Rosa di vergogna

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Iniziare la giornata guardando una rassegna stampa televisiva che si sofferma sulla prima pagina della Gazzetta può essere indigesto. Succede se ti tocca ingoiare un titolo come “Sparata di Buffon” in relazione a quanto detto, nella conferenza stampa del giorno prima, dal portierone bianconero e capitano della Nazionale. Il termine “sparata” sta lì, a nove colonne, a denigrare il pensiero di Buffon per poi prendere le distanze, con l’editoriale di Franco Arturi, “dalle purtroppo ripetute uscite a vuoto” del portierone della Juventus. Che aveva detto Buffon di tanto grave? “Ci sono delle operazioni giudiziarie, e voi lo sapete prima - ha tuonato il Gigi nazionale contro i giornalisti - uno parla con i PM e voi sapete il contenuto dieci minuti dopo: è una vergogna!” Che c’è di sbagliato? Nulla! Buffon ha descritto schiettamente i fatti anche con riferimento allo spiegamento di troupes televisive al ritiro della Nazionale a Coverciano all’alba, in occasione della consegna dell’avviso di garanzia a Criscito da parte delle forze dell’ordine, a testimoniare un filo diretto fra certe Procure e media, a far valere un presunto diritto di cronaca più di quanto valgano i diritti morali degli indagati. I bene informati sapevano con almeno 48 ore di anticipo che lunedì di buon mattino sarebbe successo qualcosa di eclatante.

La replica roseabonda. Le parole di Buffon sono bastate a spingere i gazzettari anzitutto a mitragliare un pezzo con la propria classifica delle vergogne riguardo i ben noti mali che affliggono il calcio italiano, classificando così una moltitudine di ovvietà, ma evitando accuratamente di replicare nel merito alle parole di Buffon. Per la risposta vera è stato necessario aspettare solo qualche ora, allorché si è diffusa fra i media la notizia riguardante un’informativa della Guardia di Finanza con segnalazione dell’ipotesi che Buffon abbia scommesso 1,5 milione di euro tramite il suo tabaccaio di fiducia. Sul sito del giornale rosa è stato anche possibile scaricare il carteggio a questo proposito fra le Procure di Cremona e Torino con tanto di informativa allegata. Una risposta puntuale come una cambiale, una risposta che sa tanto di ritorsione, che a qualcuno ha fatto ricordare la testa mozzata del cavallo, scena cult del Padrino. Una coincidenza che non trova impreparato chi ha svelato quel corto circuito fra certi PM e i media che già nell’estate 2006 ha appiattito l’informazione secondo le veline che uscivano dalle Procure.

Quando orientavano l'opinione pubblica. La stiamo rivivendo quell’estate 2006 in cui il megafono rosa dei pm di Calciopoli orientò l’opinione pubblica con titoli a sensazione rivelatisi ben lontani dai fatti accertati (arbitri chiusi negli spogliatoi, sorteggi truccati, partite truccate, ça va sans dire). Poco male per un giornale che ha ancora fra le proprie fila dei giornalisti che hanno collaborato con la pubblica accusa del Processo di Calciopoli in spregio a qualsivoglia deontologia professionale. Oggi certa carta stampata fortunatamente la si trova sempre meno anche nei bar e vecchi giornali vengono buoni soprattutto per lavori da imbianchini, lavavetri o altri usi domestici. La gente è vaccinata a certi titoli e li fa scivolare direttamente nella discarica delle cose inutili. Se interessa una notizia si preferisce trovarsi in rete in tempo reale le notizie e gli approfondimenti necessari, arrivando così già preparati a smascherare chi il giorno dopo propina la propria verità in ritardo di un giorno rispetto ai fatti. A “orientare l’opinione pubblica”, come vorrebbero, non ce la fanno più. L’unica sponda la possono trovare nei fomentatori di odio verso i colori bianconeri e in chi ha la colpa di essere indifferente a quella perversa sinergia fra Procure e media che ha fatto scrivere a Christian Rocca come in Italia oggi ci sia il fascismo.

L'inganno dei media oggi è svelato. Rispetto però a come andarono le cose nell’estate del 2006, il gioco oggi è svelato. Si gioca a carte scoperte. Allora parte della tifoseria bianconera era disorientata dalle ondivaghe prese di posizione di dirigenti che il giorno prima dicevano che avrebbero fatto una cosa e poi il giorno dopo ne facevano un’altra (indelebile il Cobolli che prima disse di voler ricorrere al TAR e il Gigli che il giorno dopo disse di no, per non arrecare ulteriore danno al calcio italiano...). Oggi la tifoseria juventina è unita, è una cosa sola con la società e non è certamente disposta a farsi ingannare da altri processi, prima mediatici e poi sportivi, da parte di un sistema moribondo che invece di fare il mea culpa tenta in tutti i modi di sopravvivere a se stesso.

 

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