Juve-Roma 4-1: Zemanlandia diverte gli juventini

zemanPoteva andare peggio.
Cioè, poteva finire 7-0 o 8-0.
Ci stava, eccome.
Ora vi chiederete: sei juventino, cosa ti avrebbe reso più felice di un'umiliazione senza precedenti alla Roma, ai suoi tifosi, a Zeman?
La risposta è semplice: proprio perché sono juventino mi diverto a giocare contro Zeman.
E' una meraviglia, com'era una meraviglia giocare lo scorso anno contro Luisseriche, uno che con meno proclami aveva capito tutto e a fine stagione salutò la mesta compagnia desiderosa di riabbracciare il Vate.
Che Dio ce lo conservi a lungo su quella panchina, per anni e anni di divertimento (nostro) e frustrazioni giallorosse.
Chissà, fino al prossimo “ribaltone”? (vero Baldini?).
Il Vate tornava a Torino dopo qualche anno, ci tornava dopo un'estate di consueti sproloqui ed episodi sgradevoli (la firma sulla maglietta “odio la Juve” vale per tutti), ma lo Juventus Stadium ha dato anche in questo caso una lezione all'Italia intera, riservando al boemo solo qualche coretto che, visti gli animi, potremmo ricondurre alla categoria “minimo sindacale”.
Mi auguro sinceramente che al ritorno i viali adiacenti l'Olimpico e la tribuna Monte Mario ricambino con la stessa moneta, anche se ci credo poco: dopo una notte dimessa, passata a leccarsi le ferite, l'ambiente romanista sarà prontissimo a ripartire con le solite balle che quella tifoseria si costruisce - con inesauribile fantasia, va riconosciuto - per giustificare gli insuccessi del proprio club.
I romanisti prendano, incartino e portino a casa lezioni di stile ed educazione, e lezioni di gioco che ormai da queste parti per loro stanno diventando abitudine.
Fra le cose imbarazzanti della serata il ridicolo rigorino concesso da Rizzoli con tanta magnanimità, un rigorino che permette alla Roma di uscire per la prima volta dalla nuova casa della Juventus con un golletto a referto: in tre partite, lo score parla di 11 gol subìti e 1 fatto.
Dovere imporrebbe di parlare della partita: ma quale partita?
18 minuti, 3-0 e pratica già archiviata, il primo tempo è stato un semplice allenamento che poteva finire - come già scritto in apertura - 7-0 o 8-0, fra pali, traverse, errori di misura, e persino un pochino di accademia.
Roma triturata con facilità impressionante, come e più dello scorso anno, il trio delle meraviglie in mezzo al campo ha dettato legge, e attorno a questo terzetto ruota una squadra perfetta: i tre difensori impostano e chiudono con grande attenzione senza avere grossi grattacapi, eccetto qualche esagerazione di Bonucci, che questo é, nel bene e nel male, prendere o lasciare.
Le punte scelte per l'occasione sono l'imprescindibile Vucinic e il riproposto Matri, tornato al gol (a proposito: il lodigiano è il marcatore numero 9 in 6 partite di serie A), e gli esterni cosiddetti “di rincalzo” (De Ceglie e Caceres) si dimostrano pienamente all'altezza dell'occasione.
La Juve sta cambiando pelle, dalla squadra furente e generosa per tutta la partita che ha caratterizzato lo scorso anno, si sta trasformando in una vera, grande squadra, che gestisce le proprie forze e lascia l'iniziativa all'avversario controllando la gara.
Ma appena l'avversario alza la cresta, vedi rigorino di cui sopra, ecco il segnale juventino ai rivali, sotto forma di due/tre occasioni immediatamente successive alla trasformazione di Osvaldo, tanto per far capire come stanno le cose.
Se ci provate, servirà il pallottoliere...”, questo più o meno il messaggio indirizzato e, a giudicare dalla titubanza mostrata dalla Roma nel finale, puntualmente arrivato alle menti dei giallorossi.
Il sigillo sulla gara da parte di Giovinco, mandato in gol da una prodezza assoluta di Barzagli - sombrero su Taddei, sessanta metri palla al piede con l'avversario che arranca alle spalle e assist al piccolo numero 12 - certifica la differenza abissale fra le due contendenti.
"Una grande squadra piena di campioni, che conosce gli avversari meglio di quanto gli avversari conoscano loro stessi" (parole e musica di Daniele De Rossi), contro un'altra che vive l'ennesima rivoluzione inseguendo vecchie utopie.
Da “Luisseriche” a “er Maestro” solo bizzarrie in serie: se n'è accorta anche Sky, che a Walter Sabatini ha chiesto: “ma non vi viene mai voglia di un allenatore normale?”.
Se fosse toccato a me fare la domanda, mi sarei risparmiato l'aggettivo.

 

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