arbitri (?) è solo presumibile, mentre in aula a Napoli sta emergendo il fatto che le attribuzioni delle schede sono basate sul cut & paste di Auricchio & C. con numeri che non si possono nemmeno giocare al Lotto. Liguori parla di verità inoppugnabili?? E lo fa solo dopo che a Moggi è stata buttata la cornetta in faccia? Parla ancora di giustizia sportiva? Quella non è né giustizia né sport, quello è un aborto giuridico! Parla di dimenticare, che è meglio per la Juventus e per i tifosi della Juventus, altrimenti ci affonderemo, dentro questa storia. Non si preoccupi il sig. Liguori, a fondo ci andiamo, ma a modo nostro. Pensi piuttosto ai suoi di dejà-vu, e non mi stupirei se, anche lui, non potendo giocare a pallone sulla spiaggia di Ostia, pretendeva paletta e secchiello sbattendo i piedi!

Lascio per ultimo Giacomo "Ciccio" Valenti, un altro che fa il patchwork, il puzzle dei filmati, colui che, in un lontano medioevo da inquisizione, sarebbe stato considerato il giullare di corte. Anche lui non si tira indietro e dice la sua: "E' difficile far ridere più della telefonata di Moggi". Non si butti giù, Ciccio, ci riesce, ci riesce, anche senza parlare e senza commentare. E se pensa di aver "fatto strada" passando dagli sbeffeggiamenti al Parà Ponzi su "Radio One-o-One" agli sbeffeggiamenti dei tifosi sugli spalti, ci ripensi, prima almeno si sentiva solo la voce, ora siamo anche costretti, ma anche no, ad incrociare lo sguardo.

Vorrei concludere con una riflessione sulle parole troncate di Luciano Moggi. La voce era chiaramente pesante, affaticata, il dubbio è che Moggi si stia fisicamente stancando, così come ci stiamo stancando noi di assistere a continui processi mediatici, a ricostruzioni televisive, anch'esse affrettate ed interrotte da un budino o un pannolino, da una paletta e da un secchiello, quando invece c'è un processo da ascoltare e seguire attentamente ormai da un anno, ed è giusto dal suo inizio che il processo di Napoli viene ignorato dai media che "contano". Solo ora, solo da due settimane, da quando le fastidiose NUOVE intercettazioni sono state diffuse, è ripreso il tam tam di Mediaset e Rai, solo ora giornalisti, commentatori, tuttologi, giullari, nani, pagliacci e ballerine scrivono e parlano. Perché? La domanda è semplice, la risposta la immagino articolata, capziosa e forcaiola, tesa e pensata per non imbattersi nel tormentone di Emilio Fede: "Che figura di merda".

Stiamo tutti attenti, crocifiggere gli uomini è molto facile, quasi più facile che chiedere scusa a posteriori, quando i telefoni non suonano più o quando si è costretti a parlare di rispetto per aver ucciso un'anima, la dignità di uomo o l'uomo stesso.