Juve, buona la prima

TevezRicomincia un nuovo campionato, la caccia alla zebra è ripartita con avversari più agguerriti che mai.
La Juve riparte da dove aveva finito, geograficamente parlando, cioè da Genova, ma riparte dalla convinzione di essere solida, convinta e padrona del proprio destino.
L'avversario non era dei più morbidi: Delio Rossi da sempre è tecnico ostico per la Juventus, e le due sconfitte rifilate dai blucerchiati ai bianconeri nello scorso campionato sono solo le ultime di una serie che, iniziata con il Lecce (2003/04, prima e unica vittoria salentina a Torino), continuò col Palermo (tre successi consecutivi rosanero a cavallo delle stagioni 2009/10 e 2010/11) passando per l'eliminazione dalla semifinale di Coppa Italia che la Lazio guidata dal tecnico romagnolo inflisse alla Juve di Ranieri nel 2009.
Con questi presupposti scaramantici, e considerando il valore del tecnico e della rosa doriana (Obiang e Gabbiadini promettono parecchio, e il gruppo è ben assortito e ben allenato), l'avvio bianconero non poteva che nascondere insidie.
I condizionamenti esterni ci sono sempre stati e sempre ci saranno, i dubbi sulle capacità di un gruppo vincente di rigenerare continuamente motivazioni pure.
Ma se il pre-campionato ci aveva allarmati, diciamo che le prestazioni in Supercoppa e la trasferta a Marassi hanno attenuato un pochino il clima da “moriremo tutti” che aveva colpito alcuni tifosi, compreso chi scrive.
Non si è vista una Juventus scintillante, si è vista una squadra matura, in costante crescita quanto a consapevolezza della propria forza, una squadra certamente molto meno bella della spregiudicata - e persino incosciente - prima Juve di Conte, quella che non aveva nulla da perdere e giocava con l'animo leggero di chi vuole recitare il ruolo del guastafeste.
Quella Juve la potremo rivedere solo in certe occasioni e contro certi avversari, e continuo a sostenere che non sia affatto una questione di modulo adottato, bensì di atteggiamento.
Quella Juve nasceva da una stagione consacrata alla Missione-riscatto, l'effetto-novità le diede quegli stimoli che non potevano riproporsi nella stagione successiva e men che meno potevano ritornare in questa che va ad incominciare.
Questa Juve ha la sicurezza di chi ha imparato a vincere e non ha fretta: al contrario, fa della pazienza una dote peculiare.
Aggredisce quando deve farlo, gestisce quando capisce che è il momento di tirare i remi in barca, con una costante: la pretesa di rimanere sempre in controllo sulla partita.
Con questi presupposti, vedo difficile anche per quest'anno rintracciare una credibile candidata al ruolo di anti-Juve, soprattutto se - mentre le rivali sono nelle condizioni di cui leggerete più avanti - da Torino non se n'è andato nessuno.
Ok, ho letto in queste settimane delle vedove di Giaccherini, che ha salutato la truppa per andare a guadagnarsi maglia da titolare (Brasile 2014 è alle porte) e sterline all'estremo nord-est dell'Inghilterra.
Con tutto il rispetto per un giocatore cui va la nostra gratitudine per quel gol al Catania (il vero suggello al 31° scudetto), il suo score nella passata stagione recitava: 24 presenze considerando tutte le competizioni, 17 in campionato con sole 8 partite intere giocate contro Genoa, Chievo, Bologna, Udinese e Pescara, più le tre a scudetto conquistato contro Atalanta, Cagliari e Sampdoria.
Niente a che vedere con le uscite di Cavani, Jovetic e quella probabilissima di Ljajic.
La Juventus ha trattenuto i suoi pezzi pregiati.
Tutti, nessuno escluso, e qualcuno di questi crescerà ancora molto, qualcun altro addirittura moltissimo.
E dei tre nuovi arrivi il più atteso (Carlos Tevez) dopo un lungo amoreggiamento con il Milan ha scelto la Juventus e nella considerazione dei media e degli addetti ai lavori dopo questo “cambio di rotta” è improvvisamente passato da grande giocatore a possibile “pacco”.
Un pacco che finora non ha entusiasmato con prestazioni mostruose, ma pensiamo che: 1) una preparazione così pesante l'argentino non l'aveva mai sostenuta; 2) “el machado” viene dall'Inghilterra, un ambiente in cui il tatticismo esasperato tipico del nostro calcio non esiste.
Risultato: ne vorrei a dozzine di “pacchi” che nelle prime due partite ufficiali “timbrano” due volte, una delle quali decisiva, e se possibile vorrei ancora più “pacchi” in grado di difendere palla e dialogare con i compagni.
Vorrei averne di “pacchi” così, pronti a ripiegare e capaci di tenere sempre in tensione le difese avversarie con movimenti frenetici in profondità e accelerazioni improvvise, una manna per i compagni chiamati ad assecondare le opzioni offensive.  
Dopo Vucinic, la Juventus ha finalmente un altro giocatore in grado di dare del tu alla palla in attacco, e vorrei sfatare subito un credo diffuso: non pensate che Tevez sia qui per fare venti gol.
Tevez è qui per giocare a pallone nel vero senso della parola, per aiutare la squadra ad adottare soluzioni alternative a quelle praticate negli anni passati.
Così come la torre-Llorente, che verrà utile contro certe squadre, pur non disdegnando - il basco - la giocata palla a terra.
Chiaramente siamo solo all'inizio, però con questi presupposti il sospetto che anche quest'anno lo scudetto lo possa perdere solo la Juve è - parere personale - molto forte.

p.s. Poche parole sul mercato non ancora concluso, e quindi suscettibili di smentita, anche se i giochi parrebbero sostanzialmente fatti.
Il nuovo Napoli ha perso Cavani e ha finanziato il Real Madrid liberando il roster merengue da tre riserve che hanno lasciato spazio a giovani già pronti (Jese, Illaramendi, Morata) e al clamoroso affare-Bale. Sicuri che il Ciuccio si sia decisamente rinforzato?
La nuova Fiorentina di Mario Gomez, Joaquin, Ilicic e “Pepito” Rossi, la cui proprietà ha fatto la voce grossa con la Juventus per Jovetic, - oltre ad aver perso il montenegrino - dovrà molto probabilmente rinunciare anche a Ljajic, dato in direzione Milano rossonera. La retroguardia di Montella si annuncia anche quest'anno come il reparto più “emozionante”. Alla faccia del “gioco spumeggiante”.
Il nuovo-vecchio Milan riparte con l'organico che nella seconda metà della scorsa stagione “ha fatto meglio di tutti”.
Soprattutto grazie all'infallibilità di Balotelli dal dischetto.
Abate-Zapata-Mexès-Constant restano una garanzia assoluta. Per gli avversari.
La nuova Inter prossima al cambio di proprietà è stata recentemente affidata all'unico legittimo depositario del verbo del 3-5-2. A prima vista, parrebbe che Mazzarri abbia già bocciato un paio di giovani virgulti arrivati in estate. Iniziamo bene.
Poi c'è la nuova Roma, le cui mosse mai come in questi giorni hanno svelato le reali intenzioni dei paisà bostoniani: fare cassa con il meglio a disposizione per far rientrare Unicredit dall'esborso causato dall'operazione “salvataggio da 'a Maggica”.
Chiude la fila la Lazio di Lotito, vero deus ex machina di Lega, cui non bastano magheggi e manifestazioni di arroganza per assicurarsi successi e credibilità.
Insomma, hanno parlato tutti, ma ora aspettiamoli alla verifica del campo.