Juve forza cinque

La Juventus non si ferma più e anche a Livorno detta la legge del più forte.
Dalla follia nel finale della partita di Firenze il ruolino di marcia della squadra di Conte è stato impressionante: cinque vittorie consecutive, dodici gol fatti e zero subiti.
Sarà che la condizione generale è migliorata, sarà che la sorte ha iniziato a girare (prima, la percentuale di tiri vincenti verso Buffon era altissima) e l’attenzione di tutti è si è elevata.
Quel che è certo è che i tre schiaffoni in cinque minuti rimediati da Rossi e Joaquin stanno sortendo lo stesso effetto dei tre rimediati dalla Strama-Inter più o meno nello stesso periodo della scorsa stagione.
L’augurio è che le cose possano terminare allo stesso modo a maggio.
Le premesse ci sono tutte, anche perché la Juventus di oggi stabilisce il record di punti dell’era Conte, mai arrivato in precedenza a quota 34 in 13 partite.
In barba alle profezie (interessate) di chi vedeva nella Juve di questa stagione una squadra senza fame, senza voglia e dilaniata dai problemi interni. Sinceramente mi auguro che non si interrompano tutte queste malelingue, queste insinuazioni volte a creare tensione nell’ambiente riguardanti gli attriti fra Conte e la dirigenza, le bufale di mercato ormai sparate a scadenza quotidiana, le polemiche di vario genere create solo ed esclusivamente ad uso e consumo di quella strategia di destabilizzazione di cui il mister ha parlato a ragion veduta.
Come sappiamo bene, lui ne sa qualcosa.  
Sta a noi tifosi non cadere nei tranelli mediatici di chi (tutti coloro i quali non tifano Juve) vive e lavora con la sola speranza di vedere crollare il fortino bianconero.
Il campo dice che a Livorno si è vista la solita partita della Juventus contro una piccola, piccola che riconosce la manifesta superiorità dell’avversario e rinuncia a priori a giocarsi la gara.
Un atteggiamento che in Italia si mantiene solo nei confronti dei più forti, come succedeva al Milan di Capello, alla Juve di Lippi e poi dello stesso Capello e, per finire, all’Inter di Mourinho.
La Juve di Conte sta viaggiando su quella strada: finché la tensione agonistica e la condizione dell’avversario reggono si assiste a partite bloccate, senza sbocchi e apparentemente destinate ad uno scontato 0-0, magari col rischio di subire un gol stupido in un singolo episodio di contropiede.  
Nel momento in cui l’avversario cerca di mettere fuori il naso dal guscio, provando a vedere com’è il mondo fuori, ecco che il predatore colpisce. Hanno colpito gli attaccanti, con grande qualità Llorente, con estrema precisione Tevez, pure lui suggerito dal centravanti basco.
E’ divertente rileggere i giudizi su Fernando, prematuramente bollato come pacco pronto ad essere rispedito in Spagna (o altrove, purché via da Torino) alla riapertura del mercato.
Rileggendo i numeri e guardando le partite invece si evince che la differenza grossa fra questa Juve e quella del recente passato sta proprio in questi due attaccanti: due punte che oltre a fare gol (12 sui 38 segnati finora) riescono a stoppare la palla, difenderla e smistarla con precisione.
Una prerogativa che nel passato era esclusiva del solo Vucinic in versione “oggi ho voglia di alzarmi dal divano”.
L’emergenza difensiva è stata superata brillantemente col solito immenso Vidal, un giocatore che se vestisse un’altra maglia sarebbe già candidato al Pallone d’Oro.
Non è “appariscente” come Pogba, non è raffinato come Pirlo, ma ho il sospetto che se Conte, in un momento di delirio assoluto, decidesse di metterlo in porta al posto di Buffon il cileno si arrangerebbe comunque.
Adesso c’è una partita fondamentale da vincere mercoledì, e sarebbe la prima di questa stagione europea.
Come dice Conte, siamo soddisfatti del fatto che la qualificazione dipenda esclusivamente da noi.
Ho la sensazione che il Mister sappia di aver ritrovato in tutto e per tutto la “sua” squadra.