Tribunale di Losanna: sentenza choc e banda di sciocchi

giustizia sportivaLa sentenza con la quale il Tribunale Amministrativo dello Sport di Losanna ha sospeso per un anno Mannini e Possanzini deve aver colto di sorpresa e fatto infuriare un po' tutti, non solo i giocatori, giustamente amareggiati, ma anche l'Associazione Italiana Calciatori, la Federcalcio, la Lega, per finire con tutta la stampa. La Gazzetta dello Sport, tanto per dire, ha titolato "Sentenza choc" forse perché questa volta, contrariamente all'estate 2006, non era stata scritta di concerto con Verdelli e Cannavò che, si vede, ne son rimasti turbati. Eppure a leggere e ragionare su regolamenti e Codici la sentenza non fa una grinza perché i due giocatori, sorteggiati per l'antidoping, si sono sottratti per circa mezz'ora alla "marcatura stretta" del delegato federale, marcatura voluta appunto da codici e regolamenti; in questi casi, anzi, è prevista una sospensione di due anni per cui i giudici che, su richiesta della Wada (l'Agenzia Mondiale Antidoping), hanno emesso la sentenza hanno tenuto a precisare di aver fatto pure uno sconto. Ci sarebbe semmai da turbarsi per l'effetto perverso che la pretesa autonomia dello sport ha finito per determinare nel reticolato di codici e nei meccanismi che portano alle sentenze, come stiamo cercando di far capire con il lavoro del nostro sito da due anni a questa parte e, invece, si sproloquia sulla sentenza; la luna a cui guardare dovrebbe essere la giustizia sportiva in senso lato e il suo regime sanzionatorio, ormai al limite del ridicolo, mentre la banda degli sciocchi guarda il dito della sospensione apparentemente ingiusta.

Prendiamo per esempio La Repubblica, il giornale che con gli articoli di Zunino e Mensurati ha promosso a pieni voti l'operato del commissario Rossi, le informative del maggiore Auricchio, le sentenze di calciopoli e, fino a ieri, continuava a difendere l'autonomia dell'ordinamento sportivo per cui calciopoli era finita e "chi s'è visto s'è visto". Oggi il commento viene affidato a Enrico Sisti (forse Zunino e Mensurati non sapevano cosa scrivere?) che parla di "giustizia cieca" , scrive di "maniacale applicazione del codice" che ha determinato una situazione "surreale". Sarebbe da chiedere alla direzione di Repubblica e alla redazione sportiva in particolare " Scusate, ma se adesso è cieca la giustizia perché applica il codice come avete fatto a vedere che invece funzionava nell'estate 2006 quando è stato sanzionato un reato non previsto dal Codice di Giustizia Sportiva?". Anzi, formuliamo ufficialmente la domanda e chissà che Zunino e Mensurati non trovino modo di rispondere.

Da parte sua il Corriere della Sera prima riconosce che "le regole della Wada sono chiare e il calcio, aderendo al codice le ha accettate: gridare allo scandalo è il solito insopportabile vizio dello sport più potente del mondo", per poi avanzare motivatamente l'ipotesi che ci sia in corso una "guerra" nella quale il Comitato Internazionale Olimpico e la Wada vogliono imporre anche al calcio, al ciclismo e al tennis regole severe in tema di controlli antidoping. E così il Corsera parla di "guerra appena cominciata" e scrive che "dietro a questa storia si intravedono giochi di potere infinitamente più grandi della vicenda in questione". Meccanismi e funzionamento della giustizia sportiva adoperati per vincere una guerra; Mannini e Possanzini finiti in giochi di potere infinitamente grandi: se ci pensiamo un attimo è la stessa ipotesi (pur in situazioni differenti) che due anni fa i "visionari " che hanno avviato questo sito hanno avanzato su Giraudo e Moggi, proponendosi di approfondire l'argomento ragionando su fatti e documenti però prendendosi l'accusa di "squadristi" da parte del direttore di un giornale dal piccolo formato che col Corriere viaggia spesso in coppia. Oggi, a quanto pare, fa comodo anche al più diffuso giornale italiano parlare di giochi di potere, verosimilmente perché a questo tipo di giochi i suoi proprietari non sono interessati, avendo altro per la testa, e allora i giornalisti del Corriere si sentono, oggi, di parlare a ruota libera e in piena libertà.

Sulla sentenza choc è intervenuto anche l'avvocato Grassani, che a Losanna difendeva Possanzini, e lo fa dalla Gazzetta, lo stesso piccolo giornale dove qualche giorno fa l'avvocato sentenziava che il processo di Napoli non c'entra niente con calciopoli e che la giustizia sportiva è autonoma, libera e indipendente. Oggi l'avvocato Grassani dice che la sentenza è "scioccante e allucinante" e che, secondo lui, potrebbe essere impugnata davanti alla Corte Civile Svizzera, come se parlando di Losanna e Svizzera la mente si distrae e alle faccende di casa nostra non ci si pensa più. E invece, caro avvocato di una causa persa, a noi sembra che Losanna sia molto vicina a Roma e anche a Napoli perché ormai è tutto globalizzato, non solo l'economia ma per molti aspetti anche lo sport e, allora, si tratta di chiedersi una volta per tutte se non sia vero che lasciando liberi i giudici che sentenziano di sport di non rispondere a niente e nessuno si corre seriamente il rischio di guerre per bande e di sentenze, appunto, scioccanti e allucinanti come dice Lei. A noi viene da pensare, per fare un esempio pratico, a quanto sia stata allucinante la vicenda di calciopoli per quei piccoli azionisti della F.C. Juventus S.p.A. che nell'aprile 2006 hanno visto dimezzato il valore delle loro azioni .

Nella sarabanda degli sciocchi, comunque, il primo posto spetta decisamente ad Abete e Matarrese, indignati pure loro e pronti domenica a fare uno sciopero di quindici minuti a sostegno dell'Associazione Italiana Calciatori di Campana e per spaventare il CIO e la Wada. Il fatto è che a Losanna la Federcalcio si era costituita a difesa di Mannini e Possanzini (anche per difendere la decisione presa a suo tempo sulla vicenda dal Tribunale Nazionale Antidoping a Roma) per scoprire poi, durante il dibattimento, che il documento che inchiodava i giocatori alle loro responsabilità (e a due anni di squalifica) era quello redatto proprio dall'ispettore della Federcalcio che all'epoca del fattaccio doveva, per regolamento, garantire che i due giocatori erano stati sotto il suo controllo dal momento dell'uscita dal campo fino al riempimento della provetta, cosa che non è avvenuta. Provetta di urina, come si sa, ma figura di merda, verrebbe da dire se ci si passa il termine.

Per tanti motivi ci sembra giusto chiudere questo articolo (che parte da Losanna per arrivare a Roma) riflettendo sull'intervento odierno di Ruggiero Palombo perché è quello che più si è sbattuto durante la vicenda di calciopoli e, da grande esperto in materia, è riuscito anche ad anticipare le sentenze di due anni fa. Oggi Palombo sembra avere la coda tra le gambe tant'è che ammette che "Wada e Tas di Losanna sono organismi importanti e credibili" e che è inutile adesso accanirsi contro di loro; accusa, anzi, "i Palazzi del calcio", che dovevano muoversi prima e dice apertamente che non riesce a immaginare cosa si possa fare per "restituire ai due rei anche solo qualche mese dei dodici che gli sono stati sottratti". Può sembrare che l'intervento di Palombo non significhi niente per noi che guardiamo a Roma e a Napoli ma, oltre al richiamo che lui fa ai Palazzi del calcio che devono muoversi per tempo (cosa che avranno fatto, si vede, nel 2006), dobbiamo sottolineare le ultime parole del suo articolo di oggi che sono"Abete si faccia venire qualche idea", quasi che Abete possa intervenire "comunque".
Verificheremo a questo punto cosa succederà nei Palazzi e quale idea si farà venire Abete perché, chissà, in dipendenza del processo di Napoli potrebbe darsi che la stessa richiesta gliela faremo anche noi a nome di più di dieci milioni di tifosi juventini.