C'è Moggi allo Juventus Stadium: solidarietà, festa e nostalgia.

News, 29 maggio 2013.

A Torino la Partita del Cuore si è conclusa in parità: a vincere è stata la solidarietà; in campo hanno brillato Conte, autore di quattro reti, e un Nedved, che non ha perso un filo della dinamicità e della classe che ce l'hanno fatto amare. La Partita del Cuore è stata l'occasione per vedere finalmente allo Juventus Stadium Luciano Moggi, che ha ritrovato il clima e le sensazioni a lui connaturate in quello stadio al cui concepimento, prima della Grande Farsa, aveva partecipato. Pogba: Adesso non sono nessuno, sono solo Paul, ma il mio obiettivo è il Pallone d'oro; e poi ci sono i sogni personali. Chiellini ha parlato del brutto del calcio: razzismo e violenza, sembra di andare in guerra.

Partita del cuore: 9-9, a vincere è il cuore - E' finita con uno spettacolare pareggio, un 9-9, tra la Nazionale Cantanti e il Team Campioni per la Ricerca; il vero vincitore è stato il Cuore: la solidarietà, l'aiuto per chi combatte contro il cancro e le malattie genetiche; com'era giusto che fosse. Mattatore della partita (e dall'abbraccio di Andrea Agnelli) il mister Antonio Conte, autore di ben 4 reti e, insieme a Nedved (che non ha giocato da portiere com'era stato preannunciato, ma nel suo ruolo di Furia Ceka, andando a segno una volta e sfornando una serie di pregevoli assist), di una partita da giocatore vero, due campioni tuttora in grado di superare a pieni voti (con lode) la prova del campo, correndo fino al 90', con tecnica, voglia, determinazione e classe. La dimostrazione vivente che se la Juve del '96 vinceva la Champions non era per il fantomatico doping in salsa olandese, ma perché in squadra c'era gente come Conte; e se la Juve della Triade cumulava scudetti non era per le fantasie calciopolare ma perché era infarcita di campioni come Nedved, che fino all'ultimo lottavano col coltello tra i denti e classe cristallina. Fino all'ultimo come bisogna lottare contro le malattie, come ha ricordato il pallavolista Giacomo Jack Sintini, che ha sconfitto un linfoma (ed è tornato in campo aiutando la sua Trentino Volley a vincere lo scudetto): crederci, mai perdere la fiducia, lottare, fino alla fine.

E allo Juventus Stadium c'è Moggi! - Ce li ricordavamo così, sul prato del Delle Alpi, quando i veleni farsopolari già ammorbavano l'aria del calcio; li abbiamo ritrovati così, in occasione della partita del cuore: e non poteva esserci occasione migliore per vedere finalmente, e idealmente abbracciare, Luciano Moggi allo Juventus Stadium, il cui progetto proprio sotto la gestione della Triade aveva iniziato a prendere forma; è arrivato, è stato immortalato con sullo sfondo quelle tre stelle e quel 31 che ha contribuito a innalzare con le sue capacità manageriali. Ha preso posto in tribuna e ha ritrovato un Nedved che giostrava a tutto campo sotto i suoi occhi come in quel lontano 7 maggio; ora Pavel ha appeso le scarpe al chiodo e fa il dirigente ma, appena risente il profumo dell'erba, torna la solita Furia Ceka, dirompente e irriducibile. E c'è stato anche l'incontro con Conte, il capitano di quel radioso 5 maggio 2002 vissuto insieme. Uno spettacolo nello spettacolo.
Insomma una serata che ci ha regalato non solo tanto cuore, tanto spettacolo ma anche la gioia, intrisa di nostalgia, di rivedere Luciano Moggi nei luoghi che più gli sono consoni, che non sono certo le aule di tribunale nelle quali è costretto da anni a difendersi dalle costruzioni farsopolare.

Pogba: Voglio il Pallone d'Oro - Vent'anni ma idee chiarissime su chi è e che cosa vuole. Questo è Paul Pogba, come si è raccontato in un'intervista a France Football: "Io non sono una stella, non sono nessuno, sono solo Paul, Paul di Roissy en-Brie, Paul del quartiere". Ma "voglio diventare il più forte giocatore del mondo, il Pallone d'oro è un sogno e un obiettivo". Però nella vita non c'è solo il calcio, c'è anche il piacere di "scherzare, di mostrare la propria gioia di vivere, se non c'è anche questo, è tutto un po' triste"; e anche qui ci sono gli obiettivi alti: "aiutare le persone in Africa, costruire qualcosa, per esempio un centro di formazione per aiutare i giovani, anzitutto in Guinea (il paese di origine dei suoi genitori), e poi dappertutto sul continente africano, ma anche metter su una famiglia con cui essere felice; sì, questo è un sogno".
Viene dal Manchester United, che ha lasciato opponendo, il 25 marzo 2012 (alla vigilia di una gara contro il Fulham), il gran rifiuto a Ferguson che voleva trattenerlo: "Che senso ha restare al Manchester soltanto per dire 'Io gioco al Manchester' ma poi trovarsi sempre in panchina? Il fatto è che Ferguson non ha mai dimostrato di volermi davvero in squadra. Ha detto delle cose molto belle su di me, sul mio potenziale. Parole al vento, se non ho la possibilità di mettermi in mostra. Un giovane di 19 anni che dice di no a Fergie entra di diritto negli annali. Lui è un grande manager, lo rispetto, ma nella vita bisogna fare delle scelte. Non gli ho mai mancato di rispetto, semmai il contrario, perché gli ho detto le cose in faccia. Quando ho saputo del ritorno di Scholes ho capito che difficilmente avrei trovato spazio e che per trovarlo dovevo andarmene. Ferguson mi ha sempre detto che in Italia c'era molto razzismo e che i tifosi non erano come in Premier. Gli ho risposto che non c'era problema. Così sono finito ai margini. E i compagni mi hanno messo il soprannome di Nelson Mandela, perché mi ero opposto a Ferguson. Ma avrei detto di no anche a Obama, per un posto in squadra".
E alla Juve ha trovato Conte, che gli ha parlato subito chiaro: "Cosa mi ha detto Conte la prima volta che ci siamo visti? 'Con me gioca il migliore, l'età non conta. Se pensi di poterti imporre qui da noi allora vieni e mostraci quello che sai fare'. Il mister mi ha punzecchiato, ha colpito là dove bisognava colpire per convincermi". E l'accordo tra loro è naturale, entrambi non sopportano di perdere: "Quando perdo mi scoccio, mi passa la voglia di giocare. Sì, detesto perdere. Chi dice che l'importante è partecipare? No, non è questo il mio motto. Io devo vincere". E quando il mister e la Società lo hanno punito ha accettato e capito la lezione: "Essere arrivato tardi a due allenamenti è stato poco professionale. Si è trattato di un malinteso, ma non doveva succedere: io sono il più giovane, dovrei arrivare in anticipo e seguire l'esempio dei veterani che sono sempre puntuali. Comunicando quanto era accaduto, il club mi ha riportato sulla terra, mi ha dato una bella lezione. Hanno fatto bene a riprendermi e a farmi saltare la partita successiva che ho seguito in tv pensando: bravo Paul, loro vincono e tu sei sul divano. La prossima volta arrivi puntuale". Anche le tre giornate rimediate per l'espulsione in Juventus-Palermo del 5 maggio 2013 gli son servite da lezione: "Ho commesso un altro errore sputando verso Aronica. Non l'ho colpito, ma il solo gesto è comunque da condannare. Non si fa, non è una cosa bella da vedere".

Chiellini: Il calcio torni ad essere uno sport e non una guerra - Lunga conferenza stampa ieri di Chiellini in quel di Coverciano. Si è partiti naturalmente dal calciomercato e dalla corsa al top player: "Noi non siamo preoccupati che non arrivi il top player e che non si riesca a colmare il gap. Premesso che poi che quelle del mercato sono questioni della società, ma ormai siamo da tanti anni nell'ambiente e uno capisce anche le difficoltà, non è così semplice prendere un giocatore da un giorno all'altro, soprattutto per i problemi economici o più che per i problemi, per i limiti economici che ci adesso in Italia e che ogni società deve rispettare. Non è più il momento come è stato qualche anni fa di follie senza pensarci. Sono sicuro che stiamo facendo il massimo per migliorare, poi che arrivi Jovetic, che arrivi qualche altro o non arrivi nessuno, quelle sono altre situazioni. Però sicuramente la società sta facendo il massimo per migliorare ogni reparto, per migliorare la squadra per arrivare a competere sempre più in alto. Due anni fa non eravamo neanche in Europa, quest'anno siamo tornati in Champions dopo tanti anni e abbiamo fatto un gran percorso". E nasce un paragone con le due tedesche che si sono contese la Champions: "Siamo partiti sicuramente più vicini ad una base come quella del Borussia. Siamo ripartiti quasi dalle ceneri, con una situazione forse mai successa nella storia della Juventus; sicuramente non quella recente. Ora penso che stiamo andando in una situazione più stile Bayern. La Juventus non vende i propri campioni, mentre il Borussia ne ha venduti uno, forse due, agli acerrimi rivali. Speriamo di arrivare ad uno stile Bayern, prendendo i giocatori che serviranno per un salto di qualità della rosa in essere". Sul fronte italiano pensa che la Juve l'anno prossimo troverà senz'altro due rivali agguerrite in Napoli e Inter che, col cambio di guida tecnica, possono avere una marcia in più rispetto alla passata stagione, il cambio potrebbe dare nuove energie: "L'Inter sarà pericolosa come noi quando non abbiamo partecipato alle Coppe. Mazzarri è preparato, è al top in Italia e anche in Europa. Darà tanto a una squadra che ha bisogno di uno come lui. Sarà un problema in più per noi. Benitez farà fatica a fare meglio di Mazzarri, ma è di livello internazionale. Fa piacere che sia tornato, sono curioso di rivederlo all'opera dopo aver avuto problemi nel post-Mourinho. Dare continuità è importante, ma a volte il cambio porta nuova energia, nuova linfa e nuova voglia di fare. Se si è bravi a metabolizzare il cambio con un nuovo spirito è una spinta in più. Il primo anno con Conte era di rodaggio, ma appena abbiamo ingranato siamo diventati imbattibili". E Conte ha qualcosa in comune con Prandelli, il ct della Nazionale: "Il mister Prandelli è una persona più pacata, ma hanno entrambi voglia di arrivare e vincere. Entrambi riescono a farci avere il loro pensiero e farcelo applicare in campo soprattutto".
Poi il discorso scivola sul razzismo, e qui Chiellini introduce qualche distinguo sulle polemiche recentemente scatenate dai cori contro Balotelli: "Bisogna distinguere il razzismo dalle questioni personali. I cori contro li prendiamo tutti, è normale. ma il razzismo deve rimanere totalmente fuori. Quando si parla di razzismo non esiste colore o rivalità, va abolito a prescindere. Se sento un coro contro Mario che non tocca il razzismo è sbagliato, ma va accettato, altro discorso se il coro è razzista, anche se non si può decidere autonomamente di uscire dal campo. Ci sono persone preposte a prendere queste decisioni, ma c'è grande volontà di debellare il razzismo".
Ma il brutto del calcio non è dato solo dai cori razzisti, c'è anche la violenza: "La violenza è un lato brutto che dispiace: come è capitato di dire anche al nostro allenatore, in alcune trasferte della Juventus sembrava di andare in guerra. Spero si vada sempre più avanti verso una situazione di sport e di piacere di andare allo stadio per vedere la partita".


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