Visti dalla Est - Juve ti amo

Parto da un titolo forte... Molto spesso si scrive dopo la partita per scaricare la tensione, per rendere partecipi delle proprie emozioni dopo un match vissuto dal vivo allo stadio, per celebrare una vittoria agognata o prendere per i fondelli i rivali di sempre, sbertucciati per l'ennesima volta.
Ieri forse scaricare subito al fischio finale le proprie emozioni non avrebbe portato altro che negatività, estrema... eccessiva? non so.
Ma... c'è questo amore per la Signora, un sentimento che va oltre il risultato greco, perché in fondo va oltre da molti anni: tante mezze figure di una decade di aspettative, giornate vissute in funzione di una serata che spesso si è tramutata in incubo, un amore che è andato oltre i periodi lunghi, che sono capitati, senza scudetto, e oltre pure i famigerati recenti settimi posti. Detto tra noi, non furono tanto i settimi posti a ferire i tifosi, ma la maniera. Vedere camminare per il campo, lasciarsi andare a sorrisi e operazione simpatia da circo Barnum dopo partite caratterizzate da un agonismo nemmeno abbozzato, fu il massimo della mancanza del rispetto di prezzolati giocatori. Sia per chi la squadra la seguiva comunque, sia soprattutto per la maglia indossata: il massimo dei delitti degni di pena capitale.
Ieri purtroppo nel primo tempo non c'è da discutere di approccio sbagliato, disposizione tattica errata, condizione fisica caduca: se giocatori camminano e spariscono sul campo, per poi ricomparire solo in corrispondenza di tampe colossali oppure per scolasticamente ricoprire spazi senza metterci testa e cuore, ogni ipotesi di analisi è fallace in partenza.
Siamo consapevoli, e la squadra lo è altrettanto, che il reparto collante e trainante della stessa è il centrocampo, con mediani eccezionali, un regista unico, e dei giocatori in esterna che sanno dare grande mano in fase di non possesso e spingere con continuità in attacco, magari con poca precisione ma con molta intensità. Una mediana che copre e filtra gli avanti avversari, rendendo spesso la nostra porta un miraggio per gli altri, e spinge seguendo linee ficcanti dentro l'area opposta dando contributo in realizzazioni. E sebbene si sia data grande colpa alla difesa e agli avanti, il peccato originale di ieri, goal preso compreso, parte da distante: da quella mediana che, con il rientro di Pirlo, ha perso la compattezza e l'armonia mostrata nel primo mese, non per il rientro del genietto bresciano, sia chiaro, ma per la forma non eccezionale di Vidal e l'esuberanza di un Pogba più votato alla verticalizzazione che al lavoro oscuro e di sacrificio che è necessario per essere scudieri del regista azzurro.
Eppure ieri c'è una nota positivissima, ovvero la conferma di Morata come giocatore di livello europeo, un potenziale cristallino di una ventina di goal in campionato. I movimenti, il pensiero veloce, verticale, l'esecuzione pulita e le doti fisiche di base sono proprie dei primissimi: un diamante ancora grezzo, ma non troppo, che non potrà che trovare spazio fisso in ogni partita.
Ma anche questo è motivo di riflessione. Alvaro, sesta-settima punta di un Real che si è permesso a cuor leggero di perdere il talento della propria cantera: un indicatore del livello tecnico delle big europee, quelle vere, quel livello cui, nonostante tutto, si deve aspirare. Assieme alla consapevolezza che per finalmente lottare alla grande in  Europa non servono moduli strani, voli pindarici, ma semplicemente aumentare intensità, voglia di verticalizzare, di offendere, e tecnicamente portare giocatori che saltino l'uomo vicino alla zona rossa dell'area di rigore.
Un cammino che in questi due anni non è stato possibile intraprendere, perché poco è stato il tempo a disposizione, con i giocatori titolari impegnati per la Confederations Cup l'anno passato e per il Mondiale brasiliano quest'anno, perché ci sono stati infortuni inopportuni, perché in fondo è stata pressante la necessità sia di riconfermarsi in campionato che di partire con certezze salde in modo da non rimpiangere il condottiero perso.
Ecco, in fondo a tutto questo, il buon Allegri. Caro Massimiliano, è giunto il tempo... di gettare il cuore oltre le paure, di trovare nuove certezze, di prendere in mano del tutto la tua nuova realtà. Serve un segnale forte, anche di rottura con il passato, perché perdere cercando di vincere è onorevole e rispettoso della nostra storia, del nostro amore. Vivacchiare a metà del guado in balia degli eventi non è parte del nostro dna. In Europa soprattutto, dove l'attendismo di questi anni, sperando di affermare comunque la nostra forza, non ha fatto altro che farci perdere posizioni rispetto a team meno blasonati ma che hanno cercato di sorprendere.
Il nostro "Juve ti amo" deve essere ascoltato da tutto lo staff tecnico, in modo da permearsi della forza del nostro volere. Questo sì, davvero ultras... oltre. Oltre la sconfitta, oltre la delusione, verso un traguardo ora difficile ma non impossibile. Oltre tutto questo c'è la Juve del futuro, la Juve che vogliamo, il rispetto che meritiamo e per cui lotteremo sempre e comunque.