Dossier doping: il processo d'appello e l'assoluzione - Pagina 2

Con lo stesso tono e, se possibile, con maggior forza insiste l’editoriale “Giustizia e verità” di Giancarlo Padovan, su Tuttosport del 15 dicembre:

La sentenza con cui la terza sezione della Corte d'Appello di Torino ha assolto in secondo grado l'amministratore delegato, Antonio Giraudo e il medico del club, Riccardo Agricola, riabilita la Juventus, ripristina la verità, riafferma i princìpi della giurisprudenza. La riabilitazione bianconera coglie uno snodo fondamentale nello smantellamento dell'ipotesi di uso di Eritropoietina, la famigerata Epo: non c'era e non veniva somministrata, dunque alla Juve non veniva praticato doping, né sistematico, né occasionale. Sul piano morale e sportivo è questo il successo più vistoso da ascrivere alla difesa e il riconoscimento più ampio reso dai giudici agli imputati: insussistenza del fatto, inesistenza del reato. Era quanto, dalle colonne di questo giornale, senza ambiguità o reticenze, avevamo chiesto fin dal 27 novembre 2004, il giorno successivo al primo verdetto: «Siamo di fronte ad una sentenza - scrivemmo allora -, restiamo in attesa della verità. Il verdetto di assoluzione nei confronti di Antonio Giraudo costituisce un comprensibile motivo di soddisfazione per la Juventus, ma la condanna del dottor Riccardo Agricola costringe il club a puntare tutto sul processo d'appello. (...) È vero, tecnicamente, con Giraudo è stato scagionato il club. Tuttavia di questo club il dottor Agricola era, è e, a quanto è stato detto, resterà il responsabile sanitario. Quindi se Giraudo nel processo incarnava la Juve, Agricola appartiene ad una struttura vitale all'interno della società. Per parte del club ottenere giustizia significa adesso incassare anche l'assoluzione del suo medico. In caso contrario sarà confermata la tesi di Guariniello». Stavolta la Juve non ha vinto, ma stravinto. Guariniello non è stato battuto, ma azzerato, l'impianto accusatorio disintegrato, della sua linea non è rimasto nulla. Il pubblico ministero non è il solo a uscire metaforicamente malconcio dall'esito del secondo processo. Lo schiaffo nei confronti del giudice monocratico è altrettanto sferzante: per la terza sezione della Corte d'Appello, non è applicabile al doping una legge - quella sulla frode sportiva - creata per altro scopo (calcioscommesse e affini), né si può parlare di doping in assenza di una lista di sostanze e senza indicazione dei metodi. Un autentico abbaglio giuridico, dunque, in attesa delle motivazioni (tempo novanta giorni) destinate a rendere ancora più buio il quadro per l'accusa. Sentenza inequivocabile perché pronunciata da una corte, quella presieduta da Gustavo Witzel, che ha fama di durezza e severità almeno quanto è considerata rigorosa, perfino rigida. Guariniello ricorrerà per Cassazione con pochissime speranze, mentre Riccardo Agricola si avvia ad ottenere il proscioglimento anche davanti alla Disciplinare calcistica e l'archiviazione del fascicolo aperto dalla Federazione medici sportivi. Agricola è in credito di sette anni e due mesi con la Giustizia. Da ieri la Giustizia ha cominciato a risarcirlo con la verità.

D’Onofrio, il grande sconfitto, reagisce con distacco alla lettura del dispositivo assolutorio ma non fa mancare, ai giornalisti, una sua notazione personale:

Questa sentenza chiude un fronte, con un altro esito le indagini avrebbero potuto espandersi. Così è chiaro che il calcio è intoccabile. […] Rispetto la sentenza. I giudici avranno ritenuto non sufficienti gli indizi a carico. Quello che è certo è che da oggi in poi nessuno più indagherà su cosa accade nelle infermerie delle squadre di calcio ( ANSA del 14 dicembre 2005).

Stupisce questa improvvisa sete di pulizia e di giustizia: quello che conta non è la Juve ma la salute, il bene del calcio. Verità incontrovertibili, per la carità, ma ancora non si comprende perché la strada che porta a questi utopistici obiettivi, debba passare per forza sopra il cadavere di una società colpevole solo di non aver avuto giocatori positivi ai test.
La sentenza afferma che la perizia di D’Onofrio è di valore probatorio «molto modesto», dando quindi ragione alle argomentazioni difensive di Giraudo e Agricola. Inoltre, «lo stesso professor D’Onofrio ha ridimensionato la valenza dei dati osservati, adeguandosi almeno in parte alle spiegazioni e alle opinioni giunte sul versante delle difese». Significativo il commento di Agricola riguardo alla validità probatoria della perizia ematica: «[D’Onofrio] non è stato super partes, abbiamo documenti in cui ribadiva che dai parametri del sangue non si possono trarre certezze sull’uso di Epo, eppure negli stessi giorni si accaniva sulla Juventus, inventando un metodo di valutazione inesistente presso la comunità scientifica». Il medico poi punta il dito anche contro i consulenti che hanno partecipato al processo, accusandoli di pregiudizio: «Mi hanno stupito i comportamenti contrastanti e incomprensibili di alcuni esperti che, in sede di commissioni scientifiche, dicevano una cosa e nell’aula di tribunale ne affermavano una completamente opposta. Ci sono consulenti, ad esempio, che hanno sottoscritto il protocollo Io non rischio la salute del Coni e poi lo hanno rinnegato in aula. Perché? Altri, invece, hanno scritto libri sui farmaci dopanti: nessuno di questi è stato utilizzato da noi. Come mai gli stessi scienziati in tribunale hanno detto che i nostri farmaci avrebbero dovuto essere considerati doping? Non so se questi due esempi bastino per parlare di pregiudizio».
Per completare il quadro delle reazioni e delle considerazioni dopo la sentenza, chiudiamo con un’interessante considerazione giraudiana:

Una Corte conosciuta per la sua severità ci ha dato completamente ragione.

Sarebbe lecito, in virtù di questa affermazione, conoscere da chi fosse composta e di che pasta fosse fatta quella Corte. Oliviero Beha e Andrea Di Caro, nel loro “Indagine sul calcio” si limitano a citare una volta il nome del presidente, Gustavo Witzel, il che stona con il panegirico di due intere pagine (480-81) indirizzato a tessere le lodi del giudice di primo grado, quel Casalbore di cui ci si premura di elencare carriera e successi ottenuti. Come dire, la prima è una Corte come si deve, la seconda non si sa. Per la severità e la correttezza di Witzel (che in aula ha più volte bacchettato Agricola) chiedere a chi ha lavorato con lui o a chi è dell’ambiente.