Storia di un pezzo mai nato

Questa è una storia che parla di correttezza, deontologia, giornalismo, della difficoltà nel coniugare il proprio tifo con un racconto quanto più veritiero possibile dei fatti. I fatti sono quelli accaduti sabato pomeriggio a San Siro durante Inter-Juventus, nei minuti immediatamente successivi al goal del pareggio di Vidal. I primi comunicati che sembrano derubricare il tutto a una banale (per quanto possa mai esserlo) scazzottata, poi il video che testimonia qualcosa di diverso, una vera e propria aggressione di un branco di delinquenti, che per l'occasione indossavano vessilli nerazzurri, nei confronti di un malcapitato, presumibilmente juventino.

Partiamo con l'idea di stigmatizzare la scarsissima eco che questo episodio ha avuto nell'immediato (chissà se fosse successo in un altro stadio, magari di recente costruzione) e, successivamente alla visione del video, il punto centrale diventa la brutale violenza documentata dalle immagini, anche in spregio alle (per quanto discutibilissime) convenzioni del mondo ultras che ammettono lo scontro tra gruppi organizzati ad "armi pari", non certo quel venti contro uno che il video raccontava. Spuntava una ricostruzione di parte juventina che corroborava la tesi dell'agguato per punire l'esultanza (forse esagerata, ma questo dovrebbe rilevare pochissimo) di un tifoso juventino al goal di Vidal. Si parlava anche di qualche interista finito in mezzo alla rissa per difendere l'amico bianconero, ma veramente questi sono dettagli che poco importano: conta la feroce violenza del branco, la facilità con la quale da un settore all'altro diverse persone abbiano potuto scavalcare per compiere la loro spedizione punitiva, l'assenza della polizia, l'inadeguatezza degli steward presenti e inermi.

Poi spunta una nuova versione, di parte interista. A molti di noi è sembrata una difesa d'ufficio, e che trasudasse una visione dei fatti molto più "partigiana" di quella raccontata dal tifoso juventino, ma tant'è. Era comunque una versione differente. Qui si parlava di provocazioni nei confronti del settore occupato dagli ultras nerazzurri, il provocatore ad un certo punto diventava una specie di Rambo e malmenava di brutto l'ultrà nerazzurro che aveva (singolarmente) scavalcato per invitarlo a cambiare settore (sic), e solo a quel punto partiva la calata degli altri 20 per difendere il loro collega che se la stava passando male.

A quel punto noi, sito dichiaratamente di parte in quanto fatto da tifosi, sito amatoriale dove nessuno è giornalista professionista ma abbiamo tutti (almeno quelli che ce l'hanno) un altro lavoro e scriviamo di Juve per hobby e passione, ci siamo fermati un attimo a riflettere. Per quanto la versione del "bauscia" ci sembrasse in alcuni passaggi romanzata e poco verosimile, era comunque un racconto diverso dei fatti. Sappiamo bene che ricostruire fedelmente la dinamica di una rissa all'interno di uno stadio è operazione difficile, almeno che non ci siano telecamere in ogni angolo che documentino tutto dall'inizio alla fine e aiutino a individuare colpe e responsabilità; cosa che in Italia accade con puntualità solo allo Juventus Stadium. Ci siamo comunque fermati, cercando di capirne di più e mossi principalmente dalla volontà di raccontare i fatti nella maniera più aderente possibile alla realtà, senza che la nostra fede sportiva ci inducesse a ricostruzioni di comodo e/o a giustificare o condannare episodi di violenza a seconda del colore dei protagonisti.

Nel mezzo di questa fase di riflessione e approfondimento, ci troviamo a leggere stamattina la Gazzetta dello sport. Dopo aver ignorato la vicenda per due giorni, con un pezzo a firma Sebastiano Vernazza si dava ampio risalto alla ricostruzione di fede nerazzurra, quella del signor Nicola Scarfone del sito Bauscia Cafè. Quella che a noi, juventini, ha suggerito di provare a capirne di più, al prode Vernazza è sembrata invece più che sufficiente per ricostruire la vicenda, senza alcun accenno a campane di senso opposto (che pure sono circolate nel web tanto quanto quella del signor Scarfone) e soprattutto senza che si stigmatizzi lo scavalcamento di massa e l'aggressione in stile branco, quasi nella convinzione che il malcapitato alla fine se la sia andata a cercare. Sarebbe bastato un piccolo dubbio (tipo quelli che abbiamo avuto noi, quelli di parte e dilettanti) un accenno, un inciso. Nulla, il Vernazza riporta la versione di Scarfone e stop. Così è se vi pare. E noi qui, a chiederci chi sia il dilettante e chi i professionisti, chi siano i tifosi e chi quelli super partes. Da che parte stiano la deontologia professionale, la scrupolosa ricostruzione dei fatti, il giornalismo. Nell'attesa di trovare risposta, restiamo orgogliosi del nostro modo di fare e del nostro pezzo mai nato.