La polemica di Macalli

In questi giorni di mezza estate (quasi mezza e poco estate, a dire il vero), tiene banco la discussione sulla elezione del nuovo Presidente della Figc. E proprio in questo contesto nei giorni scorsi il presidente della Lega Pro Mario Macalli ha commentato le dichiarazioni del presidente della Juventus Andrea Agnelli, il quale poche ore prima aveva parlato a sua volta sia dell'uscita prematura dell'Italia ai Mondiali brasiliani, sia delle dimissioni di Prandelli e Abete, sia dei futuri papabili successori federali.
Le parole di Macalli sono state durissime: "Quando io vado a lavorare, produco e pago le tasse, lui e la sua famiglia fino a oggi hanno spolpato l'Italia. Sono stati fatti nomi di possibili candidati sparati a vanvera tanto per sparare. Signori che se gli dai un bicchiere forse riescono a fare una 'O'. La cosa più normale di questo mondo è che quando si propone qualcosa, si dice questo è il soggetto che fa il competitor, il suo programma è questo qua, eccetera. Finora i disastri che si sono verificati nel calcio italiano, non li hanno provocati le piccole società o i presidenti dei piccoli club che hanno tirato fuori i soldi a valanga. Il calcio italiano si divide in due categorie: ci sono gli imprenditori che ho io e i prenditori che sono loro. Sono loro che hanno bloccato il calcio italiano. Da me non possono giocare gli extracomunitari, da loro sono il 60% e il 90% di questi sono delle vere 'pippe', quindi non vadano a criticare quelli che invece vogliono il bene del calcio italiano, non vadano a criticare quelli che i soldi li danno per i vivai veri. Mi dicano loro, altro che squadre B, quanti ne hanno tirati fuori di giocatori dai loro vivai. Sono incapaci e in un'azienda normale sarebbero andati tutti a casa. Da me non farebbero i portinai, visto che parliamo di professionalità".

Questo tipo di dichiarazioni a dire il vero lascia molto perplessi, per diverse ragioni. Quanto meno nella prima parte, esse sembrano orientate (soprattutto laddove si parla della spolpatura del paese) ad un approccio molto più generale e industriale che calcistico.  
A scapito di eventuali equivoci, premetto che io sono sicuramente uno dei tifosi juventini più critici nei confronti della famiglia Agnelli, e non solo per motivi legati al calcio, anzi, forse sono il più critico di tutti o quasi, ma il prosciutto generalmente lo metto nel piatto per papparmelo e non lo utilizzo al posto degli occhiali. Questo giusto per essere chiari.
Tanto per cominciare, dalla serie C in giù, la situazione è drammatica per ciò che riguarda la regolarità dei campionati. E scusate se è poco. Scommesse, presidentini con interessi molto lontani dal bene del calcio che ne combinano di tutti i colori, tifoserie spesso al centro di vicende poco edificanti e atti di violenza abbastanza frequenti, ecc. Son cose queste, che di solito non riempiono le prime pagine dei giornali solo perché si tratta di eventi meno interessanti per il pubblico nazionale, in quanto sono molto proiettati alla provincia e in piccole realtà locali, e quasi sempre avvengono senza la partecipazione di personaggi di grido a far da richiamo. Quindi mettersi a fare la morale a coloro che stanno ai piani alti, sicuramente fa molto stile carboneria o resistenza anti-sistema, e anche molto clamore per via del fisiologico populismo dilagante attualmente in Italia ma, se si fanno discorsi un po' più ragionati e seri, le cose stanno molto diversamente da come la vede questo signore.    
Altro aspetto da considerare è che se i nomi proposti da Agnelli non piacciono (e non piacciono neanche a me) non c'è assolutamente niente di male, ma scendere di livello fino ad arrivare ad attacchi personali è quanto meno inopportuno e non sufficientemente educato.
Comunque, se proprio vogliamo fare le pulci ai concetti di Macalli, senza evitare in nessun modo di parlare del contenuto anti-Agnelli, bisogna partire da alcuni presupposti.
Il primo presupposto.
La famiglia Agnelli non è Andrea Agnelli. La famiglia Agnelli è composta da circa un centinaio di persone (anche di più famiglie), con cervelli diversi, idee diverse, e in alcuni casi anche interessi diversi. E moltissime di queste persone, a dispetto di ciò che pensa l'opinione pubblica, nemmeno tifano Juventus. Qualcuno, addirittura, tifa per l'Inter...
A costoro si aggiungono, inoltre, personaggi esterni alla famiglia che, con il massimo rispetto, potremmo definire per comodità espositiva come satelliti. Questi altri, però, pur essendo esterni, sono entrati da molto tempo, e a vario titolo, in alcune delle linee di partecipazione decisionale, sia famigliari che del gruppo torinese, e negli anfratti ad esse collegati.  
Quindi parlare della famiglia Agnelli in generale, come di un qualcosa che vive e respira all'unisono, in questo caso è come minimo anacronistico e abbastanza banalotto. Basta seguire l'attualità della cause in corso per capire quanto tutto sia più complicato (eredità, equity swap, ecc). Questo tipo di approccio può andare bene, anzi benissimo, in un bar frequentato abitualmente dagli ultras granata ma, se si è un illustre rappresentante di un ente di una certa importanza, e se si rivestono certe cariche e si sopportano certe responsabilità, non è accettabile.
Il secondo presupposto.
Sempre a dimostrazione che la mortadella (nel frattempo ho cambiato il menu) si mette nel piatto e non si usa al posto degli occhiali, sono io il primo a considerare le tortuose e a volte discutibili vicende della famiglia Agnelli (sia personali che industriali) come degli angoli spesso bui che andrebbero illuminati, e dove spesso la foschia ha preso il sopravvento confondendo i contorni della realtà. Ne sono io stesso in qualche modo studioso, di questi eventi perché, da buon torinese e da buon Juventino, sono stato volente o nolente una specie di vicino di casa di questa casata. E per forza di cose me ne sono dovuto interessare.
Riconosco quindi che a Torino molte cose nel corso di tanti anni non hanno funzionato, vi sono stati errori grossolani misti ad intuizioni eccezionali, vicende imprevedibili e vicende annunciate, tragedie e conquiste, vittorie e sconfitte.
E comunque chiunque di noi può sentire nella sua vita, per quanto piccola e miserabile sia, la necessità di tenere accuratamente nascosti un fatto, un avvenimento, un'azione del passato, considerati riprovevoli o, comunque, dannosi per la propria reputazione o per il proprio futuro. Niente di strano. Nessuno si senta escluso.
Ogni cosa però, ognuna di queste, quando viene scoperta o viene semplicemente portata alla luce da nuovi fatti della vita, andrebbe contestualizzata. Nel caso della famiglia Agnelli, per forza di cose, andrebbe contestualizzata dal punto di vista economico, da quello industriale, da quello storico, da quello politico.
Terzo presupposto.
Tocca ricordare che la Fiat ha dato lavoro a centinaia di migliaia di persone per decenni, ha portato l'Italia dall'era dei cavalli da tiro all'era delle automobili, ha contribuito pesantemente (non da sola, e non senza controindicazioni o disagi di vario genere, sia chiaro) a far diventare l'Italia uno dei paesi più industrializzati del mondo. E molti anni fa ha ricevuto dalla politica non solo i finanziamenti cui spesso i populisti a caccia di applausi facili fanno volentieri riferimento, ma anche enormi pressioni di vario genere. Basti pensare agli anni di piombo e al terrorismo in azienda, tanto per dirne una. Basti pensare ai complicati rapporti con le banche.
Basti pensare a tutte le  doverose ristrutturazioni aziendali mancate, perché ad una certa classe politica non faceva comodo avere degli eventuali disoccupati in più sulla piazza o qualche scrivania non più disponibile per qualche raccomandazione. Certi atteggiamenti di una certa politica poco lungimirante abbiamo avuto modo di vedere dove hanno portato l'azienda. Senza Marchionne la Fiat avrebbe chiuso i battenti da un pezzo, ma non è possibile vedere le sole eventuali colpe della c.d. famiglia Agnelli. Sono in tanti a doversi fare un esame di coscienza.  
E ancora, saprebbe dirmi il signor Macalli, quando precisamente la persona Andrea Agnelli, classe 1975 quasi 1976, diventato maggiorenne nel 1993, avrebbe, con le sue scelte e il suo operato, contribuito a spolpare il paese?
E quando, invece, costui avrebbe contribuito a sfasciare il mondo pallonaro d'Italy, visto che è entrato nel mondo del calcio solo il 28-04-2010?
Quindi, riassumendo, forse prima di parlare a vanvera di supposti spolpamenti del paese, sarebbe il caso di rifletterci un po' di più, la prossima volta.
Che poi, a pensarci bene, riguardo alla carne, proprio ora mi sovviene che con la c.d. polpa si fa il polpettone.  
Ma ad alcune persone di grande talento per fare un bel polpettone basta aprire bocca e dargli fiato.
E se lo dico io, che da molto tempo ormai non sono più un fan di Andrea Agnelli, vi potete fidare.


Articoli correlati:
- 30-06-2014 - Il (Ta)vecchio che avanza - (blog)
- 08-07-2014 - Agnelli attacca la vecchia guardia - (blog)
- 10-07-2014 - Differenze (abissali) - (blog)
- 12-07-2014 - L'Agnelli Presidente Federale...