Ventuno

In queste ore sul web imperversa la discussione meno interessante da che è stato inventato il gioco del calcio: se dopo un minuto e dieci secondi di gioco Fernando Llorente fosse in fuorigioco oppure no. VENTUNO CENTIMETRI, hanno subito urlato da Sky, e tanti miei colleghi di fede a fare a gara, sminuzzare fotogrammi, per dimostrare che invece no, forse c'era un alluce di quel chissachì in maglia azzurra che lo teneva in gioco. Vergogna! Media imbroglioni! eccetera eccetera.
A me sembra invece che perdere del tempo dietro quei fotogrammi sia un insulto alla nostra intelligenza e, per giunta, non colga affatto il nocciolo del problema. Quello lo ha fatto invece Conte, ieri sera, quando ha risposto in maniera impeccabile a una domanda irricevibile di un signore che passa per uno dei più quotati opinionisti su piazza (Giorgio Tosatti, ti prego, se puoi: perdonali).
Perché il punto è proprio quello che ha evidenziato Conte: non si può, non si può affatto affrontare l'analisi di una partita come è stata Juventus-Napoli 3-0 partendo da "quel goal in fuorigioco che ha indirizzato la partita". Non puoi farlo se hai visto la partita, se conosci il calcio e se non sei vittima di un atavico pregiudizio. Ha usato un aggettivo giustissimo Conte, gli ha detto che è una cosa molto "sottile". Sì, perché è quella sottigliezza che lui conosce bene, quella accurata scientificità nel cercare sempre di sporcare, delegittimare, insinuare, dire e non dire, quando si analizzano le partite della Juventus.
C'era stata una partita che aveva detto tanto, c'erano stati gesti tecnici da sottolineare. Se si voleva racchiudere la serata in un numero, in un Ventuno, bastava guardare sulla schiena del migliore in campo. E invece Ventuno sono i centimetri che hanno indirizzato la partita, novanta minuti di dominio tecnico, tattico e fisico spazzati via di fronte a una carambola a velocità supersonica. Chi osserva il calcio senza l'ossessione juveclastica sa perfettamente che quell'episodio è il nulla cosmico. Un'azione dove il guardalinee che decide si deve affidare solo alla parte meno nobile del suo corpo: se hai culo ci azzecchi, solo se hai culo. Ed è per questo motivo che ostinarsi a voler dimostrare che non fosse fuorigioco è l'altra faccia della medaglia rispetto alla domanda tragicomica di Sconcerti.
Conte risponderà forse in maniera arrogante, dopo ieri sera risulterà ancora più odioso a giornalisti e tifosi avversari (e anche a quei tanti casi nei quali le due categorie coincidono) come è giusto che sia: se così non fosse, sarebbe Ranieri. Però centra inesorabilmente il punto. E il punto non è, come potrebbe superficialmente sembrare, che nel calcio parlato imperversi l'incultura sportiva tipica dei bar sport nostrani. Non è (solo) quello, perché svariate volte si è visto sugli stessi canali soprassedere con leggerezza di fronte a episodi ben più gravi e incisivi ai fini del risultato. Quando sono in ballo altre squadre, parlare di calcio viene sempre facile. E' quando c'è la Juve che i protagonisti diventano i Ventuno centimetri. Ventuno grammi, si dice sia la differenza di peso tra l'istante prima e quello immediatamente dopo la morte. Ventuno grammi è il peso dell'anima; e quei Ventuno grammi forse mancano a chi l'anima ogni domenica la vende in nome della prima e unica legge della moviola: dimostrare che la Juventus ha rubato. O almeno, quando è difficile da dimostrare, insinuare il dubbio che non tutto sia andato in maniera regolare. E' questo che fa incazzare Conte, uno che queste cose ha imparato a conoscerle nel lontano novembre del 1991, quando ha indossato per la prima volta la maglia della Juventus. Se anche stasera, avrà pensato, dopo che ho dominato l'avversario in lungo e in largo, il tuo primo pensiero nell'analizzare la partita è quell'episodio che più risibile non si può, se blandisci quei Ventuno centimetri che sono il nulla come fossero una clava, è forse arrivato il momento che ti si dica, finalmente, a muso duro che stai esagerando. Ventuno minuti di applausi.

 

Twitter: @EpyAle