Dove tira il vento?

Marco Tronchetti ProveraLa sottile linea tra il garantismo e la beatificazione.

Ieri sono stati notificati gli avvisi di chiusura delle indagini sul caso Pirelli/Telecom. Il primo avviso, come sempre, è stato “intercettato” dal quotidiano “La Repubblica” che per primo ne ha dato notizia. Sono seguiti, in serata, i comunicati da parte di Pirelli prima (19:42) e di Telecom Italia poi (21:03).
Entrambe le società risultano iscritte nel registro degli indagati in base alla legge 231, legge che disciplina la responsabilità amministrativa e che, nel caso specifico, vede Pirelli e Telecom responsabili di non aver vigilato sui propri dipendenti e di non aver intrapreso le misure di sicurezza necessarie a far sì che non vengano commesse violazioni in azienda. Insomma, è noto già da ora che le due aziende se la caveranno con una multa irrilevante sia rispetto all’entità dei danni procurati che rispetto alla loro ricchezza. Si parla, al massimo, di un paio di milioncini di euro. Cosa da niente per chi ne perde decine, ogni mese, per sbadataggini varie.
A colpire i giornali e buona parte dell’opinione pubblica sono state le assenze, nel registro degli indagati, di Marco Tronchetti Provera e Carlo Orazio Buora. Le malelingue sostengono che tali assenze sarebbero dovute al fatto che MTP avesse già “pagato” cedendo le sue partecipazioni in Telecom Italia. L’opinione pubblica continua a chiedersi come sia possibile che una security operi in perfetta autonomia ma “nell’interesse del gruppo” o, ancora, come sia possibile che nessuno dei membri del CDA sia mai chiesto da dove provenissero le informazioni presenti nei dossier.

I giornalisti, invece, tardano ad esporre un loro parere personale e, notizia vera, fanno i giornalisti limitandosi ad esporre i fatti. E’ così raro vedere dei giornalisti fare il loro mestiere, che non si può soprassedere.
Ha voluto prendere subito le distanze da questa buona condotta il quotidiano “il Giornale” che oggi, domenica 20 luglio, ha pubblicato un meraviglioso articolo firmato da Nicola Porro. L’articolo "L’asse pm-stampa che ha rovesciato Tronchetti" sarebbe da prendere a modello da quanti bramano di poter rigirare ogni evento a favore della propria tesi e da quanti non capiscono come sia possibile trascurare anche gli eventi già noti.
Il buon Porro parte già con il piede sbagliato: “Tre anni di indagini sulle presunte intercettazioni Telecom”.
Eh no, le indagini si erano focalizzate, sin dall’inizio, sul traffico di tabulati telefonici, accessi abusivi a banche dati, corruzione, dossieraggi e altro. La storia delle intercettazioni telefoniche è venuta fuori sui giornali, è un’inesattezza pari alla sua di apertura.
Ma la bella partenza del giornalista de “il Giornale” non finisce qui e rilancia con Tavaroli che “avrebbe gestito per fini privati security e quattrini della Telecom”.
Dunque abbiamo un Tavaroli che, evidentemente, condivideva gli stessi interessi della presidenza di Telecom Italia. Non si spiegherebbe altrimenti il motivo per cui a finire dossierati erano quanti mettevano i bastoni tra le ruote alla società o al presidente, come ad esempio i funzionari del Garante per la Concorrenza, né perché i dossierati erano anche quanti stavano per rinnovare o avviare una partnership con Telecom Italia. A questo punto viene spontaneo porsi una domanda: ma il presidente di Telecom Italia era MTP o Giuliano Tavaroli? Il pacchetto di azioni era di MTP o di Tavaroli? Se Telecom Italia andava male, se venivano pubblicati articoli calunniosi, se qualcuno poteva danneggiare la società, chi ci rimetteva? MTP o Tavaroli?
Le risposte sarebbero ovvie ma, evidentemente, non lo sono per Porro e, probabilmente, non lo sono neanche per i PM che hanno portato avanti l’inchiesta. Forse hanno impiegato tre anni proprio per cercare di dare una risposta a queste domande, chissà …

Capitolo “superamanda”.
Porro ha atteso la chiusura delle indagini per scoprire che non esiste; anni fa se ne era già discusso in parlamento, ma forse era impegnato in altre faccende e, in seguito, non ha trovato il tempo di leggersi le relazioni. Nulla c’entra “superamanda”, dato che il suo nome era solo stato accennato negli atti. Così come nulla c’entra “superamanda” col fatto che in Telecom Italia potessero essere effettuate delle intercettazioni in tempo reale. Affermare il contrario non è offrire un servizio veritiero e completo ai lettori di un quotidiano. Se hai in mano una compagnia telefonica, è del tutto naturale che tu possa accedere a tutto il traffico che passa attraverso i tuoi sistemi, i tuoi cavi e i tuoi satelliti. Se non fosse possibile, non saresti in grado neanche di inoltrare quel traffico a terzi. Ma sarebbe presuntuoso da parte nostra pretendere che un giornalista si informi prima di scrivere un articolo. Sempre a proposito delle intercettazioni, questa volta legali, l’informatissimo Porro ci dice che la Telecom era esclusa “per la sua competenza operativa”. Certo era solo un caso se il CNAG (Centro Nazionale Autorità Giudiziaria) fosse dentro Telecom Italia e gestito da dipendenti di Telecom Italia.
Non è al CNAG che fai le intercettazioni, è vero, ma se chi le ordina deve venire da te a chiedere il permesso e se devi essere tu a inoltrare il traffico, non puoi considerarti fuori dalla “competenza operativa”. Nell’articolo è stato tirato in ballo anche “lo scandalo del calcio (Moggi&Co)” e, tornando alla “competenza operativa”, Tronchetti Provera con TIM era sponsor di serie A e B, con Pirelli è tuttora sponsor di una squadra di calcio, siede ancora oggi nel CDA della stessa squadra di calcio e, nei CDA di Pirelli/Telecom, erano presenti due signori: uno si chiama Massimo Moratti e l’altro Carlo Orazio Buora. Il primo è l’attuale presidente di quella squadra di calcio e l’altro è ex vicepresidente della stessa squadra di calcio. Per chi non lo sapesse, questa squadra di calcio è l’Inter.
Senza dimenticare che l’ex presidente dell’Inter, il sempre compianto e rimpianto Giacinto Facchetti, dopo aver incontrato privatamente un arbitro, si era servito di Pirelli per arrivare a quell’Emanuele Cipriani che ha confezionato dei dossier con dentro calciatori, dirigenti sportivi, arbitri e, per farla breve, mezzo mondo del calcio nostrano.
Come dicevamo, parlando di “competenza operativa”, ci chiediamo: se i PM di Napoli avessero inoltrato una richiesta nei confronti di Buora o di Moratti, le “sonde” individuate all’interno del sistema avrebbero fatto suonare un campanello di allarme e loro avrebbero potuto esserne informati immediatamente? Non siamo moralisti, non si condanna l’ovvietà di tale operazione, ma si vuole far notare che è ardito pensare di poter far credere il contrario. Si vuole inoltre ricordare al signor Nicola Porro e, più in generale, alla redazione de “il Giornale” che – almeno a quanto risulta dagli atti – i PM anziché inviare immediatamente un team di periti a ispezionare i sistemi di Telecom Italia, hanno atteso un audit interno e tale audit è stato firmato da Fabio Ghioni.
Caro Porro, le dice niente questo nome? Le pare normale basare le sue tesi su quanto censito da una persona indagata nella stessa inchiesta?

Andiamo avanti e passiamo ad un'altra inesattezza. Porro afferma che la DIGOS avesse chiesto a Bove i nominativi di quattro utenze e che queste quattro utenze appartenevano a uomini del SISMI. Anche questa volta devo immaginare che la sua sia semplice disinformazione. In realtà, a meno che lei non abbia fonti dirette, quali i servizi segreti o i PM, uno dei numeri pare appartenesse a Tiziano Casali, il capo della scorta di MTP. In un anno in cui tutti hanno voglia di compiacere il capo per prendere il posto di Tavaroli in Telecom Italia, capirà che questa era una notizia di enorme importanza e che dare quel nominativo poteva non essere visto di buon occhio all’interno dell’azienda. Difatti Tavaroli era già in Romania, quindi la DIGOS, seguendo la sua teoria, non si sarebbe fidata di Gustavo Bracco, che in quel momento ricopriva ad interim il posto lasciato vacante da Tavaroli e che aveva avuto un’accesa discussione con Bove proprio a causa di quei nominativi, o non si fidava di Aldo Cappuccio, allora responsabile dei Servizi per l’Autorità Giudiziaria e che è ancora oggi al suo posto.

Capitolo RADAR.
RADAR non è stato “scoperto” ma, come afferma lei stesso, era un sistema antifrode, presente dal 1999, da sempre utilizzato. Lo “scopritore” poi è stato Fabio Ghioni durante il già citato audit ed è servito a cercare di gettare fango e responsabilità su un morto, Adamo Bove, non certo sulla Vergine della Bicocca.

Sperando di non averle rubato troppo tempo, sig. Porro, la lasciamo tornare a giocare con il suo iPhone. Un cellulare che, come molti giornalisti, è capace di adattarsi alle esigenze visive del padrone e di riprodurre la musica che più lo delizia. Peccato che, sempre come molti giornalisti, sembra sia difficile mantenerlo pulito.


Nota della redazione: il giornalista citato, Nicola Porro, e quanti la pensino diversamente o possano provare cose diverse da quanto abbiamo scritto, possono far pervenire il loro pensiero a questa redazione, scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.