Pogba travolge la Lazio

La Juventus, attesa da una dura prova all'Olimpico, non delude le aspettative e batte con un perentorio 3-0 una Lazio che, a detta di molti, è una delle pretendenti all'ultimo posto in Champions. E chi ha avuto modo di vedere la partita ieri ha anche capito i motivi: i cugini della Lupa sono una squadra solida e compatta, con una buona organizzazione di gioco e notevole qualità in attacco (fino a ieri erano infatti secondi a reti fatte, dietro proprio ai bianconeri).
E c'è da fare i complimenti ai laziali per non essersi chiusi in difesa, ma per aver provato nei primi 20 minuti a fare la partita, correndo e pressando a tutto campo.
Bisogna però dire che il nuovo modulo di gioco della Juve comincia a dare i suoi frutti: se è vero che 11 tiri concessi ai padroni di casa sono tanti, molti di più rispetto all'era Conte, è anche vero che non si vedevano azioni di contropiede così ben orchestrate da tempo. E non mi riferisco solo al gol di Pogba, ma anche, ad esempio, all'occasione avuta da Pereyra. Sul giovane francese poi non ci sarebbe nemmeno da scrivere: quando decide di salire in cattedra non ce n'è per nessuno. In occasione del primo gol, il controllo di palla con il quale si protegge dal difensore e si prepara il tiro è da manuale del calcio. E se fosse entrato quel tiro a giro nel primo tempo, probabilmente sarebbe anche venuto giù lo stadio...
Certo, si sarebbero potute chiudere prima le danze ma, con la complicità di un po' di sfortuna e di frenesia sottoporta, la Juventus si è dovuta accontentare di farlo nella ripresa. L'arbitraggio molto "casalingo" di Damato poi ha decisamente aiutato, dato che non si spiega come mai Padoin vada sotto la doccia per una ridicola spallata a Candreva mentre Lulic può permettersi di entrare a forbice da dietro su Pereyra. Diciamo che Lotito ora non può certamente ritenersi bersagliato dal palazzo.
Ma, tornando a noi, bisogna davvero fare gli applausi ad Allegri: il modo graduale col quale sta cambiando impianto di gioco sta pagando. Rispetto a Conte, si è persa un po' di solidità difensiva (anche se i 4 gol subiti in campionato farebbero pensare di no), ma si è acquistato molto in termini di trama di gioco e di mentalità. Sì, perché la Juventus ora ha molta meno paura di spingersi in avanti, anche lasciando qualche spazio dietro. E se invece il modulo accorto e solido dell'attuale CT della Nazionale dava sicurezza di vittoria in campionato, in Champions è necessario più che mai attaccare. D'altronde la storia di questa competizione negli ultimi anni, con le dovute eccezioni, dimostra che è di solito questa la carta vincente, quantomeno per arrivare ai quarti.
Certo, si potrebbe ribattere che i primi due gol sono arrivati da azioni di contropiede e non manovrate. Verissimo ma, a parte che era da tempo che la Juventus non segnava più di un gol con azioni ben orchestrate in ripartenza, è proprio la mentalità che sta cambiando: i giocatori, anche se con qualche errore di troppo sotto porta, sembrano voler finalmente osare di più. E sono soprattutto aumentati gli inserimenti, che nel modulo di Conte erano ben più rari e lasciati allo schema "Pirlo-Lichtsteiner" o a qualche sporadica incursione di Vidal e Marchisio, che ora invece, insieme a Pereyra, si gettano nello spazio appena ne hanno l'occasione.
Ma una rondine non fa primavera: una difficile prova attende ora Allegri, la trasferta di Malmö. E qui non sono ammessi errori. Il tempo dei calcoli è finito, anche perché storicamente non c'è mai andata bene quando abbiamo fatto i ragionieri. Sappiamo che le assenze sono pesanti in difesa, ma una Juve che aspira a tornare grande in Europa non può e non deve avere scusanti.