Giù le mani da Antonio Conte

conteQuello che sta accadendo in queste ore, alla vigilia della finale di Coppa Italia, seguendo quindi lo stesso canovaccio di altri tentativi (lo stesso Conte, Bonucci, Pepe) andati a vuoto in altri momenti topici del campionato, va oltre ogni soglia di tolleranza.
Non staremo nemmeno a ricordare come queste cose altro non fanno che aumentare ancora di più la grinta e l'avvelenamento che la squadra metterà nella partita di domenica: è sicuramente così, ma non è questo il punto.
Il punto è che la gogna mediatica multilaterale che si sta scatenando in queste ore attorno al nome di Antonio Conte non è più tollerabile, e come tifosi reagiremo con tutte le nostre forze, con la compattezza che non c'è stata nell'estate del 2006. A nulla serve ricordare che la situazione in questo caso è differente perché non vede responsabilità di alcun tipo in capo alla società Juventus. Non conta perché non abbiamo l'anello al naso e sappiamo capire perché certe cose accadano e quali siano gli obiettivi finali. Dopo cinque anni in cui la Juventus non dava più fastidio a nessuno, proprio nell'anno in cui la Vecchia Signora ha ritrovato se stessa ed è tornata ad essere un soggetto forte e temuto, sono ripartiti gli attacchi da più fronti, a partire dal fantomatico acciaio scadente dell'ottobre scorso (finito ovviamente in una bolla di sapone: ma conoscendo certi metodi non dubitiamo che quell'inchiesta possa riemergere in questi giorni, sfruttando la scia positiva di un nuovo sentimento popolare) fino ai vari tentativi di tirare dentro l'inchiesta scommesse giocatori juventini e lo stesso Conte. Finito il campionato, e finito in quella maniera, non poteva tardare il ritorno di fiamma. Come abbiamo detto in passato, colpire Conte vuol dire colpire il cuore della Juve, perché da tutti il mister è individuato come l'elemento cardine della ritrovata competitività della squadra.

Non è tollerabile la maniera acritica con la quale da tutte le parti vengono proposte le deposizioni di questo ex giocatore del Siena, che lo stesso Conte aveva messo ai margini della squadra. I più eccitati già parlano di condanne, di mesi, di anni, già ipotizzano che non sia nemmeno omessa denuncia ma vero illecito sportivo. Tutto ciò senza che Conte sia stato mai sentito dalla Procura federale, senza che da alcuna parte si sia trovato riscontro alle parole di questo giocatore: un incallito 'combinatore', reo confesso, già passato attraverso la custodia cautelare, che ora improvvisamente diventa l'eroe della mezza Italia antijuventina che sfoga con la sua figurina in mano le proprie frustrazioni per questo scudetto così inaspettato. In Italia ti perdonano tutto ma non il successo, e la Juve (anche) in questo fa scuola da sempre. Meno ancora ti perdonano le richieste di danni con troppi zeri, men che meno mettere in discussione le sentenze scritte su fogli rosa sporchi di gelato.

Non è e non sarà mai tollerabile che una persona limpida, un grande sportivo come Antonio Conte, venga messa alla berlina. Non è tollerabile che le chiamate in correità siano considerate attendibili o meno a seconda di chi le fa. Sei anni fa Paolo Bergamo dichiarava che le telefonate dello stesso tenore (e anche peggiore) di quelle di Moggi le riceveva da tutte le squadre, soprattutto da una milanese, ma non era da prendere in considerazione perché era un associato a delinquere nella terribile cupola moggiana; se invece a sparare fango è questo modesto centrocampista, allora si tratta di un pentito credibile e attendibile. Questo non va bene, non è tollerabile e non lo tollereremo. Come non tollereremo che si faccia passare di nuovo la leggenda metropolitana secondo la quale nella giustizia sportiva le prove debbano portarle gli incolpati e non la Procura Federale. Chi lo sostiene dovrebbe avere la cortesia di indicarci l'articolo del Codice di Giustizia Sportiva dove viene riportato ciò e, quando mai lo trovasse, spiegarci come questo si concili con una fonte di grado leggermente superiore quale è la Costituzione. Le prove, come in tutti i processi, deve portarle chi accusa, e le parole di un reo confesso rimangono solo parole finché non sono avvalorate da riscontri oggettivi. Prove, dati, soldi: senza questi elementi tutto ciò rimane solo fango. E prima o poi qualcuno dovrà pagare caro tutto ciò.
Noi siamo dalla parte del nostro allenatore e, per estensione, della nostra società nuovamente vittima di aggressioni mediatiche nel momento in cui ha riconquistato il suo onore sportivo. E la invitiamo a non fare alcun passo indietro in merito alle sue rivendicazioni nelle aule di tribunale, perché in fondo il sospetto che tutto ciò parta da lì è difficile non averlo.