Una Juve in 10 agguanta un buon pari col Re Leone

Si interrompe a quota 12 la serie record di vittorie consecutive della Juventus ma, per come è venuto questo pareggio, credo che possiamo ritenerci soddisfatti.
La Lazio di Reja ha invertito la tendenza della prima parte del campionato, quando il gruppo gestito da Petkovic probabilmente pativa un mix di opposti stati d’animo: l’appagamento da “coppa in faccia” e l’incredulità di vedere inaspettatamente volare chi di quella coppa portava ancora i segni addosso.
Ma da quando Lotito ha richiamato l’allenatore friulano il trend è improvvisamente cambiato. Ecco perché rimontare uno svantaggio in trasferta contro un avversario motivato – in campionato, gli aquilotti non battono la Juve da 19 partite - non è impresa da poco.
Anche perché nel calcio moderno il teorema “in dieci si gioca meglio”, coniato da qualche buontempone qualche decennio fa, non regge praticamente più.
Immagino l’altra metà della Capitale, meravigliata da tanta grazia che proprio gli odiati cugini, abituati allo “scansamose”,  stavano servendo alla lupetta su un piatto d’argento.
Perché sull’altra sponda tiberina hanno interpretato il successo di martedì come l’inizio della rimonta, mica si limitano a considerare la partita che passerà alla storia per l’ennesimo taroccamento Rai alla moviola (vedi goal di Peluso) come un semplice quarto di finale di Coppa Italia.
Non aveva iniziato male la Juventus, occupando subito la metà campo laziale, ma la mancanza di ritmo favoriva la difesa biancoceleste, compatta e concentrata come piace al suo allenatore.
Tutto men che concentrata è stata la difesa bianconera al minuto 25: in particolare era Ogbonna a distrarsi, tenendo in gioco Klose che sbucava alle spalle dell’ex granata e lo aggirava con un movimento fin troppo elementare. Inevitabile il contatto con Buffon – già da brividi qualche minuto prima, sempre sull’ex centravanti del Bayern - e come da prassi rigore e rosso.
Un tentativo di combinazione fra Tevez e Llorente sventato da Berisha e il tempo finiva senza altre azioni degne di nota; le prospettive per la ripresa non sembravano affatto rosee.
Invece nel secondo tempo la Lazio provava a chiudere la partita ma la Juventus ribatteva colpo su colpo, rischiando di subire il gol del 2-0,  però non rinunciando mai a cercare di riequilibrare la partita, che si apriva ad ogni possibile opzione.
E il coraggio della Juve veniva premiato da un’azione splendida a cinque/sei tocchi: Lichtsteiner di testa verso Vidal, di prima per Marchisio che subito gira in profondità a Tevez, il quale premia la sovrapposizione dello svizzero (fischiatissimo dal suo ex pubblico) che serve sul primo palo Llorente, marcato da Biava.
Il basco tocca la palla quel tanto che basta per correggere una traiettoria tutt’altro che perfetta e agevole da incrociare, e Berisha può solo osservare la conclusione della parabola nella sua porta.
La Lazio reagiva, Storari si superava su Klose - e ringraziava la traversa - e il palo lo aiutava su Keita. Berisha guadagnava la pagnotta su Tevez, Llorente diventava una specie di incubo per la difesa laziale e fino al termine (due minuti di recupero, come se l’arbitro avesse fretta di chiudere il discorso)  la ricerca della vittoria da ambedue le parti è prevalsa rispetto ad un più ragionevole atteggiamento speculativo.
Ma se per la Lazio cercare la vittoria era un obbligo, per la Juve è un dovere provarci sempre.
Nel dopo partita, Conte ha dichiarato: la partita di oggi spiega perché siamo in testa alla classifica.
Adesso sotto con l’Inter, protagonista in settimana del caso più assurdo di questo mercato di gennaio: inutile dire che ci si aspetta di accoglierli come si conviene.
Sempre, ovviamente, sul campo.