Sempre a loro insaputa

TavaroliLo scorso 20 giugno sono state depositate le motivazioni del rigetto dell'istanza di risarcimento danni che l'ex arbitro De Santis aveva presentato al tribunale di Milano nei confronti dell'Inter. La vicenda è quella ormai arcinota del Dossier Ladroni. Il dispositivo, noto da molte settimane, aveva stabilito che De Santis non aveva diritto ad alcun risarcimento. Sentenza che aveva lasciato alquanto perplessi, viste le numerose prove testimoniali e documentali emerse nel processo penale Telecom in corso a Milano. La lettura delle motivazioni chiarisce come il tribunale civile sia arrivato a stabilire l'assenza di responsabilità civile dell'Inter. E sono motivazioni, in verità, che non fanno che aumentare le perplessità al riguardo. In prima istanza il tribunale entra nel merito della vicenda e, analizzando le prove portate dall'avvocato Gallinelli, difensore di De Santis, non può che constatare che l'attività di dossieraggio illegale ai danni di De Santis e della sua famiglia (sono state controllate anche la moglie e la figlia) è realmente avvenuta ed è contenuta nel Dossier Ladroni. Il tribunale era poi chiamato a decidere sulla richiesta di prescrizione presentata dalla controparte e sul rigetto di ogni accusa in quanto, a dire della difesa dell'Inter, non era stato portato in giudizio nessun elemento che dimostrasse la diretta responsabilità dei nerazzurri. Il Tribunale ha respinto l'istanza di prescrizione e ha invece sostanzialmente accolto la tesi difensiva della mancata esistenza di elementi a carico dell'Inter. A parere del tribunale non sono emerse prove inoppugnabili che quanto riferito da Tavaroli in merito al conferimento dell'incarico da parte di Moratti e dell'Inter sia corrispondente al vero, non avendo lo stesso Cipriani testimoniato in tal senso. Il tribunale anzi individua gli elementi dirimenti nel fatto che la prestazione venne fatturata da Cipriani direttamente a Pirelli e non all'Inter. Scrive il Tribunale:

"La circostanza, di per sé dirimente, assume ulteriore definitiva forza probatoria laddove venga letta con le ulteriori dichiarazioni di Ghioni Fabio, che riconducevano agli interessi proprio di Pirelli S.p.A., ed in particolare del presidente ed azionista di riferimento Tronchetti Provera, tutte le azioni compiute nell'interesse di una delle numerose società partecipate dal gruppo, tra le quali figurava, certamente in qualità di socio di rilievo, l'Inter, tanto che i relativi conti economici erano poi soddisfatti da quello che i soggetti coinvolti chiamavano in gergo "il conto del presidente" (di Pirelli).
In altri termini, deve affermarsi che, oltre alla pertinenza organizzativa degli autori materiali della condotta al gruppo Pirelli/Telecom ed all'assunzione da parte di quest'ultima dell'onere economico dell'intera operazione, si riscontra il soddisfacimento in capo a quel committente di un interesse economico funzionale proprio ed autonomo in qualità di azionista di rilievo nonché sponsor dell'odierna parte resistente".


Dunque appare evidente la motivazione del rigetto dell'istanza presentata da De Santis: nessun riscontro oggettivo, secondo il tribunale civile, porta all'Inter; anzi, si riscontra l'interesse di Tronchetti Provera quale Presidente di Pirelli azionista di rilievo e sponsor dell'Inter. Quindi responsabile non è l'Inter ma un suo socio di rilievo (ex socio ormai) e sponsor principale.

Ma tali motivazioni non hanno tenuto in debita considerazione alcuni elementi emersi durante il processo penale Telecom, ancorché non giunto a sentenza definitiva, come sottolinea il tribunale civile. Dalle testimonianze di Tavaroli e Tronchetti Provera emerge in maniera evidente che a fine 2002 venne organizzato, presso la sede della Saras spa (società dei fratelli Moratti), un incontro cui parteciparono Tavaroli, Moratti, Tronchetti e Facchetti: in tale occasione venne raccontato a Tavaroli dell'esistenza di un sistema Moggi che condizionava gli arbitri, con De Santis membro autorevole del sistema stesso. Lo stesso Moratti in due interviste nel 2006 disse che "qualcuno si offrì di farlo", "ma non venne fuori nulla". Non sembra quindi che Moratti fosse all'oscuro della vicenda. Altro elemento dirimente, a dire del tribunale, è il fatto che la prestazione venne fatturata dalla WCS (società inglese di Cipriani) alla Pirelli. Ma nel pronunciamento del giudice Panasiti del 28/05/2010 dep il 14/06/2010 si legge (pag 130-132) che, sia in occasione dell'indagine "Care" ai danni di Vieri (2000) sia nel caso del dossier Ladroni, Tavaroli  riferì che la fatturazione doveva essere fatta dalla WCS perché l'investigazione doveva essere difficilmente individuabile.

Affermare quindi che Cipriani fosse all'oscuro del fatto che il Dossier Ladroni era riferibile all'Inter sembra imprudente in base a quanto si legge nella pronuncia del giudice Panasiti.
Ma nelle motivazioni v'è un altro elemento alquanto interessante. Il tribunale conferma che l'Inter presentò al tribunale di Milano un esposto in merito a quanto raccontato da Nucini a Facchetti. Esposto archiviato perché Nucini non confermò al Pm quanto detto in precedenza a Facchetti. E secondo il tribunale l'Inter si limitò a percorrere la via dell'esposto alla Procura in alternativa all'incarico a Tavaroli. Dalle motivazioni non si intuisce quali elementi ci siano a supporto di questa tesi, essendo possibile che l'Inter abbia percorso entrambe le strade, come sembra emergere dalle testimonianze del processo Telecom. Tuttavia è confermato il fatto che l'Inter violò la clausola compromissoria che vieta alle società di serie A di ricorrere alla giustizia ordinaria senza l'autorizzazione federale. Ma al solito alla giustizia sportiva non interesserà...

In definitiva il tribunale civile, pur non accogliendo l'istanza di De Santis, conferma che il Dossier Ladroni conteneva attività di dossieraggio illegale ai suoi danni, conferma che venne realizzato in seguito alle voci di un De Santis organico al sistema Moggi, conferma che venne realizzato da Cipriani su ordine di Tavaroli cui  il mandato venne dato dal presidente di Pirelli/Telecom, Tronchetti Provera, in quanto socio di rilievo e sponsor dell'Inter.
Quindi, a parere del tribunale civile, il Dossier Ladroni non venne commissionato dai vertici dell'Inter ma "solo" da un suo socio di rilievo nonché munifico sponsor.
La proverbiale onestà nerazzurra ne esce ancora una volta intonsa. O no?