Visti dalla Est - Madunina edition

Trasferta difficile contro i più titolati del mondo (a periodi da stabilire e a targhe alterne).
Cavalcando analogie con il primo periodo contiano, i diavoli rossoneri hanno però dimenticato alcuni piccoli particolari, a cominciare dalla qualità media della squadra bianconera di tre anni fa, che, grazie agli inserimenti di Vidal, Vucinic, Lichtsteiner e soprattutto Pirlo, e alla voglia di riscatto dello zoccolo duro (guidato da un Del Piero all'ultimo valzer in bianconero, ma pungolo e puntello quando serviva), si apprestava a sciorinare calcio spettacolo per tutto lo stivale. Assieme alla qualità, non solo la voglia feroce ma l'accettare comunque la sfida con gli avversari senza paura, con ottima tattica ma senza mai essere rinunciatari. Perché il rispetto, dopo i settimi posti, si poteva recuperare solo facendosi valere sul campo, e non sperando nelle giornate di scarsa vena degli avversari.
Dando credito a Pippo Inzaghi di aver comunque rigenerato mentalmente, dal punto di vista dell'attitudine al sacrificio, una banda di desaparecidos quale era la squadra milanese la scorsa annata, il match di ieri poco ha avuto del ventilato scontro al vertice che gli organi di informazione avevano prontamente servito su un piatto da sbranare al popolo di Galliani, popolo presentatosi in grande numero alla "Scala del calcio" (almeno così raccontano, visto che a noi poveri ospiti viene concessa solo la passerella tra le gabbie, fin dove osano i piccioni!) ad osservare i vecchi campioni e i nuovi fenomeni.
Atteggiamento, per non dire altro, "accorto" di Inzaghi, conscio della inferiorità dei suoi in tutte le zone del campo e delle poche armi offensive a disposizione, ovvero la classica difesa e contropiede con i veloci El Shaarawy e Menez a cercare di ribaltare l'azione. Ma alcune mosse interessanti a bloccare i nostri, come i due esterni di difesa tenuti altissimi in fascia e, nella linea Maginot che si creava quando i nostri impostavano, la puntuale uscita di un marcatore diretto a impedire a Marchisio, oggi poco mobile nello smarcamento, la possibilità di scaricare lateralmente.
Allegri ha optato per la formazione attualmente più coerente, confermando come contro l'Udinese Pereyra come vice Vidal e riportando Asamoah in esterna dopo la parentesi di Champions nel suo ruolo naturale.
Una Juve padrona del campo, sempre alla ricerca dello spazio giusto per la giocata decisiva tra le linee avversarie e, soprattutto nel primo tempo, fin troppo dedita all'apertura laterale del fronte, quando i nostri avversari lasciavano ampio spazio per l'avanzata centrale.
Sul campo si è dipanato anche un primo tentativo di 4-4-2, con Caceres molto largo a contrastare un El Shaarawy combattivo ma lontano parente del giocatore ammirato nel suo primo vero anno di serie A, Asamoah poco sollecitato e Stephan costantemente alto. Una mossa che con l'infortunio di Caceres è stata abbandonata, regalando a Ogbonna una grande frazione di gioco, che ha comunque confermato i progressi del nazionale italiano, più tranquillo e concentrato in questo inizio di stagione.
Pochi tiri nel primo tempo, culminati nel palo di Marchisio, finalmente in avanzata impertinente, frutto anche degli spostamenti indicati da Allegri a Pereyra e Pogba per sfruttare i mismatch con i rispettivi marcatori, che lasciavano ampi spazi alle nostre avanzate.
Secondo tempo che è iniziato seguendo il canovaccio della prima parte, anche stancamente, nella nostra ricerca (e poca capacità) di sfondare il muro milanista. Questo, finché i due giocatori di maggior tasso tecnico in campo, ovvero Carlitos e un Pogba portato più vicino all'area di rigore, hanno confezionato un goal magistrale per ferocia agonistica (Tevez che cade e si rialza fiondandosi nell'area avversaria a chiudere il triangolo sarebbe da mostrare ai ragazzi che vogliono diventare qualcuno nel mondo del pallone), capacità tecnica di tocco e controllo del corpo e pallone, con l'argentino che deposita in rete il triangolo di fino di Paul facendo sedere Abbiati come solo i grandi sanno fare in controtempo.
Da lì in poi, solo belle notizie per i nostri colori, con il rientro di Vidal e molte occasioni in contropiede vista l'imprecisione degli avversari ad imbastire azioni di senso compiuto. Qui Allegri è stato molto conservativo, quando una ventina di minuti per uno dei due ragazzini terribili in panchina avrebbe, sottolineo il condizionale, forse permesso di arrotondare il bottino, data la loro capacità di verticalizzare e aggredire gli spazi.
Ma come rimproverare Allegri, che nel giro di due settimane è passato da sfascia-giocatori e allenatore meno vincente nelle prime cinque gare di serie A degli ultimi 5 anni (per usare le categorie tanto cari al mondo rossonero) a taumaturgico profeta della panca e silenzioso condottiero di una difesa che subisce davvero poco nelle varie gare? Di certo il tour de force di questo periodo, tra Nazionale e impegni di coppa, non ha permesso al tecnico livornese di proporre appieno il suo credo e le sue idee riguardanti il futuro della squadra; ma penso che a breve, con il rientro dei grandi assenti Barzagli, Pirlo e Vidal, il potenziale reale del team verrà svelato, anche se proprio la loro assenza sta permettendo di cogliere sempre più la profondità senza precedenti della nostra rosa.
L'arbitro Rizzoli meriterebbe un capitolo a parte, visto che nel primo tempo ogni ricerca del pallone rossonera è stata caratterizzata da qualche botta proditoria ai nostri, il tutto avallato senza utilizzare alcun cartellino. Cartellini poi prontamente esposto a Marchisio per un fallo inesistente (e che dalla piccionaia era sembrato molto simile alla difesa della palla con il corpo costata una incredibile espulsione al mondiale), ma i tre punti e l'emozione del goal di Tevez sotto la sua curva hanno lenito ogni arrabbiatura. Sempre meglio però tenere gli occhi aperti nella tana del grande vecchio e, come diceva qualcuno, meglio una mano davanti che dietro...