Prime crepe anche per il teorema delle Sim svizzere

giustiziaMartedì scorso (10 novembre) è iniziata a Napoli la discussione sul famoso teorema delle SIM svizzere, quello secondo cui Moggi avrebbe controllato gli arbitraggi del campionato 2004-05 tramite una fantomatica rete di telefonini dotati di SIM riservate, consegnati a designatori e arbitri di serie A.
A illustrarlo è stato convocato in aula il Maresciallo dei Carabinieri Di Laroni, membro del team di via In Selci di Roma che, agli ordini del Maggiore Auricchio, ha svolto l’indagine che ha portato, tramite la fuga di notizie (leggi: informative di indagine) del maggio 2006, al linciaggio mediatico della Juventus e alla sua retrocessione in serie B. A questo proposito, da sottolineare la levità con la quale il maresciallo ha più volte definito in aula quel reato, parlando di intercettazioni “portate a conoscenza del pubblico”, come se chi l’avesse commesso non solo avesse fatto una cosa normale, ma avesse addirittura esercitato una sorta di (distorto) diritto di cronaca.
Il teorema delle SIM svizzere, va ricordato preliminarmente, non era parte degli atti di indagine oggetto di Farsopoli, ma venne elaborato dal maresciallo e da due suoi colleghi (Di Foggia e Lucchese) solo in seguito allo scoppio dello scandalo, probabilmente per cercare di individuare, a carico degli indagati, qualche elemento un po’ più consistente, o per lo meno più suggestivo, rispetto al poco o nulla evidenziato in precedenza.

Nella prima parte dell’udienza, dietro richiesta dal Pubblico Ministero Narducci, il Maresciallo ha così illustrato alla corte il metodo adottato e i risultati dell’analisi che ha portato, grazie alla collaborazione del commerciante di Chiasso De Cillis (vedi udienza del 30 giugno scorso), all’individuazione di 21 Sim straniere (20 svizzere e una slovena) e di utilizzatori presunti. Quanto alle 385 Sim del Liechtenstein, di cui si è pure favoleggiato, toglietevele fin d’ora dalla mente, non hanno alcun valore né senso in questa storia, perché, come ha ammesso lo stesso Maresciallo, si tratta di un lotto che il De Cillis ha venduto a svariati acquirenti, di cui è ormai impossibile ricavare generalità e dati di utilizzo; alcune di quelle 385 (solo alcune!) le avrebbe fatte comprare anche Moggi, ma è ormai inutile e fuorviante citarle a sostegno di qualunque ipotesi accusatoria.

L'attività dei CC è consistita nel cercare di associare ad ogni singola scheda (delle 20 svizzere e della slovena) un PROBABILE utilizzatore. Il metodo è stato il seguente:
1) Analisi dell’ubicazione di tutte le celle agganciate in chiamata dalla Sim che faceva la telefonata, al fine di individuare i luoghi frequentati da questa Sim e quindi dal relativo soggetto.
2) Correlazione con il novero dei "soggetti che ci emergevano dalle indagini" (leggi: gli arbitri che si voleva dimostrare sentissero clandestinamente Moggi) e dei luoghi di residenza o lavoro.
3) Correlazione con le anagrafiche delle utenze nazionali in alcuni casi chiamati da quelle straniere.
4) Quando possibile, correlazione dei dati delle utenze straniere con quelli delle utenze italiane dei soggetti intercettati. In poche parole, nel caso dei soggetti sottoposti a intercettazione (in realtà tra gli arbitri ci risulta solo De Santis), verificare che le loro utenze mobili italiane accendevano, nel medesimo lasso di tempo, le stesse celle di quelli stranieri.

Seguendo questo metodo di lavoro, a detta dello stesso Di Laroni, i CC sono arivati "a ritenere 'RAGIONEVOLMENTE' che almeno alcune di queste schede potessero essere di alcuni soggetti".

In attesa del controesame degli avvocati di Moggi in programma per domani (13 nov.), grazie ai difensori intervenuti martedì (in particolare l'avvocato Messeri che assiste Bertini), possiamo già elencare una serie di elementi che mettono in forte dubbio l'attendibilità di tale metodo.
Prima di tutto, ribadiamo che l’attribuzione delle Sim è a livello puramente indiziario, non vi è alcuna reale prova, tanto che lo stesso Maresciallo ha usato spesso espressioni come “attribuita a” ,”si presume”, "ragionevolmente", e così via.
Inoltre, noi sappiamo che già un'attribuzione è stata smentita in aula, quella di Gianluca Paparesta: in realtà quella Sim era in uso al padre Romeo, e proprio per questo motivo martedì ha fatto impressione ascoltare il teste parlare con una notevole dose di sicurezza di scheda attribuita a Paparesta Gianluca, con tanto di elenco di, a suo dire, importanti riscontri. Lo stesso tono il Maresciallo ha usato nell'elencare gli elementi a carico degli altri arbitri, e nella maggior parte dei casi ce n'erano molti di meno (è chiaro che Paparesta padre frequentasse spesso gli stessi posti del figlio).
E infatti l’avvocato di Bertini ha più volte avuto buon gioco a evidenziare le falle dell’analisi dei Carabinieri. A proposito: ricordate la famosa storia delle 40 telefonate di Moggi e Bertini prima di Milan-Juve? Ecco, martedì si è capito il perché di quel dato: il 40 non indicava la quantità di telefonate (per altro assurda, per quanto presa per buona dalla maggior parte degli organi di stampa), ma indicava il numero di celle accese da quelle due Sim fra di loro in comunicazione; dato che il Maresciallo ha raccolto i dati da 4 diverse compagnie telefoniche (Tim, Vodaphone, Wind e Telecom), la stessa telefonata poteva accendere contemporaneamente celle di diverse compagnie, senza contare le chiamate fatte mentre gli interlocutori erano in movimento, magari in macchina, durante le quali potevano passare da una cella all’altra della medesima compagnia. Insomma, sul punto una gran confusione, che il Di Laroni stesso ha ammesso di avere difficoltà a dirimere: a domanda diretta di Messeri, ha detto che in molti casi è impossibile, con i dati in lui possesso, determinare con certezza numero e durata delle telefonate, potendo solo rilevare la sussistenza di contatto.
Un'altra importante falla nel metodo di attribuzione (evidenziata non solo da Messeri, ma pure dall'avvocato di Ambrosino) è il fatto che i Carabinieri non hanno verificato se nella stessa città dei loro assistiti dimorassero altri tesserati AIA o FIGC. Nel caso di Bertini, l’avvocato Messeri ha letto un lungo elenco di tesserati aretini non controllati dai Carabinieri, tra i quali il segretario stesso dell’AIA, Marcello Nicchi.
Sempre l’avv. Messeri ha chiesto espressamente al Di Laroni se lui o i suoi colleghi avessero verificato che Bertini si trovasse effettivamente ad Arezzo quando quella Sim accendeva celle aretine, ma anche qui il Maresciallo ha dovuto ammettere di non avere dati a riguardo. E' un fatto importante, questo, tanto più che basterebbe scoprire un solo caso in cui l'ipotetico utilizzatore si trovasse da tutt'altra parte per smontare definitivamente tutto il teorema.
Anche l'avvocato dell'arbitro Dattilo ha fatto notare un'importante falla: la scheda attribuita a Dattilo avrebbe fatto due chiamate a numeri italiani, in uso ad altrettanti misteriosi utilizzatori. I Carabinieri hanno verificato se i due utenti erano in rapporti col suo assistito? La risposta è stata negativa.

Insomma, in attesa del prosieguo della deposizione del Maresciallo Di Laroni (domani ci sarà il controesame degli avvocati di Moggi), si ha già la netta impressione che anche qui, come nel caso del sorteggio truccato, gli inquirenti nella loro indagine siano partiti dalla fine, e cioè dal risultato che volevano ottenere (sorteggio che DOVEVA essere truccato; arbitri che DOVEVANO telefonarsi con Moggi; Juve che DOVEVA truccare il campionato; eccetera eccetera), per poi costruirci sopra il teorema accusatorio, selezionando solo i dati utili a suffragare la loro ipotesi e tralasciando quelli che andavano in senso contrario. Un ultimo esempio tratto dall’udienza di martedì: i CC avevano scritto, nella loro informativa a riguardo (1 dicembre 2007), che la Sim Svizzera attribuita a Bertini non aveva acceso la cella di Coverciano un giorno in cui era in corso il raduno degli arbitri, e che in effetti quel giorno Bertini si trovava all’estero, portando questo dato come prova. L’avvocato Messeri ha controbattuto con un altro dato: ci sono ben altri 6 casi nei quali quella scheda non accese la cella di Coverciano, benché fosse in corso il raduno e Bertini era presente. E quindi?

Video/audio di parte dell'udienza: Deposizione del maresciallo Di Laroni del 10-11-2009