Incompatibilità di 13 giudici FIGC e CONI

giustizia sportivaNell'estate 2006 ci avevano detto che avrebbero "riscritto le regole", che il rinnovamento e la trasparenza del mondo del calcio viaggiavano spediti, "senza deflettere di un centimetro". Erano gli ingredienti, sbandierati, del prodotto "Nuovo Calcio Pulito".
Da allora abbiamo visto il ritorno in sella di diversi elementi che erano stati accantonati con calciopoli e appreso, solo ultimamente, di palesi conflitti d'interesse di giudici della FIGC  e del CONI, se è vero quanto riportato in una interrogazione parlamentare presentata da 10 onorevoli del PD. Nel sonno generale di tutti i media che si sono eretti a trombettieri del nuovo calcio pulito, solo Tuttosport ha dato un piccolo spazio ad una notizia che reputiamo "importante" riportando, il 9 ottobre, questa notizia: INCOMPATIBILITA’ CARICHE. Dieci parla­mentari Pd hanno presentato un’inter­rogazione al Ministro di Giustzia per­ché “13 componenti di TAR Lazio e Con­siglio di Stato sono, al tempo stesso, com­ponenti di importanti organi di giustizia di Figc e Coni”, incarichi che per i firmatari dovrebbero essere incompatibili.
 
Riportiamo l'interrogazione fatta dai 10 onorevoli nella 66a seduta del Senato del 7 ottobre 2008, come da atti del Senato:
 
GENTILE, PICCONE, IZZO, SPEZIALI, VICECONTE, GERMONTANI, TOTARO, MAZZARACCHIO, CALIGIURI, CARRARA - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della giustizia - Premesso che:

ai sensi dell'articolo 3 della legge 17 ottobre 2003, n. 280, la funzione del controllo giurisdizionale sulla giustizia sportiva è stata devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed alla competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale Lazio in primo grado e del Consiglio di Stato in appello;

nell'ambito degli organi di giustizia di maggior rilievo, ovvero quelli di ultimo di grado Federazione italiana giuoco calcio (Figc) e Comitato olimpico nazionale italiano (Coni) rispettivamente Commissione di garanzia per la giustizia sportiva e Corte di giustizia federale presso la Figc e Camera di conciliazione di arbitrato per lo sport presso il Coni (Ccas), risultano prestare attività ben 13 componenti, i quali contemporaneamente svolgono funzioni di magistrato amministrativo presso il Tar Lazio (3 unità) ed il Consiglio di Stato (10 unità), ovvero gli organi giurisdizionali competenti per legge in ordine all'impugnazione degli atti emanati dagli stessi organi di giustizia sportiva;

la statistica di esito positivo per i ricorsi presentati contro Figc e Coni innanzi al Tar del Lazio ed al Consiglio di Stato risulta "anormalmente bassa", ovvero soltanto il 6,94 per cento (a fronte di una media di esiti positivi in tutti gli altri settori pari a circa il 40 per cento);

gli organi giurisdizionali indicati risultano avere un arretrato estremamente rilevante: oltre 160.000 ricorsi pendenti dinnanzi al Tar Lazio, come risulta dalla relazione del Presidente dello stesso Tar Lazio all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2008 (un numero analogo risulterebbe, a quanto è dato sapere innanzi al Consiglio di Stato, anche se non risultano esistere dati ufficiali a tale riguardo), ritardo cronico che - ai ritmi indicati nella stessa relazione (attivo di circa 2.000 ricorsi ogni anno, considerando un numero di 11.000 ricorsi depositati e di 13.000 ricorsi definiti nell'anno 2007) - necessita di circa 80 anni di lavoro per essere "smaltito" (e che determina, allo stato attuale tempi medi irragionevoli per la definizione dei ricorsi proposti, anche in violazione della cosiddetta "legge Pinto";

risulta opportuno che i magistrati amministrativi (e soprattutto quelli che svolgono le proprie funzioni presso il Tar Lazio ed il Consiglio di Stato) non siano più nominati come componenti degli organi di giustizia sportiva e che siano revocati coloro che sono stati già nominati in ragione: a) del fatto che, stante l'esistenza di un arretrato estremamente rilevante, è opportuno che i magistrati amministrativi svolgano le proprie funzioni in maniera esclusiva per gli organi giurisdizionali dei quali fanno parte; b) del fatto che il contemporaneo svolgimento di funzioni presso gli organi di giustizia sportiva (soggetto controllato) e gli organi di giustizia amministrativa di Tar Lazio e di Consiglio di Stato (soggetto controllante) possa essere rilevato come inopportuno conflitto di interessi da parte di magistrati della Repubblica (anche alla luce della "anormalmente bassa" percentuale di esito positivo dei ricorsi giurisdizionali proposti avverso provvedimenti emanati da organi della giustizia sportiva di Figc e Coni),

si chiede di sapere:

se il Governo sia a conoscenza del fatto che ben 13 componenti del Tar Lazio e di Consiglio di Stato, al tempo stesso, componenti dei più importanti organi di giustizia sportiva di Figc e Coni;

se non si ritenga di segnalare al Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa l'opportunità che sia dichiarata l'incompatibilità della funzione giurisdizionale di magistrato amministrativo (in generale o quanto meno in relazione ai magistrati di Tar Lazio e di Consiglio di Stato) con lo svolgimento di ogni incarico presso gli organi dell'ordinamento sportivo.
 

Il CSM, anni addietro, si era posto il problema ed aveva adottato delle misure restrittive che, ora, sembrerebbero essere venute meno, secondo la suddetta interrogazione parlamentare. Abbiamo trovato questo documento di qualche anno fa che parlava delle intenzioni del CSM in merito ai giudici impiegati nello sport:
 
Gli incarichi extragiudiziari dei magistrati
di Edmondo Bruti Liberati

7.Gli incarichi sportivi
Uno dei principi cardine posti dal Csm è il divieto di “incarichi conferiti da privati, anche quando siano previste forme di finanziamento o partecipazione pubblica”. Una singolare deroga è prevista per gli incarichi “sportivi”; una deroga significativa poiché nel corso degli atti numerosi magistrati sono stati autorizzati ad assumere funzioni di inquirenti o di giudice negli organi della giustizia sportiva di diversi settori, anche professionistici (in particolare nel calcio). Il Csm, soprattutto a partire dal 1994, ha
tentato di ridimensionare il fenomeno, ma si è scontrato con fortissime pressioni della Federazione gioco calcio, oltre che verosimilmente dei magistrati interessati.
Per quanto ciò possa apparire paradossale, il rilievo del calcio nel nostro paese e l’interesse ad una giustizia sportiva efficiente e credibile hanno trovato eco nella maggioranza dei componenti del Csm, determinando una battuta d’arresto. Si procede per piccoli passi: con delibera del 1996 si decide di limitare le autorizzazioni alle sole funzioni di giudice sportivo escludendo quelle di inquirente (ma nel 1997 si prorogano le autorizzazioni già in corso). Nel 1998 a seguito di un contatto “ai massimi livelli” con il presidente del CONI si giunge ad una sorta di intesa sancita in una delibera del Csm:
il numero complessivo dei magistrati viene ridotto per la stagione agonistica da 174 a 70. Nel 1999 finalmente il Csm fissa il principio che il numero massimo dei magistrati verrà definito “ogni quinquennio, sentito il Coni e le Federazioni interessate” e stabilisce in 80 il limite massimo per il primo quinquennio; introduce il principio del limite massimo di cinque anni per questo tipo di incarico, ma poi ne differisce l’applicazione per gli incarichi in corso. Si noti che per gli incarichi “normali”, da supporre più consoni ai magistrati, il limite è fissato in tre anni, rinnovabili solo in via eccezionale.
Forse la categoria del surreale è quella che meglio si addice alla vicenda; di certo consente di misurare il rilievo sociale del calcio nel nostro paese. Ci può forse consolare il ricordo che la recente coppa del mondo in Francia e la vittoria della nazionale locale hanno assunto un non minore rilievo ed attenzione anche dalle massime autorità politiche.
In ogni caso dal 1998 il Csm ha ormai decisamente esteso anche agli incarichi sportivi la linea restrittiva adottata in generale; i provvedimenti di autorizzazione mostrano questa tendenza: nel 1997 119, nel 1998 67, nel 1999 3.
Il pressing calcistico ha ottenuto il mantenimento degli incarichi di giudice già in corso, ma il turn over è sostanzialmente bloccato.
 
Eppure la soluzione sarebbe semplice: scegliere solo tra chi non riveste cariche incompatibili o tra i magistrati a riposo. Invece, nell'articolo 12 ter dello Statuto del CONI, che stabilisce i requisiti per la presentazione delle candidature, c'è un "anche" di troppo:
 
Art. 12 ter - Il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport
1. Il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, ove previsto dagli Statuti o dai regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, in conformità agli accordi degli associati, ha competenza arbitrale sulle controversie che contrappongono una Federazione sportiva nazionale a soggetti affiliati, tesserati o licenziati, a condizione che siano stati previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o comunque si tratti di decisioni non soggette a impugnazione nell’ambito della giustizia federale, con esclusione delle controversie che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni inferiori a centoventi giorni, a 10.000 euro di multa o ammenda, e delle controversie in materia di doping.
2. Al Tribunale può, inoltre, essere devoluta mediante clausola compromissoria o altro espresso accordo delle parti qualsiasi controversia in materia sportiva, anche tra soggetti non affiliati, tesserati o licenziati.
3. Nella prima udienza arbitrale è esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione. Avverso il lodo, ove la controversia sia rilevante per l’ordinamento giuridico dello Stato, è sempre ammesso, anche in deroga alle clausole di giustizia eventualmente contenute negli Statuti federali, il ricorso per nullità ai sensi dell’art. 828 del codice di procedura civile.
4. Il Tribunale provvede alla soluzione delle controversie sportive attraverso lodi arbitrali emessi da un arbitro unico o da un collegio arbitrale di tre membri.
5. Gli arbitri unici o membri del Collegio arbitrale sono scelti in una apposita lista di esperti, composta da un numero compreso tra trenta e cinquanta membri, scelti dall’ Alta Corte di giustizia sportiva, anche sulla base di candidature proposte dagli interessati, tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni ordinaria e amministrative, i professori universitari di ruolo o a riposo e i ricercatori universitari di ruolo, gli avvocati dello Stato e gli avvocati del libero foro patrocinanti avanti le supreme corti, e, in numero non superiore a tre, alte personalità del mondo sportivo, che abbiano specifiche e comprovate competenze ed esperienze nel campo del diritto sportivo, come risultanti da curriculum pubblicato nel sito internet del Tribunale. I componenti del Tribunale sono nominati con un mandato rinnovabile di quattro anni. All’atto della nomina, i componenti del Tribunale sottoscrivono una dichiarazione con cui si impegnano ad esercitare il mandato con obiettività e indipendenza, senza conflitti di interesse e con l’obbligo della riservatezza, in conformità a quanto previsto dal Codice e dal Regolamento disciplinare di cui al comma 4 dell'art. 12 bis.
6. Il Tribunale provvede alla costituzione dei collegi arbitrali e assicura il corretto e celere svolgimento delle procedure arbitrali, mettendo a disposizione delle parti i necessari servizi e infrastrutture. Il Segretario generale del Tribunale è nominato dall’Alta Corte di giustizia sportiva nei cui confronti ha l'obbligo di rendiconto finanziario.
7. L’Alta Corte di giustizia sportiva è competente a decidere, con ordinanza, sulle istanze di ricusazione degli arbitri e ad esercitare, ogni altro compito idoneo a garantire i diritti delle parti, a salvaguardare l'indipendenza degli arbitri, nonché a facilitare la soluzione delle controversie sportive anche attraverso l’esemplificazione dei tipi di controversie che possono essere devolute alla cognizione arbitrale.