Affaire Mutu: solo la FIFA poteva coinvolgere la Juve

MutuE' di questi giorni la notizia che il Chelsea avrebbe trascinato la Juventus davanti al Tribunale delle Controversie della FIFA per ottenere un indennizzo dalla Juventus per il tesseramento di Adrian Mutu per una faccenda che risale a "soli" otto anni fa!
Premesso che alcuni anni or sono la società di Roman Abramovich era riuscita ad ottenere dallo stesso tribunale una pronuncia che condannava il giocatore rumeno ad un risarcimento di 13,68 milioni di sterline e che in data 31 luglio 2009 il TAS di Losanna aveva rigettato l'appello dello stesso giocatore, la domanda che sorge spontanea è: ma in tutta questa faccenda che cosa c'entra la Juventus?

Su di un piano puramente giuridico la risposta sarebbe piuttosto semplice: assolutamente nulla.
Per chi non lo sapesse, tre date sono essenziali per delineare i contorni della vicenda: il 19 ottobre del 2004 il giocatore è squalificato per sette mesi dalla FA per essere stato trovato positivo alla cocaina ad un controllo effettuato il mese precedente; il 29 dello stesso mese viene licenziato in tronco per giusta causa ;e quasi tre mesi dopo il 12 gennaio del 2005 firma un contratto quadriennale con la Juventus che, non potendolo tesserare, lo gira in prestito al Livorno fino al termine della stagione.
Quindi il punto centrale della vicenda è ciò che accade il 29 ottobre del 2004, quando Abramovich o chi per lui decide di comminare al giocatore la piu grave sanzione disciplinare prevista dall'ordinamento giuslavoristico: il licenziamento "ad nutum", scelta di per sé legittima ma che porta come inevitabile conseguenza la rinuncia al cartellino del giocatore e quindi al valore da questo rappresentato.

Va detto che Mutu non è di certo il primo giocatore squalificato per assunzione di sostanze proibite (cocaina) e nell'occasione il Chelsea avrebbe ben potuto seguire il comportamento tenuto dalla stragrande maggioranza dei club che si trovano a fronteggiare tale situazione: pesante multa ed eventualmente sospensione dallo stipendio per la durata della squalifica. In tal modo si sarebbe salvaguardato almeno in parte l'investimento effettuato.
Se è stata scelta la soluzione più drastica è perché evidentemente in società al giocatore non credevano più, pensavano che la sua carriera fosse finita, al punto di abbandonarlo sulla strada come un cane .

Ecco credo che quella del cane possa essere una metafora azzeccata (non ce ne voglia il giocatore eh), ma immaginate di aver acquistato un cane di razza molto costoso, che però dopo qualche tempo vi abbia un po' deluso, che un conoscente lo noti e vi proponga di acquistarlo ma voi rifiutate cortesemente; dopo qualche tempo, magari per una tempesta ormonale stagionale ,la simpatica bestiola decide di marcare il suo territorio su una parete in cui avete appeso un arazzo del '500.
Questo per voi è troppo e la povera bestia si ritrova in un amen al canile municipale. Qui lo nota la persona che già lo voleva e se lo porta a casa sua in un baleno: se ora, pentiti, rivoleste il vostro cane credete di trovare un giudice disposto a darvi ragione?

Come dice un proverbio "Chi è causa del suo mal pianga se stesso" e la cosa dovrebbe valere tanto per il padrone del cane che per Roman Abramovich. Anzi dal momento che non ci si può rivalere su un cane ma lo si può fare su un ex prestatore di lavoro, il magnate russo dovrebbe essere riconoscente a chi ha riportato il giocatore al calcio giocato, consentendogli cosi di mettere da parte almeno una frazione dell'ammontare da lui dovuto per il danno causato. E non è certo colpa di Moggi o della Juve se Mutu, quando vestiva già la maglia viola e ambiva a traguardi più alti, è stato trovato positivo ad altra sostanza proibita e la conseguente nuova squalifica ne ha compromesso irrimediabilmente la carriera.

Tutto bene allora? Non proprio, perché, se è vero che la richiesta del Chelsea non ha alcun fondamento giuridico e sarebbe respinta, con danni, da qualunque giudice togato (gli estremi della condanna per lite temeraria ci sarebbero tutti sia in regime di common law che di civil law), va detto che i tribunali della FIFA non solo non applicano l'istituto della lite temeraria, ma i loro giudizi sono sovente basati su elementi che nulla hanno a che fare con il diritto positivo: insomma avete presente il circolo della caccia di Ruperto, Artico e Sandulli? Siamo grosso modo a quei livelli.
Un ulteriore elemento di inquietudine nasce poi dal fatto che la difesa della Juve in questo procedimento è stata affidata a Michele Briamonte, quello che aveva spinto Conte ad accettare il patteggiamento trappola proposto da Palazzi.