Ranking UEFA: analisi di una débâcle annunciata

championsPer qualche anno, l'Italia sarà condannata ad iscrivere alla UEFA Champions League solo 3 squadre, e tutto per colpa di un punteggio che molti esperti ed analisti sportivi cercano di motivare, giustificare, commentare; un concetto fin troppo inflazionato, ma statisticamente e storicamente importante per chi si interessa di calcio nazionale ed internazionale: parliamo del cosiddetto "Ranking" UEFA. Prima di osservare i dati e di analizzarli per trarne le debite conclusioni, crediamo sia importante chiarire come funzioni questo meccanismo di assegnazione di punti, creato dalla UEFA nel 1979, e che sta alla base della partecipazione dei club di ogni singola federazione alle competizioni europee. Comprendere come vengano assegnati i punteggi dovrà servire agli organi calcistici nazionali competenti per trovare le cause ed il modo di arginare una continua emorragia di punti (e posizioni) certificanti persino dal punto di vista statistico la crisi del calcio italiano.

Ranking e coefficienti. Il concetto fondamentale per comprendere come funzioni il sistema di punteggi che determinano il vero e proprio ranking è quello di coefficiente UEFA. Ogni squadra che partecipa alla Champions League (CL) o alla Europe League (EL) ottiene dei punti in base ai risultati conseguiti (2 punti per vittoria, 1 per pareggio, cui si sommano alcuni punti bonus in caso di passaggio di turno ed il 20% del coefficiente nazionale per la stagione considerata): questa somma si chiama coefficiente di squadra e viene utilizzata per calcolare il ranking di ogni team. Il team ranking si ottiene semplicemente calcolando la somma dei coefficienti di club delle ultime 5 stagioni. Analogamente, si procede per i punteggi per nazione, ancor più importanti perché determinano il numero di squadre partecipanti, di anno in anno, alle competizioni europee. Il coefficiente per nazione non è altro che la media dei punti delle squadre appartenenti ad una determinata federazione che, nell'anno considerato, hanno partecipato alle competizioni europee (EL o CL). Il country ranking, invece, è la somma dei coefficienti per nazione delle ultime 5 stagioni: da ciò si ricava la classifica delle nazioni (quella con più punti è prima e così via). Al di là dei coefficienti delle singole stagioni, per i quali, essendo delle medie, paradossalmente è sufficiente che le 2 o 3 squadre iscritte passino qualche turno in Europa League per essere primi - si veda il caso della Romania nella stagione 2006/07-, appare meritevole di analisi il dato storico, cioè il ranking, che è un punteggio che tiene conto di ben 5 stagioni precedenti (e infatti proprio la Romania, dall'anno 2012, rischia di scivolare oltre il 15° posto, dal 13° in cui si trova ora).
Si ricorda che le prime tre posizioni del ranking per nazione assicurano la possibilità di schierare 4 squadre per la successiva Champions League (fino al 1998, anno della riforma della Champions League, valeva lo stesso discorso per la "vecchia" Coppa UEFA).

I dati: la nostra analisi. Per iniziare, proponiamo un grafico che riporta il movimento dei coefficienti per nazione delle prime (attualmente) quattro forze europee (Italia, Inghilterra, Spagna e Germania) a partire dalla stagione 1994/95 (insediamento Triade e prima Juventus targata Lippi) sino al 2014.


grafico


Chiariamo immediatamente che la "coda" delle curve nel grafico, quella relativa al periodo 2012-2014, essendo una somma di coefficienti relativi ad un numero decrescente di stagioni, tende a scendere e rappresenta solo una semplice proiezione, ma in futuro il divario tra Italia e le altre tre rischia di aumentare. Solo il cospicuo numero di squadre italiane che hanno comunque il diritto di partecipare alle coppe europee impedisce di essere superati, negli anni immediatamente successivi, da altre nazioni; tuttavia, si tenga presente che già da quest'anno avremo una squadra in meno in CL, e la terza partirà dai preliminari.
Aggregando i risultati disponibili, infatti, la classifica del 2012 (2007-08-09-10-11) ci vede quarti; idem nel 2013 (2008-09-10-11) grazie agli exploit di Inter e Milan in tempi non sospetti. La dimostrazione che in realtà tali prestazioni non siano caratterizzate da una certa continuità e che siano stati successi puntiformi giunge dal fatto che dall'anno 2013 (somma dei coefficienti degli ultimi due anni 2009-10 e 2010-2011 e della stagione in corso), l'Italia passerebbe dal quarto al settimo posto... idem nel 2014. Quindi aggregando le due passate stagioni saremmo mestamente settimi!
Solo 15-20 anni fa - e fino al 1999 - il predominio dell'Italia in Europa era stato schiacciante: dapprima il Milan, poi la prima Juve targata Triade-Lippi avevano apportato un bel malloppo di punti utili a far salire l'Italia al primo posto del ranking UEFA per nazioni. Se abbiamo compreso il meccanismo del punteggio, inoltre, non sarebbero certo sufficienti le ottime prestazioni delle due "big" appena citate: infatti, siccome il coefficiente è una media dei punti di tutte le squadre partecipanti alle competizioni europee, necessariamente devono esservi state buone prove da parte delle altre compagini italiane, Parma e Lazio su tutte.
A partire dal 2000, invece, come evidenziato nel grafico, si iniziarono ad avvertire i primi scricchiolii: il sorpasso della Spagna divenne inevitabile. La coincidenza con la genesi dell'era delle sette sorelle non può non essere quantomeno ricordata. Probabilmente, si assistette ad un calo di competitività del calcio italiano, alla faccia di chi sosteneva che finalmente "vincevano tutti", al costo di veder smussate quelle necessarie caratteristiche di rivalità tra le società più performanti del nostro campionato. E la crisi di un tale sistema era dietro l'angolo: nel 2003 l'Italia venne superata nel ranking dall'Inghilterra, nonostante fosse giunta prima come coefficiente per nazioni. E' la prova del fatto che la tendenza a scendere era stata ormai innescata tempo prima, il tutto condito da prestazioni mediamente non esaltanti da parte delle formazioni italiane nelle coppe europee. Il punteggio, tuttavia, si mantenne costante, e una ripresa arrivò negli anni 2005 e 2006. In Italia, intanto, vinceva sempre la stessa squadra, ma probabilmente la smania di primeggiare e la voglia di rivalsa nei confronti dei bianconeri riusciva nell'impresa di creare punti preziosi persino nelle competizioni europee.
Dopo Calciopoli, come mostra ancora il grafico precedente, si raggiunsero i valori di coefficiente analoghi a quelli delle annate 2003 e 2004, con una piccola differenza: non c'è stata un'immediata ripresa (la scorsa stagione e l'attuale non possono fornire molti punti utili) e, per la prima volta, l'Italia è stata superata nel ranking dalla Germania, con un divario di punti non certo recuperabili in una o due stagioni. Parimenti, Spagna ed Inghilterra sono sempre più lontane. Da notare che il coefficiente UEFA dell'Italia è sceso dal terzo al sesto posto (come non successe nemmeno nel 2004) per poi confermarsi al quinto. Anche questo sarà un caso, ma negli anni 2007 e 2008 la Juventus, estromessa dalle rassegne continentali, non potè apportare punti alla causa italiana...
Un tale calo successe persino nel 1996, con l'Italia al quinto posto in quella stagione, ma ancora saldamente al comando del ranking, e nonostante la vittoria della Juve in CL. Al contrario, in questi ultimi anni, lo ricordiamo ancora, la ripresa non c'è stata. Ancora una volta si potrebbe ipotizzare che la mancanza della Juve, per demeriti propri e per Calciopoli, sia stata determinante non solo in un fisiologico calo del coefficiente UEFA, ma soprattutto nella mancata ripresa, con conseguente crollo nel ranking (vedi grafico successivo).




La linea blu rappresenta la posizione dell'Italia per coefficiente, stagione per stagione, mentre il tratto rosso indica la posizione nel ranking. La tendenza è evidente ed è cominciata ben prima di Calciopoli, segno patognomonico di una sofferenza prima ancora politica che sportiva, da ricercare nei vertici della Federazione. I risultati ottenuti sul campo dalle formazioni italiane si sono susseguiti fino all'immediato post-2006, con continuità fino ai primi anni del millennio, poi sempre più isolati: questo indica mancanza di programmazione, di strategie atte a valorizzare le formazioni italiane ed i loro vivai, mancanza di tutela, da parte di una Federazione miope, delle società virtuose, a vantaggio di non meglio precisati benefattori dello sport, capaci di scambiarsi plusvalenze fittizie, oltre che di taroccare documenti e bilanci e, pare, di istituire veri e propri sistemi di spionaggio ai danni di tesserati.
Matematico, pertanto, è giunto addirittura il sorpasso da parte della Germania, avvenuto nel 2010, nonostante avesse una squadra in meno iscritta alle coppe europee (6 contro le 7 di Italia, Spagna e Inghilterra).

Omissioni: la Juve andrebbe considerata... Grande spazio sui giornali è stato dedicato al crollo nel Ranking UEFA dell'Italia. Ne hanno parlato, ad esempio, Fulvio Bianchi su Repubblica.it, nella consueta rubrica Spy Calcio del 6 ottobre ultimo scorso e Roberto Beccantini sul numero di novembre del Guerin Sportivo: lo scarso interesse per l'Europa League, la crisi dei vivai, l'apertura delle frontiere intracontinentali e la scarsa capacità dirigenziale sono state considerate come possibili cause.
Solo Beccantini parla di Juventus "spappolata" nel 2006, salvo poi ricordare ad Andrea Agnelli di pensare alle prescrizioni proprie e ad affermare che, in fondo, anche i bianconeri hanno guadagnato con la compravendita di Ibrahimovic...
Ma, analizzate le possibili cause nazionali ed internazionali per spiegare il tracollo dell'Italia in tutte le statistiche europee, non possiamo glissare con altrettanta leggerezza su un fattore importante nella genesi della crisi del calcio italiano: la distruzione, per mano altrui e propria, della Juventus.

La Juventus, infatti, è stata l'unica squadra italiana sempre qualificata agli ottavi di finale nei 15 anni della Triade; inoltre, se è vero che i punteggi europei tengono conto di tutti i club partecipanti per nazione, è altrettanto dimostrabile che gli anni caratterizzati da scarsi risultati in Europa da parte dei top team italiani hanno coinciso con annate "no" dal punto di vista statistico. Ancor più vero allorquando una di queste "big" non solo non era in forma, ma non figurava proprio nelle liste europee, a causa, prima, della giustizia sportiva approssimativa, poi di una gestione disastrosa nel quadriennio del projettò.
Come già evidenziato, il sensibile calo dei risultati sportivi e, di conseguenza, del coefficiente nazionale era iniziato nei primi anni 2000. I pastrocchi federal-societari messi in piedi in quel periodo devono essere almeno menzionati, ma nemmeno Calciopoli è da considerare la panacea di ogni male, anzi. Il trend negativo è proseguito irrimediabilmente, la media delle squadre giunte agli ottavi, in semifinale e in finale è calata sensibilmente dal periodo pre- al periodo post-Calciopoli.
Si può ipotizzare, pertanto, che la perdita di competitività del parco squadre tricolore derivi proprio dalla perdita di un competitor di assoluta importanza come era la Juventus, che vinceva o arrivava spesso alle fasi finali, in Europa, innescando, in Italia, un meccanismo di competizione tale per cui le altre formazioni dovevano aumentare sempre di più la loro qualità per poter starle dietro (e viceversa), in un circolo virtuoso potenzialmente infinito. E c'è da mangiarsi le mani, per il calcio italiano, dato che in Spagna questo circolo è limitato a due sole formazioni e, pertanto, superabile da una forza di almeno quattro squadre (Juve, Milan, Inter e Roma) pronte a superarsi l'un l'altra per primeggiare. Ora il meccanismo si è interrotto e una sola squadra era rimasta competitiva dopo Calciopoli. Forse non la più attrezzata e prestigiosa...
La circostanza di tali risultati così deludenti a livello continentale, cronicizzatasi da ormai 5-6 intere stagioni, qualunque siano le cause, si è inevitabilmente abbattuta sul ranking UEFA dell'Italia.
La mano pesante della giustizia targata Federcalcio nei confronti della società bianconera ha probabilmente contribuito a produrre un declassamento dell'intero calcio italiano per le stagioni a venire. E ora? La Juve si dovrà alzare con le proprie gambe: nessun trattamento di favore, nessuno sconto, nessuna revisione storica delle sentenze anacronistiche che decretarono la distruzione della Juventus. E tornano alla memoria le innumerevoli leggi e norme varate appositamente per salvare le squadre milanesi e capitoline, gli atti tenuti nascosti (si vedano i pronunciamenti sui casi Preziosi e Vieri), le mani leggere verso falsificatori di documenti e di bilanci. Per cui non ci si fermi col dire che la Juventus non si difese nel 2006! Se la Federazione si rendesse conto del gran casino che essa stessa ha creato, troverebbe i modi - leciti - per tornare indietro e rivedere le decisioni assunte cinque anni or sono alla luce dei "nuovi" fatti, qualunque siano le volontà della Juve attuale o di allora. La riabilitazione politica e sportiva di una squadra e di un intero Paese passano anche da lì.

Dove sta andando il calcio italiano? Qualcuno si sta interrogando sulle cause reali, dati alla mano? Chi tapperà le innumerevoli falle? Queste sono le domande da porsi.
Oppure si continui a credere che la caduta nel ranking UEFA e la perdita di potere politico, economico e sportivo siano da imputare al fallimento delle nostre squadre "piccole" o, peggio, di un piano segreto messo in piedi da Luciano Moggi, Andrea Agnelli, Gargamella e Dart Fener...