Visti dalla Est - Raccontateci una favola

Alle volte penso a quanto sia duro il mestiere di giornalista sportivo, soprattutto in queste giornate di campionato dove potrebbe succedere di tutto e in verità non succede niente. Diventa chiaro come la difficoltà di trovare argomentazioni da campo faccia convergere il pensiero su tanti altri argomenti bucolici e divertissement comici, tanto che si scrivono tomi sul masochismo autopunitivo di alcuni allenatori che impostano la preparazione per perdere le prime partite ma arrivare lanciati al periodo che conta, magari quando si è già fuori ahimè da tutto. Altri preferiscono dare credito agli scopritori ed inventori dei più svariati moduli. Alcuni si dedicano agli eventi mondani e al gossip da stadio, data la presenza di starlet o fresche fiamme dei protagonisti in campo...
Anche questa serata potrebbe entrare di diritto nel novero delle serate lavorative della differenziata, con una partita dominata in lungo e in largo dai nostri ragazzi contro i malcapitati (e oltremodo rassegnati) cesenati. Ma il nostro dovere di tifosi è anche cercare tra le righe, i gesti, gli atteggiamenti dei nostri paladini, andare oltre gli occhi e sentire in cuor nostro cosa ci abbia lasciato la serata.
E in fondo, anche stavolta gli spunti non mancano..
Partendo già dal riscaldamento, pratica così usuale, alle volte (se non sempre) scaramantica e meccanica, ma così diverso solo quattro mesi fa. Una intensità feroce, con un torello racchiuso in pochi metri, ha lasciato spazio a molto stretching, quasi sornione, a un torello più ampio, fatto di ragnatele di passaggi, scatti e circuiti a ritmo blando via via crescente. Visi concentrati, ma anche con qualche sorriso e battuta volante, che stemperano la tensione; solo Gigi prosegue imperterrito le antiche abitudini, ma si sa il portiere è sempre un ruolo particolare.
Entrando nel match vero e proprio, ormai è una bella consuetudine (se non dettata da infortuni) la rotazione dei giocatori, che oggi ha coinvolto il totem Apache, il polpo e il prode Asa, lasciando tuttavia la squadra sempre padrona della propria identità. Gioco sempre in controllo, molto ragionato, con possesso palla lento ma costantemente nella metà campo avversaria, alla ricerca della accelerazione improvvisa e della triangolazione decisiva. Con Giovinco tra le linee, meno spalle alla porta come accadeva gli anni precedenti e quindi in posizione più consona alle sue caratteristiche, perché non è importante se sei collocato sul campo in maniera continuativa ma se sei messo nelle condizioni di giocare.
Niente di trascendentale, sia chiaro, ma la ricerca della giocata decisiva senza assilli da parte di tutti, più slegati da vincoli di movimenti perfettamente disegnati durante la settimana e lasciati negli ultimi venti metri alla propria capacità, sembra funzionare come potrebbe.
Tra uno sguardo al tabellone per i risultati delle altre partite e due chiacchiere con i vicini di posto, ci si è accorti come questa sia stata una vittoria davvero juventina, mai in discussione, di superiorità propria e di doveroso rispetto da parte degli altri, intimoriti in primis dalla nostra casa (anche se meno carica e rumorosa di molte altre volte). Merita rispetto un Vidal palesemente non al massimo, ma che con la propria intelligenza tattica e doti superiori è ancora imprescindibile per qualunque squadra di vertice. Come lo merita il capitano della Nazionale francese, che si mette in discussione, sbuffa e fatica, studia se stesso e i compagni, alla ricerca di un amalgama che sta pian piano nascendo (vedi il taglio in profondità con stupendo cross basso del secondo tempo) e che sarà fondamentale nel periodo di assenza di Asamoah durante la coppa d'Africa (soprattutto se si ripetesse quanto accaduto due anni fa anche dopo la disputa della stessa). Rispetto meritano anche i nostri difensori, che perdurano nella propria imperfezione singola ma efficacia globale di reparto. Per non parlare del nostro Stephan, cui manca solo maggiore piede nei cross per entrare nell'olimpo degli dei della fascia, ma che ha comunque visto la sua caparbietà, carica e dedizione alla causa premiate dal goal.
L'allenatore poi, da "grullo del paese" (come molti sembravano volerlo dipingere), si sta dimostrando non così sprovveduto. E le sue parole, inneggianti al miglioramento che passa per l'utilizzo massimo delle risorse dei singoli e del loro essere giocatori veri, deve essere stata musica per atleti che erano diventati personaggi minori e non coloro che determinano veramente le fortune di una squadra.
In fondo la serata ci ha regalato altri sprazzi di Morata che ha confermato, pur in assenza di segnature, di avere idee e movimenti ottimi, e un Padoin versione assist man, prova vivente che anche la classe operaia può stare in paradiso con gli altri, se ci sono impegno, serietà, motivazione. Per non parlare, per ora dal punto di vista umano, e si spera a breve davvero dal punto di vista tecnico, di Simone Pepe.
La favola della buonanotte che ci è stata raccontata ha quindi il cartello del "prosegue", perché la pagina da scrivere in questo campionato e nell'annata è proprio dietro l'angolo, in questo susseguirsi di partite. Ma mai come in questo periodo il "non si molla mai" è la ninna nanna che ci guida a un dolce sonno, teneramente e calorosamente in bianco e nero