Juve avanti facilmente in Europa

Era attesa con molta curiosità la prova della Juve a Trebisonda.
Lo era per la suggestione provocata da un ritorno in Turchia dopo il passaggio assurdo di dicembre, per le difficoltà che il Trabzonspor aveva creato all'andata in quel finale tanto simile ad altri finali bianconeri di questo periodo, e perché. nonostante il divario netto fra le due squadre, i media confidavano nel solito luogo comune, ovvero la scarsa attitudine europea della Juventus.
Posto che parlare male di Juve in Italia è uno sport al quale non sfugge nessuno, e che a raccontare bugie si finisce per farle diventare verità per il popolo-bue - lo diceva "qualche" tedesco negli anni Trenta, ma i metodi non sono cambiati... - direi che sarebbe il caso di finirla con questa leggenda sulla pochezza europea della Juventus.
Primo club nella storia a fregiarsi di tutte le coppe internazionali possibili (correva l'anno 1985 e Galliani era ancora juventino: peccato non fosse in società. Qualche patacca sulla maglia ce l'avrebbe messa di sicuro), sesta società europea quanto a numero di trofei internazionali in bacheca (dietro a Real Madrid, Barcellona, Milan, Liverpool e Bayern Monaco).
L'ultima finale europea disputata risale al 2003, 11 anni fa, in mezzo c'è stato il disastro che ricordiamo, la crisi italiana - non solo calcistica - e i quattro anni con Blanc, Cobolli e Secco al timone, che da soli valgono quanto un'era geologica.
Ora la squadra sta accumulando esperienza, e, come sottolinea Conte, a parte Pirlo, Buffon e Tevez, gli altri sono tutti uomini da non più di 30/40 presenze europee in carriera, e mi sento di condividere le parole del Mister quando ricorda che il percorso comune a livello internazionale di questi ragazzi è ancora relativamente breve.
Ecco perché paradossalmente l'Europa League può essere una palestra di crescita importante, per un gruppo che lo scorso anno partì forte e finì arenandosi - seppur onorevolmente - contro i futuri campioni d'Europa, probabilmente sfruttando l'entusiasmo del ritorno del club su certi palcoscenici dopo tre anni.
Un gruppo che quest'anno ha sbagliato qualcosa di troppo in un girone di Champions League abbordabile, un girone chiuso malamente a causa di un mix fra responsabilità proprie (tecniche e politiche) e sfighe assortite.
Ma, ripeto, il "declassamento" potrebbe avere la sua bella utilità, permettendo a molti di fare esperienza, compresi coloro che sono stati sin qui meno impiegati.
L'Europa League è una possibilità in più, per chi solitamente gioca meno, di mettersi in mostra, rodare la gamba e aumentare autostima: non dimentichiamoci che nelle grandi squadre si sono visti tanti gregari apparentemente improponibili, infine rivelatisi preziosi quanto determinanti.
E' per questo che la prestazione di stasera - fatta la debita tara al valore dell'avversario, che comunque era lo stesso una settimana fa - è molto confortante per approccio, continuità e tenuta atletica e mentale.
Nessun cedimento nel finale, molta lucidità e un furore agonistico - impreziosito da una manovra agile e briosa - dei tempi migliori: questa è stata la Juve di Trebisonda, imbottita di rincalzi e rappresentata in partenza da soli 4 elementi di quella che, secondo Conte, è la formazione standard.
Gli attaccanti hanno accorciato e colpito, i difensori hanno eluso la già scarsa aggressività dei rivali, i centrocampisti hanno "spaccato" la partita sin da subito.
Chiusa la pratica - e riservata menzione speciale per Giovinco, Marchisio e Isla - Conte si è persino concesso il lusso di far rifiatare Pogba prima dell'intervallo: d'altronde il Milan è lì, a meno di 70 ore dal termine della partita di stasera e senza il lungo viaggio di ritorno che la Juventus deve affrontare.
In attesa di iniziare il trittico di sfide con la Fiorentina, lo snodo decisivo della stagione per quanto la sfida potrà portare via in termini di energie nervose.