Accuse Juve: il condizionamento arbitrale

ArbitriLuciano Moggi, grazie ai rapporti intrattenuti con il presidente dell’Aia Tullio Lanese e i designatori Bergamo e Pairetto, avrebbe esercitato un controllo assoluto sulla classe arbitrale. Le intercettazioni non sembrano però offrire conferme al riguardo. Le telefonate del direttore generale bianconero con Lanese non forniscono elementi probanti di un eventuale accordo né fanno intuire l’esistenza di un’intesa sospetta tra i due: prog.27 e 100 del 5 e 6 novembre 2004 si riferiscono ad una richiesta d’incontro che Lanese rifiuta in quanto non disponibile; prog.2528 e 2575 del 10 novembre 2005 riguardano la vicenda Paparesta, che esamineremo più avanti. Le restanti conversazioni sono tutte relative al periodo prenatalizio (dal 17 al 22 dicembre 2004) ed hanno il seguente contenuto: la figlia di Lanese chiede in regalo un pallone ufficiale della Juventus; Lanese chiede a Moggi quattro biglietti per la prossima partita di Coppa contro il Real Madrid (usanza, come vedremo, tipica anche in altre società); la moglie di Lanese dice di essersi annoiata alla cena di Natale a casa Pairetto; Moggi chiede alla segretaria di preparare delle magliette da regalare; Moggi e Lanese si fanno gli auguri. Secondo i Carabinieri la cena natalizia è servita senz’altro a cementare il pactum sceleris tra i componenti del sodalizio criminoso. Peccato che l’analisi delle telefonate renda un quadro della situazione assai diverso: Bergamo sospetta che Lanese si stia accordando con Abete (prog.123 «l’altra voce che corre nell’ambiente, comunque, ecco perché ti dico che la voce di Lanese è accreditata. Perché Lanese ed Abete…»); Mazzini teme che l’arrivo di Collina possa cambiare le forze in campo (prog.26618: «la grande paura è l'è che venga lui!»); Bergamo, che sente aria di licenziamento, litiga con Carraro (prog.32727 «Tutto l’ambiente sa già che lei ha contattato Collina per prenderlo… non ha fatto un figurone mi creda! […] è che io sono delegittimato! È lei che m’ha delegittimato! Ha capito! Sì o no?»); Bergamo viene avvisato di guardarsi da Pairetto (prog. 6239, informato dalla sua convivente: «sai è più che altro, eh, è da Gigi che ti devi guardare […] è sempre stato un po’ spregevole ma insomma… aumenta!»); Bergamo definisce Pairetto e Lanese (26618) «due troie che sono abituate da una vita a tradì tutti», ricevendo pronta conferma da Mazzini: «io non gli ho mai dato confidenza e tu lo sai perché non mi fido […] bello e bellino, ma te lo mette nel culo, capito?Anche Tullietto... (Lanese, nda)». Difficile quindi ipotizzare una coesione all’interno del “sodalizio criminoso” se gli stessi “affiliati” dimostrano di sopportarsi poco. Emerge piuttosto una situazione di confusione ove il nome di Moggi, quando appare, non è mai associato ad un ruolo di potere ben definito. Gli accordi tra le parti sembrano nascere e morire nel breve volgere di poche settimane, dettati più che altro dalla contingenza degli interessi personali. Il quadro non migliora nemmeno quando entra in gioco Maria Grazia Fazi, la famigerata segretaria della Can che, stando agli investigatori, avrebbe ricoperto un ruolo decisivo nel condizionamento del settore arbitrale. In realtà, dalla lettura dei testi, affiora il ritratto di una donna piuttosto triviale e dai modi spicci, preoccupata più che altro dei fatti propri, come quando cerca di far ottenere al figlio un posto in Federazione (al quale concedono un contratto temporaneo di tre mesi, che non viene poi rinnovato…). La Fazi appare del tutto lontana dalle posizioni di Moggi, al punto che nelle sue conversazioni con Bergamo parla di lui in termini assolutamente negativi. Tragicomica la lunghissima telefonata in cui la donna, mentre sta facendo la spesa in un supermercato (luogo ideale per ordire la congiura criminosa ai danni del campionato), racconta al designatore dell’incontro da lei avuto con il dirigente juventino. Questi si sarebbe lamentato di alcuni torti arbitrali subiti (Moggi, re del calcio, che va a lamentarsi da una comune segretaria?) suscitando la sua seccata reazione:
Bergamo: ti sei divertita o no? Dimmi il risultato finale
Fazi: Guarda, mi son divertita Paolo, mi son sentita realizzata credimi! E nel bel mezzo del discorso, che poi ti faccio, so scese due lacrime belle, l’ho sconvolto Paolo! (…)
F:Allora, intanto mi ha dedicato un’ora e un quarto del suo tempo, senza telefonino! Quindi significa che la cacarella è arrivata proprio.
B: Uh, sì. Ah, questo mai, nemmeno quando c’è il numero uno, eh. Anche quando c’è il numero uno il telefono è sempre in funzione, eh.
F: Eh, appunto… ma te lo giuro, l’ha spento! Quello che c’ha la suoneria della Domenica Sportiva.

Nella stessa telefonata la Fazi riserva parole poco affettuose anche nei confronti di Tullio Lanese («tu ti fidi di Lanese? Non mi fido, te lo dico io, è venuto anche a Torino ma l’ho fatto ritornare giù con le pive nel sacco […] Tanto Lanese prima o poi la paga, perché mi ha fatto anche altre cose»), dice di non conoscere Giraudo («del dottor Giraudo, che io non conosco») e si lascia andare ad alcuni commenti maligni nei confronti di Pairetto. Infine, l’ineffabile segretaria sembra essere tutto tranne che juventina, come dimostra quest’altro brano in cui esprime la sua preferenza nei riguardi della Roma:
Fazi: io sì domenica andiamo allo stadio. Ok, che andamo a vedè? Lazio-Juve! Alché io ci ho avuto un attimo… ho detto Lazio-Juve non è male al che ho detto scusame eh, ma se gioca… la Roma domenica come facciamo a andà allo stadio a vedè Lazio-Juve? No, infatti è Juve-Lazio… e allora ci andate voi gli ho detto! Ecco! A proposito Paolo domenica mi servirebbero due biglietti per Marisa!
Bergamo: per la Roma?
Fazi: è possibile? Sì, Roma-Sampdoria
Bergamo: e gli do gli abbonamenti perché gli altri li ho posizionati! Quindi gli do due abbonamenti! Noi c’abbiamo tre biglietti e due cose no?

Una testimonianza di Manfredi Martino, segretario della commissione arbitrale, allontana ulteriormente i sospetti di possibili accordi tra Moggi e la Fazi: «Posso dire sul conto della Fazi che io sono stato testimone in alcune circostanze di colloqui telefonici della donna con Meani. I due magari discutevano soprattutto il venerdì, in occasione dei sorteggi, di quanto accadeva e cioè la Fazi comunicava a Meani quale era la composizione delle griglie e poi, a sorteggio avvenuto, comunicava a me e a Meani, quali erano stati gli arbitri designati per le partite. […] Intendo fornire una spiegazione: i dirigenti juventini volevano che la Fazi venisse tenuta lontano dagli arbitri e dagli assistenti che si radunavano a Coverciano proprio per evitare che potesse esercitare una influenza su uno o più arbitri secondo prospettive non gradite alla Juventus».(Il Tirreno, 11 giugno 2006) All’interno di questo intricato scenario non accade mai che Moggi chieda, neppure implicitamente, arbitri concilianti o istruisca i designatori su come rapportarsi nei loro confronti. Al contrario, Moggi parla di arbitri solo in relazione a torti subiti. Ciò nonostante i Carabinieri non rinunciano alla convinzione iniziale, integrandola con un astruso corollario: gli arbitri sono infallibili, laddove sbagliano è perché sono corrotti. Questo è il ragionamento che emerge soprattutto dall’informativa del 2 novembre 2005, nella quale si opera una cronistoria degli errori arbitrali a favore della Juventus, supportandola, (incredibile ma vero) con commenti tratti dalla Gazzetta dello Sport, da Repubblica e dai siti internet delle squadre che di volta in volta affrontano i bianconeri (ad esempio lecce.it o lazio.it). Una procedura già di per sé lacunosa, che diventa risibile giacché vengono completamente omessi i torti arbitrali subiti dalla Juventus. Nel caso di Inter-Juventus del 27 novembre 2004 (2-2), viene citato un molto dubbio rigore di Thuram su Adriano ma si trascura la mancata espulsione di Toldo per il fallo da rigore su Zalayeta. Semplicemente incredibile poi l’analisi di Parma-Juventus del 6 gennaio 2005 (1-1) in cui i Carabinieri sottolineano una serie di mancate rilevazioni di falli a centrocampo, dimenticandosi del nettissimo rigore per la Juventus non fischiato da De Santis (arbitro indicato come fedele appartenente alla cupola) per un fallo di mano di Bovo. Ecco il commento di Repubblica omesso nell’informativa: «De Santis sbaglia a svantaggio della Juventus perché il mani di Bovo su Del Piero non sembra affatto involontario e devia chiaramente la traiettoria del pallone». Curioso che i Carabinieri, che si avvalgono spesso dei giudizi di Repubblica per comprovare le loro tesi, abbiano tralasciato questo fondamentale passaggio. Del rigore si fa in seguito solo una sfuggente menzione, ma unicamente per dimostrare che il mancato rimprovero di Moggi a De Santis è la prova inconfutabile della sua appartenenza al “sistema”. Non viene però spiegato per quale perverso meccanismo De Santis avrebbe dovuto ignorare un episodio tanto evidente. Analogo atteggiamento viene tenuto anche in relazione alla partita Roma-Juventus del 5 marzo 2005 (1-2) in cui si insiste sul gol in fuorigioco di Cannavaro e sul rigore concesso alla Juve con il contatto falloso su Zalayeta avvenuto sicuramente (in base a cosa non è dato sapere) fuori area. Viene riprodotta anche la cronaca dell’incontro apparsa su Gazzetta.it ma, misteriosamente, senza prendere in considerazione i falli di Dacourt e Cufré che avrebbero costretto la Roma a giocare in nove fin dal primo tempo, e il gol regolarissimo annullato a Ibrahimovic nella ripresa. È quindi il metodo stesso di indagine ad apparire sconclusionato, se non folle: per Inter-Juventus la prova del condizionamento risiede nelle proteste di Toldo riportate da Repubblica mentre per Roma-Juventus è la cronaca della Gazzetta. Allo scoppio di Calciopoli è stato fatto notare che prima c’erano solo le lamentele degli avversari, mentre ora vi sono anche le prove. Grazie all’informativa, si deve invece concludere che le lamentele sono le prove stesse.
L’informativa del 19 aprile 2005 contiene anche un capitoletto dal pomposo titolo: «Moggi e gli arbitri», aperto dalla seguente affermazione: «L’attività investigativa ha messo in luce che Luciano Moggi, oltre a gestire le designazioni arbitrali, sfruttando la sua posizione dominante nel sistema calcio, riesce ad esercitare una funzione di controllo diretto su alcuni arbitri, i quali subiscono il fascino e la potenza dello stesso oltre (che) della squadra gestita dal medesimo». Peccato che nelle telefonate poi riportate non vi sia traccia di alcun colloquio telefonico tra il dg bianconero e gli arbitri (né con i designatori). Vengono invece riferite conversazioni tra Moggi, il giornalista Franco Melli e il moviolista Fabio Baldas riguardo al trattamento da riservare alle giacchette nere all’interno del Processo del Lunedì . Singolare poi che i Carabinieri non si accorgano come nelle telefonate in questione Moggi cerchi solo di difendere la Juventus, svantaggiata da un errore arbitrale a Cagliari (mancata espulsione di Abeijon e rigore non assegnato per un fallo su Trezeguet). Non vi è quindi alcun indizio che faccia pensare ad un coinvolgimento diretto di Moggi o a influenze illecite da lui messe in atto nei confronti degli arbitri. Una conclusione alla quale è pervenuta anche la richiesta di archiviazione del procuratore di Torino, Marcello Maddalena, incomprensibilmente trascurata dagli organi di informazione:
La sussistenza di una associazione per delinquere così strutturata non avrebbe potuto che comportare l’intraneità ad essa, nella veste di meri partecipi, di quei soggetti che materialmente potevano assicurare la effettiva alterazione delle partite, ossia gli arbitri e/o guardalinee e/o (ma in misura minore) gli osservatori. Dall’insieme delle attività istruttorie svolte non è però stata positivamente confermata la dolosa compartecipazione di nessuno di questi (invero, assai numerosi) potenziali partecipi al programma delittuoso dell’ipotizzato sodalizio
A dissipare ogni dubbio interviene anche un altro documento interessantissimo: una ricerca realizzata dall’Università di Messina e dalla Queen University di Londra secondo la quale la Juventus non ha ottenuto nessun vantaggio (anzi, solo svantaggi) dai fischietti considerati amici. Il resoconto dello studio è stato pubblicato su La Stampa del 3 settembre 2006, sotto forma di un’intervista di Guglielmo Buccheri ai loro realizzatori:
ROMA. «Il nostro studio è nato quasi per caso, ma adesso siamo in grado di dare alcune risposte statistiche al fenomeno di Calciopoli: se c’è stato un campionato, sleale, parallelo, Juventus, Milan, Lazio e Fiorentina lo hanno giocato con alterne fortune». Il professor Pietro Navarra, pro-rettore all’Università di Messina, ci introduce nel viaggio all’interno di un’analisi che apre inedite riflessioni sul caos del calcio italiano. Uno studio compiuto insieme ai colleghi Walter Distaso e Leo Leonida della Queen Mary University of London e Dario Maimone Ansaldo Patti dell’Università di Messina.
Professor Navarra, qual è stato il vostro punto di partenza?
«Abbiamo raccolto i dati relativi a tutte le partite del campionato 2004-05 ed abbiamo svolto alcuni test per verificare la validità dell’ipotesi secondo cui la performance delle 4 squadre sotto esame sia stata influenzata positivamente dai 9 arbitri indagati dalla procura di Napoli».
Quali parametri avete usato?
«Abbiamo calcolato il fattore campo e la forza di ogni singola squadra a cui abbiamo assegnato un determinato valore. All’arbitro sotto indagine è stato dato un particolare peso specifico: il nostro obiettivo era quello di dare risposta all’interrogativo se esiste una relazione sistematica tra i risultati delle squadre sotto inchiesta e le partite da esse giocate e dirette dai fischietti indagati».
Tecniche econometriche applicate al fenomeno Calciopoli: il verdetto?
«I nostri risultati dimostrano come gli arbitri indagati non hanno influenzato la probabilità di vittoria nelle partite da loro arbitrate quando a giocare erano Milan e Fiorentina, mentre hanno condizionato l’esito delle gare di Juventus e Lazio, ma in modo opposto per i due club».
Juventus e Lazio con fortune diverse?
«Se per la Lazio la probabilità di vittoria cresce sistematicamente, la stessa diminuisce altrettanto sistematicamente nelle partite giocate dalla Juventus».
A quale interpretazione vi hanno portato i numeri in vostro possesso?
«L’ipotesi che più ci piace seguire è quella dell’esistenza di un campionato parallelo dove la Juventus ha giocato piuttosto male visto i grafici in nostro possesso. E, dove, al contrario la Lazio si è ben difesa».
Un campionato, sleale, parallelo che sembrerebbe dal punto di vista scientifico avallare la tesi di Moggi quando l’ex dg bianconero parla di una Juventus costretta a difendersi.
«Nel campionato parallelo c’erano in lizza diverse forze, ognuna decisa a condizionarne l’esito. Una cosa sia comunque ben chiara, i risultati delle analisi non devono essere assolutamente considerati come una verifica del comportamento lecito o illecito dei dirigenti e delle società coinvolti nello scandalo».
Se, statisticamente, la Juventus risulta uscire con probabilità di vittoria in regresso quando ad arbitrarla sono stati i nove fischietti indagati, si può affermare che non ha guadagnato punti?
«Un’affermazione che, se è vera l’ipotesi dell’esistenza di un campionato parallelo giocato fuori dal campo, ci porta a dire che nessun’altra squadra vince il campionato al posto dei bianconeri perché altrimenti avremmo potuto quantificare i punti da togliere ai bianconeri».
Oltre all’ipotesi dell’esistenza di un campionato parallelo, quali interpretazione di Calciopoli suggerisce la vostra analisi?
«Sono emerse altre due interpretazioni. La prima ci porta a sostenere che non esistesse alcuna relazione organica fra società e dirigenti con l’obiettivo di condizionare il campionato attraverso le designazioni arbitrali. E, questo, per gli stessi effetti contraddittori del ruolo degli arbitri sulla performance sportiva delle squadre deferite».
E, la seconda?
«Si può sostenere l’esistenza di tali relazioni, ma dalla scarsa produttività visto come Milan e Fiorentina risultano non aver avuto in modo sistematico né benefici né danni, come la Juventus abbia avuto solo danni e la Lazio, unica, ne abbia beneficiato. Noi, ripeto, preferiamo riflettere sull’ipotesi sistemica per noi più interessante che ci porta a configurare l’esistenza di un campionato, sleale, parallelo con forze diverse in campo e giocato con alterne fortune dalle società sotto indagine».